In tali condizioni, non essendo all’epoca necessario un titolo edilizio, l’immobile può ritenersi legittimo anche in assenza di documentazione tecnica, ma rimane la necessità di dimostrare le reali consistenze della costruzione al momento della sua costruzione o comunque in data antecedente al 1° settembre 1967, poiché anche le modifiche edilizie poste in essere dopo tale data sono da ritenersi soggette a licenza edilizia.
Vediamo nel dettaglio cosa accade in questi casi e come muoversi, così come descritto da Marco Campagna nel Manuale del progettista per gli interventi sull’esistente e per la redazione di due diligence immobiliari edito da Maggioli Editore.
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La leggenda degli ante 1967
Nell’edilizia italiana persiste ancora fortemente la dizione, o meglio la leggenda, dell’“ante 1967” per indicare genericamente il fatto che gli interventi edilizi eseguiti prima del 1967 sfuggirebbero alle norme edilizie o, comunque, che prima di tale data potrebbe essere esistito un dispositivo normativo meno rigido riguardo agli abusi edilizi. Come molte leggende, fondamentalmente non rappresenta fatti reali ma possiede comunque una base di verità.
Nel 1967, ed in particolare il 1° settembre, è stata pubblicata la legge n. 765: questa norma, che ha portato diverse innovazioni, ha determinato anche una modifica sostanziale, benché sotto certi aspetti secondaria, alla precedente legge n. 1150/1942: laddove la norma del 1942 indicava che la licenza era necessaria “nei centri abitati” e nelle zone interessate dalla pianificazione comunale (piani regolatori), l’intervento del 1967 è andato ad indicare che la licenza diventava indispensabile per ogni intervento edilizio nell’intero territorio di ciascun comune, indipendentemente dalla effettiva pianificazione urbanistica.
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In verità, la ratio della norma del 1942 era già quella di obbligare all’ottenimento della licenza per interventi su tutto il territorio comunale, solo che si riteneva che i comuni sarebbero stati più veloci e solerti nella redazione dei piani regolatori: la stessa norma infatti, prescriveva che la pianificazione doveva riguardare l’intero territorio comunale. I comuni però saranno molto lenti nel recepire la necessità di redigere nuovi piani regolatori e, quindi, vi è stato un lungo periodo, fino appunto al 1967, in cui sono esistite delle porzioni di territorio effettivamente non interessate da pianificazione urbanistica approvata, e quindi nei fatti sottratta dall’obbligo di dover ottenere una licenza per edificare o per modificare l’esistente.
Va subito detto, però, che si tratta di casi abbastanza circoscritti e che vanno verificati con opportune ricerche storiche, soprattutto relative ai piani regolatori dei singoli comuni, ma anche relativamente ai regolamenti edilizi. Chiariamo subito una circostanza: molte delle più grandi città italiane si erano dotate di piani regolatori molto estesi, o di regolamenti edilizi con già indicazione dell’obbligo di licenza, anche ben prima del 1967, come è per esempio il caso della Capitale.
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Le procedure e ricerche da espletare e casi particolari
Vista la necessità di verificare la conformità della preesistenza, è utile a questo punto comprendere le ricerche che possono essere effettuate per poter estrarre documentazione utile a tal fine.
Prima di ogni cosa, occorre cercare di collocare nel tempo la originaria costruzione dell’edificio.
Se l’edificio è posteriore al 1967 la ricerca è limitata esclusivamente al titolo edilizio: non altra documentazione servirà per attestare la legittimità dell’originaria edificazione. Analogo discorso per le eventuali trasformazioni successive all’originaria costruzione: laddove si ha notizia di una modifica avvenuta dopo il 1967, la ricerca dovrà essere mirata direttamente alla licenza edilizia, oppure agli eventuali titoli edilizi che negli anni si sono susseguiti.
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Edificio risalente ad epoca antecedente ad ogni normativa urbanistica (ante istituzione dello Stato italiano)
Se l’edificio è anteriore al 1967, occorre inizialmente esperire le dovute ricerche per comprendere se il suolo su cui sorge il fabbricato era inizialmente sottoposto all’obbligo di licenza oppure no.
Generalmente, se parliamo di edifici antecedenti all’istituzione dello Stato italiano (1861), devono ritenersi legittimi ex se, in quanto provenienti da legislazioni di altri Stati non più riconosciuti, salvo eventuale diversa specifica indicazione normativa. In tal caso, la conformità potrà essere certificata attraverso qualunque altro documento che possa testimoniare le forme e le consistenze del fabbricato in un epoca più remota possibile.
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Dato che per alcuni contesti è davvero difficile trovare documentazione tecnica risalente nel tempo, spesso il primo documento dotato di un certo grado di approfondimento nella graficizzazione dell’immobile è rappresentato dalle planimetrie catastali redatte a partire dal 1939, anno di avvio del nuovo catasto edilizio urbano, la cui struttura di base è quella che abbiamo ancora oggi.
Prima di tale data, il catasto non contemplava la necessità né la possibilità di associare una planimetria alla singola unità immobiliare: antecedentemente infatti, esso riguardava esclusivamente i terreni, e gli edifici venivano rappresentati esclusivamente come sagoma a terra. La possibilità di ricorrere, nel caso specifico, a tali documenti è espressamente prevista, ad oggi, dall’articolo 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. 380/2001, così introdotto dal d.l. 76/2020.
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In questi antichi catasti potevano essere presenti informazioni comunque utili: anche se nelle mappe l’edificio era rappresentato solo come sagoma, il disegno doveva rappresentare anche eventuali elementi accessori (stalle, fienili, casette), ma non solo: il brogliardo associato alle mappe doveva indicare ovviamente la proprietà del terreno, ma anche una generica consistenza almeno riguardante il numero dei piani fuori terra e la dimensione in metri quadri.
Questi elementi possono essere in alcuni casi sufficienti a fornire una adeguata dimostrazione della preesistenza. Le tavolari dei precedenti catasti, con i relativi brogliardi, sono generalmente custodite presso l’Archivio di Stato locale. In alcuni casi, esistono dei progetti culturali attraverso i quali sono state scansionate le tavole di catasti ancora precedenti e messe a disposizione pubblica per libera consultazione: uno di questi progetti per esempio prende il nome di Imago II dell’Archivio di Stato di Roma, attraverso il quale è possibile visualizzare direttamente su internet le tavole dei catasti Gregoriano ed Alessandrino dello stato Pontificio, e che comprendono anche la città di Roma.
Possono essere altresì utili fotografie storiche o aerofotogrammetrie, purché derivino da archivi che possono fornire certificazione della autenticità.
Tutta questa ricerca è da intraprendere in due casi:
- il primo, è quello in cui stiamo intervenendo su un immobile la cui costruzione risale ad epoche risalenti a prima dell’istituzione dello Stato;
- il secondo, è quello in cui si abbia a che fare con un immobile edificato prima del 1° settembre 1967 in un terreno su cui legittimamente si poteva edificare in assenza di titolo.
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