Come è noto, l’art. 36, comma 1, del Testo Unico Edilizia prevede che “In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio di attività nelle ipotesi di cui all’art. 22, comma 3, o in difformità di essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e comunque sino all’irrogazione delle amministrative nelle ipotesi di cui agli articoli 31, comma 3, il responsabile dell’abuso , o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’immobile risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.
Tre recenti sentenze ci consentono di evidenziare meglio l’operatività dell’istituto.
>> Ti interessano articoli come questo? Clicca qui per riceverli direttamente
Indice
Accertamento di conformità: strumento tipico per sanare abusi di natura formale
Come evidenziato dal TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, nella sent. 6 febbraio 2024, n. 2263, l’accertamento di conformità costituisce lo strumento tipico per ordinariamente ricondurre alla legalità gli abusi edilizi di natura formale, ossia dovuti alla mera carenza del titolo abilitativo, atteso che la caratteristica fondamentale di tale sanatoria consiste nel fatto che essa può essere chiesta soltanto qualora sussista il requisito della doppia conformità dell’opera sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione, sia a quella in vigore al momento di presentazione dell’istanza ai dell’art. 36 in argomento[1]; in altri termini, la sanabilità dell’intervento ai sensi dell’art. 36 presuppone necessariamente che non sia stata commessa alcuna violazione di carattere sostanziale.
L’art. 36 disciplina, dunque, una sorta di sanatoria assolutamente “vincolata”, ossia priva di apprezzamenti discrezionali. Conseguentemente, il provvedimento adottato non necessita di altra motivazione “oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell’opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario e/o paesaggistico) sia all’epoca di realizzazione dell’abuso sia a quella di presentazione dell’istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001. Ciò determina che, in sede di accertamento è interamente a carico della parte l’onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l’ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria a sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (già art. 13 l. n. 47 del 1985), attesa la finalità dell’istituto, secondo il quale il rilascio del permesso in sanatoria presuppone indefettibilmente la doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria”[2].
[1] Cfr., tra le altre, Consiglio di Stato, sent. 22 maggio 2023, n. 5072.
[2] Consiglio di Stato, sent. 14 marzo 2023, n. 2660.
>> Consigliamo la lettura del volume Maggioli editore Il Testo Unico dell’Edilizia: attività edilizia e titoli abilitativi dei lavori <<
Esclusa sanatoria parziale o condizionata di opere abusive in intervento unitario
Secondo il TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 8 gennaio 2024, n. 37, la valutazione degli interventi oggetto di istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 deve essere complessiva e globale, non potendosi ammettere la parcellizzazione degli abusi ai fini della loro regolarizzazione poiché la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione[1].
Secondo consolidati principi giurisprudenziali, deve escludersi “l’ammissibilità di sanatorie parziali o condizionate di opere abusive che abbiano dato luogo a un intervento unitario, giacché l’art. 36 cit. ha riguardo, appunto, all’intervento abusivo nella sua interezza e non alla singola opera abusiva. In tale evenienza, pertanto, l’interessato è tenuto a scegliere tra l’integrale ripristino dello stato dei luoghi, mediante la demolizione e rimozione di tutte le opere accertate come abusive dall’amministrazione competente, ovvero la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità riferita alla totalità dell’intervento abuso (per tutte, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 settembre 2021, n. 6235). Dall’altro, si è da tempo consolidato l’orientamento secondo cui non è consentito il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione. La sanatoria “condizionata”, o “con prescrizioni”, contraddice infatti sul piano logico la previsione di legge nella misura in cui contiene in sé la negazione della “doppia conformità”, e ad analoghe conclusioni deve pervenirsi qualora gli interventi volti a conformare gli abusi alla disciplina urbanistico-edilizia vengano apportati preliminarmente su iniziativa dello stesso richiedente il titolo in sanatoria, tanto più che le opere realizzate su manufatti abusivi partecipano della medesima natura di questi ultimi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 gennaio 2021, n. 423; id., 12 ottobre 2020, n. 6060)”[2].
[1] Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 31 gennaio 2019, n. 461.
[2] Cfr. TAR Toscana, sez. III, sent. 26 maggio 2022, n. 727.
No permesso di costruire in sanatoria subordinato a esecuzione di ulteriori opere edilizie
Come evidenziato dal TAR Lombardia, Milano, sez. II, nella sent. 24 novembre 2023, n. 2793, in materia edilizia non è ammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato all’esecuzione di ulteriori opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità, atteso che ciò contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica[1].
[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 giugno 2020, n. 4058; e, in senso conforme, ex pluris: Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 14 gennaio 2019, n. 325; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 4 luglio 2023, n. 2229; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 29 aprile 2020, n. 713; TAR Toscana, sez. III, sent. 18 settembre 2019, n. 1247; TAR Liguria, sez. I, sent. 8 luglio 2019, n. 598.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento