Cambio d’uso terreno agricolo: permessi necessari come per i fabbricati

Secondo il TUE sono subordinati al preventivo rilascio del permesso di costruire non soltanto gli interventi edilizi in senso stretto, ma anche gli interventi che comportano la trasformazione in via permanente del suolo inedificato

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La sentenza n. 1316 del 03 luglio 2024 della Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Penale, affronta il caso di un reato edilizio legato alla costruzione non autorizzata di una pista da motocross su un terreno agricolo.

Il ricorrente aveva impugnato la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia del 25 settembre 2020, che lo aveva condannato per violazione dell’art. 44 del d.P.R. 380/2001, con conseguente ammenda e confisca del terreno. Il ricorso per cassazione, fondato su cinque motivi, viene dichiarato inammissibile dalla Corte.

Analizziamo di seguito come si sono svolti i fatti e quali sono le motivazioni rilasciate dalla Cassazione.

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Massimo Moncelli | Maggioli Editore 2020

Indice

I fatti e la condanna di primo grado

Il Tribunale di Vibo Valentia aveva condannato l’imputato per aver trasformato un terreno agricolo in una pista da motocross, senza ottenere il necessario titolo abilitativo edilizio. In particolare, l’intervento riguardava operazioni di sagomatura di circa 1900 mq, che, secondo il Tribunale, avevano comportato un cambio di destinazione d’uso del suolo, da agricolo ad area destinata ad attività sportiva.
 
L’imputato era stato condannato a un’ammenda di 2.000 euro e alla confisca del terreno oggetto del reato, considerato che la trasformazione dell’area aveva violato le norme urbanistiche vigenti.

I motivi del ricorso in Cassazione

Il ricorrente aveva articolato cinque motivi di ricorso:

  1. errata applicazione degli artt. 22, 23-ter, 37 e 44 del d.P.R. 380/2001 – Il ricorrente sosteneva che il cambio di destinazione d’uso non era configurabile, poiché la pista da motocross non alterava la natura agricola dell’immobile;
  2. vizio di motivazione – Si lamentava l’assenza di adeguata motivazione circa il mutamento di destinazione d’uso e l’integrazione del reato contestato;
  3. errata applicazione dell’art. 44 del d.P.R. 380/2001 in relazione alla confisca – Il ricorrente sosteneva che la confisca era stata applicata in maniera illegittima, trattandosi di una sanzione prevista solo per reati di lottizzazione abusiva e non per il reato contestato;
  4. violazione degli artt. 44 d.P.R. 380/2001, 240 cod. pen. e 7 CEDU – Il ricorrente contestava la confisca di un bene appartenente a un terzo estraneo al reato;
  5. violazione degli artt. 125, comma 3, e 546, lett. e), cod. proc. pen.– Si lamentava la carenza di motivazione circa la natura della confisca (facoltativa o obbligatoria) e sui relativi presupposti.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i primi due motivi del ricorso, ritenendoli manifestamente infondati. Il Giudice di merito aveva adeguatamente motivato la condanna, dimostrando che il ricorrente aveva realizzato una pista da motocross mediante operazioni di sagomatura che avevano alterato in modo permanente la destinazione agricola del terreno. La trasformazione era stata correttamente considerata un reato edilizio ai sensi dell’art. 44 del d.P.R. 380/2001.
 
La Corte ha ribadito che, in base a una consolidata giurisprudenza, anche interventi non strettamente edilizi, come il livellamento del terreno, possono essere soggetti a permesso di costruire se comportano una modifica permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo. Questo principio si applica soprattutto quando, come in questo caso, il terreno agricolo viene adibito a una funzione diversa, in questo caso sportiva.

La confisca del terreno

Per quanto riguarda la confisca del terreno, la Corte ha respinto gli ulteriori motivi del ricorso. Le doglianze del ricorrente, basate sull’appartenenza del bene a un terzo, sono state dichiarate inammissibili. La Corte ha ricordato che solo il proprietario del bene può impugnare la confisca. Di conseguenza, il ricorrente, non essendo il titolare del diritto di proprietà sul terreno, non aveva legittimazione a contestare la confisca.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto manifestamente infondato e ha confermato la condanna del ricorrente. Non solo sono state respinte le contestazioni relative alla violazione delle norme edilizie, ma anche le obiezioni riguardanti la confisca del terreno sono state rigettate. La sentenza rappresenta un’importante conferma del principio secondo cui anche interventi di modifica del suolo che non comportano edificazione in senso stretto possono configurare un reato edilizio, se tali interventi alterano permanentemente la destinazione d’uso del terreno.
 
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

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Massimo Moncelli | Maggioli Editore 2020

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