a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
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La materia è stata (e continua ad essere) spesso oggetto di controversie fra l’ente locale ed i proprietari, risolte dalla giurisprudenza amministrativa. Proprio due recenti sentenze ci consentono di approfondire l’argomento.
Mutamento destinazione uso da garage ad abitazione
Il TAR Campania, Salerno, sez. II, nella sent. 14 aprile 2023, n. 848, ha affermato che il mutamento di destinazione d’uso con opere da garage ad abitazione comporta il passaggio da una categoria funzionale all’altra e risulta, quindi, essere urbanisticamente rilevante, per aver convertito l’originario spazio accessorio adibito ad autorimessa in superficie e volumetria abitabile, a discapito degli standard parametrati in relazione alla superficie ed alla volumetria abitabile originaria dell’immobile e per aver così aggravato il carico urbanistico di zona[1]. Si tratta di intervento che, per le relative implicazioni di trasformazione del territorio sotto il profilo del carico insediativo, necessita del permesso di costruire in virtù del combinato disposto degli artt. 23-ter e 32, comma 1, lett. a, del Testo Unico Edilizia.
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Il medesimo titolo edilizio serve, secondo la giurisprudenza, anche per il cambio di destinazione da garage/deposito a uso artigianale[2], da immobile produttivo in residenza[3], da laboratorio artigianale di falegnameria a negozio di abbigliamento[4], da industriale a residenziale[5], da rurale a residenziale[6], da stalla a magazzino in zona agricola[7], da sottotetto termico ad abitazione[8].
Diversamente, il cambio di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è possibile tramite SCIA[9].
Mutamento destinazione uso da magazzino a vendita al dettaglio
Il TAR Lombardia, Milano, sez. II, nella sent. 4 aprile 2023, n. 843, ha evidenziato che se si trasforma un originario magazzino in un’area di vendita aperta al pubblico, si realizza un cambio di destinazione d’uso, da quella produttiva/artigianale senza permanenza di persone (magazzino) a quella commerciale di vendita al dettaglio, con affluenza di persone; ciò determina un evidente aumento del carico urbanistico di zona, accompagnato anche da sicuri vantaggi economici per l’attività di impresa degli esponenti. Trattasi di mutamento di destinazione urbanisticamente rilavante, considerato che l’art. 23-ter del TUE considera mutamento rilevante, anche senza esecuzione di opere edilizie, il passaggio dalla categoria funzionale “produttiva e direzionale” a quella “commerciale”.
Quando sono dovuti gli oneri di urbanizzazione
Ricordiamo che, secondo la giurisprudenza[10], gli oneri di urbanizzazione sono dovuti nei casi in cui si ha un mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante purché lo stesso sia accompagnato da un effettivo incremento del carico urbanistico. Tale interpretazione, del resto, è perfettamente coerente con la finalità delle norme che prevedono l’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione a carico dei privati che intendano realizzare un intervento edilizio e con l’interpretazione che ne è stata data dalla costante giurisprudenza.
Leggi anche Oneri di urbanizzazione, quando devono essere restituiti?
Il pagamento degli oneri di urbanizzazione va infatti ricondotto all’aumento del carico urbanistico determinato dal nuovo intervento, nella misura in cui dallo stesso derivi un incremento della domanda di servizi nella zona coinvolta dalla costruzione; gli oneri di urbanizzazione, quindi, hanno natura compensativa rispetto alle spese di cui l’amministrazione si fa carico per rendere accessibile e pienamente utilizzabile un nuovo o rinnovato edificio. E il fondamento del contributo di urbanizzazione non consiste nel titolo edilizio in sé, ma nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime secondo modalità eque per la comunità. Per tutte queste ragioni, il pagamento degli oneri di urbanizzazione è dovuto solo nel momento in cui l’intervento determina un aumento del carico urbanistico[11], da accertare in base alle peculiarità del caso di specie[12].
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[1] Cfr., ex multis, TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 10 gennaio 2023, n. 30; Napoli, sez. II, sent. 30 giugno 2022, n. 4405.
[2] TAR Veneto, sez. III, sent. 15 marzo 2023, n. 346.
[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 9 febbraio 2023, n. 1432
[4] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 26 settembre 2022, n. 2458.
[5] TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 4 maggio 2022, n. 1000.
[6] TAR Piemonte, sez. II, sent. 2 maggio 2022, n. 412; TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 24 novembre 2021, n. 7493.
[7] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 21 aprile 2022, n. 3048.
[8] TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 17 febbraio 2022, n. 1068.
[9] TRGA Trento, sent. 4 marzo 2022, n. 53.
[10] TAR Toscana, sez. III, sent. 3 maggio 2022, n. 607; TAR Piemonte, sez. II, sent. 3 marzo 2022, n. 176.
[11] Cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 10 gennaio 2022, n. 148 e giurisprudenza ivi citata.
[12] TAR Toscana, sez. III, sent. 21 novembre 2019, n. 1587.
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