Pergolato coperto, se considerato tettoia non serve permesso di costruire

Tutto dipende dal fatto che la struttura sia amovibile o meno. In rassegna sentenza, oggi anche deposito della SCIA, ordine di demolizione e titolo di edilizia per una pergotenda

Mario Petrulli 08/10/20
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Oggi la selezione di sentenze settimanale in materia di urbanistica ed edilizia tratta: pergolato coperto, quando viene considerato tettoia e non serve permesso di costruire?  SCIA, quand’è che l’amministrazione può operare con diffide o sospensioni lavori? Ordine di demolizione, cosa succede se non è comunicato l’avvio procedimento?

E ancora: acquisizione del bene abusivo al patrimonio comunale, serve accertamento preventivo? Pergotenda, quando serve permesso di costruire? Vediamo in dettaglio tutte le sentenze.

Pergolato coperto, se considerato tettoia non serve permesso di costruire

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 1° ottobre 2020 n. 1257

Serve il permesso di costruire per il pergolato coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile, in quanto qualificabile come tettoia

Può essere considerato pergolato non assoggettato al regime abilitativo del permesso di costruire solo una struttura leggera, con copertura filtrante (costituita da essenze arboree o da una ‘incannucciata’) e facilmente amovibile, che va qualificato come arredo di uno spazio esterno, non comportante aumento di volumetria o superficie utile (cfr. T.A.R Campania 06/12/2018, n. 1761).

Diversamente, il pergolato coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia ed è soggetto al rilascio del permesso di costruire (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22/08/2018, n. 5008).

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SCIA, quand’è che l’amministrazione può operare con diffide o sospensioni lavori?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 1° ottobre 2020 n. 1276

È illegittimo l’operato dell’Amministrazione comunale che, in presenza di SCIA per la realizzazione di un intervento edilizio, adotti provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che sia decorso il termine di trenta giorni previsto per il consolidamento del titolo, senza fare previo ricorso all’adozione di poteri in autotutela e senza alcuna motivazione in punto di interesse pubblico alla rimozione del titolo annullato e di necessaria comparazione tra interesse pubblico e interesse privato e di prevalenza del primo sul secondo

L’art. 19, comma 6 bis, della L. 241/1990 così dispone: “nei casi di SCIA in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni; fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 ed al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità ed alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e delle leggi regionali”.

La giurisprudenza interpreta l’inciso normativo in modo rigoroso, ritenendo che il decorso dei termini previsti per l’esercizio del potere inibitorio circa i lavori oggetto di SCIA o di DIA, ovvero 30 giorni dalla presentazione della medesima, comporta la definitiva consumazione del potere inibitorio stesso e il consolidamento della situazione soggettiva del dichiarante/segnalante, residuando in capo all’amministrazione, a fronte di un’attività avviata al di fuori delle condizioni normativamente previste, i soli poteri di autotutela, indipendentemente dal fatto che il privato abbia o meno dato inizio ai lavori, applicandosi in tal caso la regola, prevista in generale per i titoli edilizi, di validità annuale dal rilascio o dalla formazione degli stessi (T.A.R. Firenze, Sez. III, 07/02/2020, n.177;T.A.R. Cagliari, Sez. II, 31/07/2017, n.517).

È parimenti illegittimo l’operato dell’Amministrazione comunale che, in presenza di SCIA per la realizzazione di un intervento edilizio, adotti provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che sia decorso il termine di trenta giorni previsto per il consolidamento del titolo, senza fare previo ricorso all’adozione di poteri in autotutela e senza alcuna motivazione in punto di interesse pubblico alla rimozione del titolo annullato e di necessaria comparazione tra interesse pubblico e interesse privato e di prevalenza del primo sul secondo; diversamente opinando, si finirebbe per negare ogni rilevanza alla prescrizione di legge secondo cui l’Amministrazione può e deve inibire i lavori entro trenta giorni e si introdurrebbe nel sistema un elemento di profonda incertezza, rendendo necessario individuare, nel silenzio della legge, quale possa essere il “termine ragionevole” entro il quale l’Amministrazione può annullare senza motivare sull’interesse pubblico (T.A.R. Latina, Sez. I, 06/06/2018, n.290; T.A.R. Milano, Sez. I, 29/12/2016, n. 2488).

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Ordine di demolizione, cosa succede se non è comunicato l’avvio procedimento?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 2 ottobre 2020 n. 1291

La natura di atto vincolato dell’ordine di demolizione priva di rilevanza l’omessa comunicazione di avvio del procedimento

La natura di atto vincolato dell’ordine di demolizione priva di rilevanza l’omessa comunicazione di avvio del procedimento e non richiede l’indicazione di un interesse pubblico alla rimozione dell’opera abusiva diverso dal mero ripristino della legalità violata né, infine, la comparazione degli interessi coinvolti al fine di adottare una misura conservativa.

Per giurisprudenza costante, infatti, “tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, quali atti vincolati, non richiedono alcuna valutazione, né la comparazione dell’interesse pubblico con gli interessi privati concorrenti, e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare” (in termini Consiglio di Stato, sez. II , 19/6/2019, n. 4184; Consiglio di Stato, sez. VI, 6/2/2019, n. 903).

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Acquisizione del bene abusivo al patrimonio comunale, serve accertamento preventivo?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 1° ottobre 2020 n. 1252

L’acquisizione del bene abusivo al patrimonio comunale dev’essere necessariamente preceduta da un formale provvedimento di accertamento dell’inottemperanza e tale atto ricognitivo non è surrogabile dal mero verbale di constatazione dell’inottemperanza alla misura demolitoria

L’acquisizione del bene al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, dev’essere necessariamente preceduta da un formale provvedimento di accertamento dell’inottemperanza.

Né tale atto ricognitivo è surrogabile dal mero verbale di constatazione dell’inottemperanza alla misura demolitoria, che ha natura endoprocedimentale ed esplica una funzione meramente preparatoria e strumentale, occorrendo invece che la competente autorità amministrativa ne faccia proprio l’esito, attraverso un formale atto, produttivo degli effetti previsti dalla legge (da ultimo, in materia di sanzione pecuniaria ex art. 31, comma 4-bis, del D.P.R. n. 380/2001, cfr. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 15 settembre n. 1154).

Una volta intervenuto il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza, l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure per la mancata ottemperanza, mentre il successivo provvedimento di acquisizione avrà natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 2020 n. 3120; Sez. VI, 25 giugno 2019 n. 4336; Sez. IV, 7 luglio 2014 n. 3415).

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Pergotenda, quando serve permesso di costruire?

TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, sent. 1° ottobre 2020 n. 590

Non serve il permesso di costruire per la realizzazione di una pergotenda

In linea generale, non serve il permesso di costruire per la realizzazione di una pergotenda (nel caso specifico, un vano ombreggiante costituito da una copertura leggera retrattile con elementi di sostegno verticali).

Si tratta di un arredo funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno dell’unità alla quale accede e, quindi, è riconducibile agli interventi manutentivi liberi ai sensi dell’art. 6 comma 1 del Testo Unico Edilizia – DPR n. 380/2001 (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 12 marzo 2020, n. 1783).

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Mario Petrulli

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