Il singolo condomino può collegare il suo immobile alla rete di distribuzione gas?

Cosa succede se le tubazioni passano in area privata? E se passano in area comune? L’assemblea può impedire l’intervento?

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Accade molto spesso che un condomino – magari dopo la trasformazione di un locale commerciale in un locale abitabile – voglia collegare l’unità immobiliare alla rete di distribuzione del gas metano. L’eventuale tubazione del gas da realizzarsi, non presenta, dal punto di vista tecnico, e cioè della posa in opera, difficoltà insormontabili.

Il problema è che quasi sempre uno o più condomini si oppongono a questa operazione che ritengono illecita. Vediamo le possibili criticità di questo intervento.

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Indice

Passaggio della tubazione in area privata

La collocazione di tubazioni nell’area privata richiede la costituzione di una servitù prediale volontaria (art. 1031 c.c.). Infatti, il passaggio di tubazioni del gas in aree private necessita della costituzione di una servitù con il consenso del proprietario del fondo servente, in quanto non sussiste la possibilità di costituire una servitù di passaggio di tubazioni del gas coattiva.
A tale proposito la Cassazione infatti ha ritenuto inammissibile la costituzione coattiva di una servitù di gasdotto atteso il carattere tipico delle servitù coattive e la non estensibilità dell’art. 1033 c.c. in tema di servitù di acquedotto coattiva, trattandosi di situazioni non assimilabili sotto il profilo strutturale e funzionale per la pericolosità insita nell’attraversamento sotto terra della fornitura di gas, non ricorrente per il trasporto delle acque (Cass. civ., sez. II, 06/06/2016, n. 11563).

Passaggio della tubazione in area comune

L’art. 1102 c.c. prevede che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Ciascun condomino può dunque trarre tutte le utilità possibili dalle cose comuni, ferma la possibilità dell’assemblea condominiale, al pari del regolamento condominiale, di sottoporre a limitazioni i poteri di ciascun condomino sulla cosa comune.

La valutazione sull’utilizzo e sul godimento della cosa comune da parte del singolo condomino va effettuata tenuto conto del rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, avuto riguardo all’uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno. Come precisato dalla Suprema Corte, infatti, l’utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione è legittimo purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini.

Il comproprietario di un cortile può legittimamente scavare il sottosuolo per installarvi tubi onde allacciare un bene di sua proprietà esclusiva agli impianti idrico-fognario centrali perché da un lato non ne viene alterata la destinazione ad illuminare ed arieggiare le unità immobiliari degli altri condomini; dall’altro rientra nella funzione sussidiaria del sottosuolo del cortile il passaggio in esso di tubi e condutture.  

Distanze legali e tubazioni interrate

Le norme relative ai rapporti di vicinato, tra cui quella dell’art. 889 c.c., trovano applicazione rispetto alle singole unità immobiliari soltanto in quanto compatibili con la concreta struttura dell’edificio e con la particolare natura dei diritti e delle facoltà dei singoli proprietari. Alla luce di quanto sopra è stata accolta la domanda di una condomina che voleva allacciarsi alla rete cittadina del gas metano attraversando parti comuni con tubature interrate a norma di legge; nel caso di specie è emerso che l’attraversamento riguardava solo androne e cortile e lo stesso non impediva in alcun modo l’usabilità di dette parti comuni.

In particolare il CTU ha confermato che non vi era la possibilità di passaggi alternativi e che la zona ove l’ipotetica tubazione si sarebbe trovata a distanza inferiore ad 1 m dalla proprietà delle convenute era solo in un punto alla fine dell’androne; in ogni caso il giudicante ha notato come la tubazione fosse interrata a circa 1 m di profondità, rispettando quindi comunque la distanza tra i locali delle convenute a destra ed i gradini di cemento posti in superfice a sinistra (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere 19 ottobre 2021 n. 3383).

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Il ruolo dell’assemblea di condominio

Come ha precisato la Cassazione la delibera dell’assemblea di condominio che privi il singolo partecipante dei propri diritti individuali su una parte comune dell’edificio, rendendola inservibile al godimento dello stesso, integra un fatto potenzialmente idoneo ad arrecare danno al condomino medesimo, il quale, lamentando la nullità della delibera, ha facoltà di chiedere la condanna al risarcimento del danno del condominio, quale centro di imputazione degli atti e delle attività compiute dalla collettività condominiale e delle relative conseguenze patrimoniali sfavorevoli (Cass. civ., sez. II, 26/09/2018, n. 23076). 

Recentemente è stata considerata legittima la delibera adottata a maggioranza con cui l’assemblea ha imposto ad un condomino di rimuovere il tubo del gas installato nell’androne dell’edificio. Il Tribunale ha notato che l’assemblea non aveva vietato alla condomina l’uso della cosa comune ma aveva esercitato il potere di disciplinarne l’utilizzo stabilendo che il tubo andava collocato sulle mura perimetrali esterne. In buona sostanza, la delibera non aveva affatto impedito l’uso del bene comune poiché il condominio lo aveva regolamentato senza intaccare la sfera proprietaria del condomino (Trib. Catania 16 novembre 2023 n. 4547).

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Giuseppe Bordolli

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