Sopraelevazione fabbricato, serve il permesso di costruire?

Eccoci all’appuntamento del martedì con la rassegna di sentenze: copertura di un terrazzo, qual è il limite perché si consideri pergotenda e rientri nella categoria edilizia libera? I Parcheggi ex Tognoli devono rispettare i vincoli paesaggistici e ambientali? Questi e altri temi tutti da leggere!

Mario Petrulli 01/10/19

Ecco una selezione delle massime di alcune sentenze di interesse per le materie dell’edilizia e dell’urbanistica pubblicate la scorsa settimana: per gli abusi realizzati su suolo demaniale, serve preventiva diffida prima della demolizione? I parcheggi previsti dalla c.d. Legge Tognoli devono rispettare i vincoli paesaggistici ed ambientali?

E ancora: è necessario il permesso di costruire per una struttura di dimensioni non esigue a copertura di un terrazzo di 35 mq? Manufatto di rilevanti dimensioni per ricovero autoclave e serbatoio, quando vale la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia? Infine l’argomento del giorno: un intervento di sopraelevazione richiede il permesso di costruire?

Sopraelevazione, serve o no il permesso di costruire?

TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 27 settembre 2019 n. 4617

Un intervento di sopraelevazione richiede il permesso di costruire

Un intervento di sopraelevazione del fabbricato, realizzato con edificazione di “una struttura portante in legno con analoga copertura a falde inclinate con sovrapposte tegole e gronde (…) tompagnata, intonacata e pitturata esternamente”, con messa in opera ai vani luce e balconi di infissi metallici, nonché di scala esterna di collegamento sul lato posteriore, per una superficie complessiva di circa 150 mq., integra un intervento di nuova costruzione e non di mera ristrutturazione edilizia.

Come costantemente affermato dalla giurisprudenza, anche del Giudice d’Appello, infatti, la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non coincidere con una nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente quanto a sagoma, superfici e volumi (cfr., ex multis, Cons. St., 20 maggio 2019, n. 3208; n. 12 agosto 2019, n. 5663), sicché doverosamente e legittimamente l’amministrazione comunale procede all’irrogazione della sanzione demolitoria stante la sottoposizione dell’intervento al regime del permesso di costruire.

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Per l’abuso perpetrato, quindi, la norma da applicare è l’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale al comma 2 stabilisce che: “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’art. 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione…”.

Abusi realizzati su suolo demaniale, serve diffida prima della demolizione?

TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 25 settembre 2019 n. 1216

Per gli abusi realizzati su suolo demaniale è necessaria la preventiva diffida prima di ordinare la demolizione

La disciplina relativa alla repressione degli abusi edilizi su suoli demaniali di cui all’art. 35 d.p.r. n. 380/2001 prevede precipuamente l’obbligo per l’amministrazione di adottare un atto di diffida – non ripetibile – a demolire, prodromica all’adozione dell’ordinanza di demolizione. L’avversata diffida, quindi, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, assolve di per sé stessa agli obblighi di comunicazione necessari per l’esercizio del potere, e, pertanto, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento (T.A.R. Venezia, sez. II, 10/12/2018, n.1128), trattandosi di attività amministrativa dal contenuto vincolato.

L’art. 35 del D.P.R. n. 380 del 2001, infatti, è norma speciale e di particolare rigore rispetto a quella ordinaria dettata dall’art. 31, T.U. edilizia, che, peraltro, non prevede la necessaria concessione del termine di 90 giorni tenuto conto della peculiare gravità della condotta sanzionata, trattandosi di costruzione realizzata su suoli pubblici.

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La disposizione in questione, in conclusione, non lascia all’Ente locale alcuno spazio per valutazioni discrezionali, una volta accertata la realizzazione di interventi eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire sui suoli demaniali (ex multis, T.A.R. Napoli, sez. VII, 15/11/2018, n.6631).

Parcheggi c.d. Legge Tognoli e vincoli paesaggistici, quando valgono?

TAR Valle d’Aosta, sent. 25 settembre 2019, n. 46

I parcheggi previsti dalla c.d. Legge Tognoli devono rispettare i vincoli paesaggistici ed ambientali

Ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 122/89 (c.d. Legge Tognoli), gli interventi progettati devono essere conformi ai vincoli previsti in materia paesaggistica ed ambientale, quale limite insuperabile pur nella disciplina derogatoria della legge de qua per la realizzazione dei relativi manufatti.

Ed infatti, il comma 2 del citato art. 9, espressamente prevede che “Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale […]”.

Serve il permesso di costruire per una struttura che copre un terrazzo di 35 mq?

TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 25 settembre 2019 n. 1611

Richiede il permesso di costruire una struttura di dimensioni non esigue a copertura di un terrazzo di 35 mq

Una struttura di copertura di un terrazzo della superficie di mq. 35, costituita da tre pilastri e pali in legno con intelaiatura orizzontale dello stesso materiale e copertura in materiale plastico, per le dimensioni obiettivamente non esigue e l’assenza dei requisiti della precarietà e della facile amovibilità, non può rientrare nella categoria della cosiddetta “edilizia libera” e non può, quindi, essere qualificata come pergotenda; al contrario, è un intervento di ristrutturazione edilizia, necessitante, come tale, del permesso di costruire (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, sentenza n. 4030 del 2019).

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Manufatto di rilevanti dimensioni per ricovero autoclave e serbatoio, quale natura pertinenziale?

TAR Marche, sez. I, nella sent. 23 settembre 2019, n. 593

Non è possibile ritenere una pertinenza un manufatto edilizio di circa 20 mq., con altezza interna di circa ml. 2 e volume complessivo di circa mc. 40, ubicato all’interno di un cortile, a ridosso del muro di recinzione e destinato a ricovero dell’autoclave e del serbatoio a servizio di un complesso residenziale

Per giurisprudenza ormai consolidata, la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia va riconosciuta soltanto ad opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, di tal che ne risulti possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica (cfr., tra le ultime, Consiglio di Stato, sez. II, sent. 22 luglio 2019, n. 5130; sez. VI, sent. 30 luglio 2019, n. 5388).

Nel caso di un manufatto edilizio di circa 20 mq., con altezza interna di circa ml. 2 e volume complessivo di circa mc. 40, ubicato all’interno di un cortile, a ridosso del muro di recinzione e destinato a ricovero dell’autoclave e del serbatoio a servizio di un complesso residenziale, siamo dinanzi ad un’opera rilevante e le cui dimensioni appaiono eccessive rispetto alle finalità dichiarate e la giustificazione tecnica fornita non sembra particolarmente convincente né giustificata, visto che risulta verosimile, anche in base alla comune esperienza, che l’impianto di autoclave possa limitarsi ad occupare spazi modesti all’interno di cantine o garage o anche all’esterno sotto piccole tettoie all’uopo dedicate, così come anche il serbatoio, che solitamente occupa spazi non particolarmente rilevanti.

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Mario Petrulli

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