I condomini possono chiudere con cancelli un’area pertinenziale al condominio anche se serve da collegamento con una via pubblica e è adibita al transito di persone diverse dal proprietario.
La vicenda per cui si è sollevata la questione e a cui ha dato risposta il Tar. Puglia con la sentenza n. 1570 del 4/12/2020 è la seguente.
Un condominio (costituito da più fabbricati) era convinto che, in considerazione di una convenzione stipulata molti anni prima dal costruttore e dal Comune, l’intera area esterna del caseggiato fosse destinata a parcheggio pertinenziale ad esclusivo uso della collettività condominiale.
Di conseguenza il condominio presentava al Comune la comunicazione di inizio lavori asseverata per l’installazione dei quattro cancelli destinata a chiudere il parcheggio comune.
Si mostrava contraria ai lavori la società costruttrice, proprietaria di locali a piano terra dei fabbricati che osteggiava il procedimento ammnistrativo.
Condominio: si può chiudere con cancelli un’area di collegamento con la via pubblica?
Dopo l’ultimazione dei lavori di installazione dei cancelli veniva notificata all’amministratore del condominio ricorrente un provvedimento con cui il Comune disponeva l’annullamento in autotutela della comunicazione di inizio lavori presentata dai condomini, sostenendo che sull’area gravava una servitù di passaggio pubblico.
In particolare l’autorità comunale notava che l’area in questione (definito però “tratto di strada”) veniva utilizzata in particolar modo per l’inversione di marcia dai genitori dei bambini dell’asilo che si affacciava direttamente sulla vicina via, da sempre ad uso pubblico e che la scelta di delimitare l’area di parcheggio avrebbe potuto soddisfare solo un esiguo numero di condomini e/o soggetti interessati.
I condomini si sono rivolti al Tar richiedendo l’annullamento del provvedimento.
I condomini, quindi, possono chiudere con cancelli un’area pertinenziale al fabbricato anche se serve da collegamento con una via pubblica ed è adibita al transito di persone diverse dal proprietario?
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Chiudere un’area pertinenziale al condominio, la risposta del tribunale
Il Tar Puglia ha dato ragione al condominio.
Secondo i giudici amministrativi nello stesso provvedimento impugnato il Comune ha ammesso che l’area pertinenziale al caseggiato veniva usata da una limitata cerchia di persone (i genitori che portavano i figli nel vicino asilo), per ciò stesso escludendo un uso protratto riferibile a tutti gli appartenenti alla comunità territoriale.
Del resto, gli stessi giudici hanno osservato come la stessa conformazione dell’area pertinenziale al caseggiato smentisca il preteso (e non provato) uso da parte dei cittadini; infatti l’accesso al parcheggio è risultato funzionale esclusivamente all’accesso al complesso edilizio.
In ogni caso, l’amministrazione comunale non è neppure riuscita a provare di aver effettuato interventi di manutenzione dell’area in questione.
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Le riflessioni conclusive
La decisione del Tar Puglia è pienamente condivisibile.
Merita di essere precisato che questa sentenza non sarebbe stata diversa neppure qualora sul parcheggio del caseggiato fossero state collocate (come spesso accade) infrastrutture pubbliche.
Infatti la circostanza per cui un’area privata, contigua ad una strada pubblica, fruisca, ad esempio, del servizio di illuminazione destinato a tale strada o di condutture fognarie, evidentemente non può costituire indice sintomatico del preteso uso pubblico.
In ogni caso, il Comune avrebbe dovuto dimostrare che la strada era stata utilizzata in maniera indifferenziata da tutta la collettività dei consociati che ne beneficiano nell’interesse generale.
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In particolare, per potersi affermare la destinazione pubblica della strada occorre la presenza di tre requisiti:
– la destinazione al servizio di una collettività indeterminata di cittadini portatori, di un interesse generale, inteso come utilizzo al transito da parte di una collettività indiscriminata di cittadini (Cons. Stato, IV, 15 giugno 2012, n. 3531);
– l’oggettiva idoneità a soddisfare le esigenze di interesse generale, ad esempio mettendo in comunicazione due strade pubbliche o consentendo di raggiungere spazi pubblici non altrimenti accessibili;
– un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, cioè un atto pubblico o privato (provvedimento amministrativo, convenzione fra proprietario ed amministrazione, testamento), un’usucapione ventennale, la protrazione dell’uso da tempo immemorabile.
Soprattutto in ambito condominiale, una servitù di uso pubblico può nascere anche con il comportamento dei condomini che mettono volontariamente e con carattere di continuità un bene condominiale a disposizione della collettività (c.d. dicatio ad patriam).
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Tale fenomeno può riguardare cortili, vialetti, strade ma molto spesso portici condominiali che sono liberamente transitabili senza soluzione di continuità o per destinazione impressa dal costruttore che, con comportamento univoco, ha messo a disposizione il bene in virtù dell’impegno assunto con la pubblica amministrazione o per sua scelta, mantenuta nel corso del tempo dai condomini: in tale ultimo caso è inevitabile che nel corso del tempo venga a configurarsi una vera e propria servitù di uso pubblico.
Tale affermazione vale soprattutto se i condomini hanno garantito alla cittadinanza l’utilità sociale costituita dal libero passaggio sull’area, sulla quale non sono state mai apposte barriere o segnali volti ad impedire il libero passaggio, garantendo, nel concreto, da tempo lunghissimo e per fatto notorio, con continuità, il transito libero ed indiscriminato da parte della generalità dei cittadini (Tar Toscana – III sez. – 24 maggio 2019 n. 786).
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista.
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