Eccoci alla selezione delle massime di sentenze per le materie dell’edilizia e dell’urbanistica pubblicate la scorsa settimana: serve permesso di costruire per un canile di ampie dimensioni e massetto in cls? E per demolire un balcone e ricostruire un terrazzino di circa 20mq?
E sempre sul permesso di costruire, serve per un porticato? È legittimo o no il provvedimento di diniego emesso dal Comune dopo la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta del permesso di costruire? La creazione di piccole buche per infiggere nel suolo dei paletti, è attività edilizia libera?
Di seguito tutte le sentenze analizzate in dettaglio.
Permesso di costruire, serve per un canile di ampie dimensioni e massetto in cls?
TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 12 novembre 2019 n. 1986
Un canile di ampie dimensioni ed un massetto di calcestruzzo non sono mere pertinenze ma richiedono il permesso di costruire
Non sono mere pertinenze un manufatto adibito a canile, posto in appoggio al muro di contenimento del terrazzamento del suddetto fondo agricolo, delle dimensioni di metri 3,00 x 6,40, altezza variabile da 2.80 a 3,00 metri, costituito, su tre lati, da pereti in blocchi di lapillo e cemento e, quanto al terzo, chiuso da cancello metallico, con copertura in pannelli di lamiera grecata coibentata sorretta da struttura in profilati metallici ed un massetto di calcestruzzo, realizzato in adiacenza al suddetto manufatto, delle dimensioni di 2,40 x 6.40 metri, recintato con rete metallica elettrosaldata sorretta da paletti in ferro, il tutto avente un’altezza di 1,50 metri.
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Le caratteristiche costruttive e dimensionali, la tipologia dei materiali utilizzati – per come sopra precisati – nonché la strumentalità dei manufatti in contestazione al soddisfacimento di esigenze non già temporanee e transitorie bensì stabili e durevoli nel tempo, consentono di escluderne la natura pertinenziale, avendo gli stessi determinato una permanente alterazione dell’assetto edilizio e urbanistico del territorio, con conseguente aggravio del carico urbanistico.
E invero gli interventi pertinenziali di cui alla lettera e.6) dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, differenti rispetto alle cd. pertinenze “civilistiche”, devono non soltanto rispettare il limite dimensionale del 20% del volume dell’edificio principale ma anche presentare specifiche caratteristiche “funzionali” e “strutturali”.
Sul punto, la giurisprudenza ha più volte chiarito che per poter qualificare un’opera edilizia in termini di “pertinenza” occorre avere riguardo a “tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo esso avere un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo, negativi, ossia ricollegati, rispettivamente, all’impossibilità di soluzioni progettuali diverse e ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve sussistere fra le esigenze edilizie e il volume realizzato. Quest’ultimo deve essere completamente privo di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto esclusivamente destinato a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale, che non possono essere ubicati all’interno di essa. L’applicazione di tali criteri induce a concludere che i volumi tecnici degli edifici, per essere esclusi dal calcolo della volumetria, non devono assumere le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità” (così T.A.R. Campania, Napoli, IV, 2.4.2015, n. 1927; III, 9.12.2014, n. 6431; VI, 6.2.2014, n. 785; T.A.R. Molise, 31.3.2014, n. 225; Cons. Stato, IV, 4.5.2010, n. 2565)” (così T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 23/06/2017, n. 3439).
E ancora: “a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto “carico urbanistico” proprio in quanto esaurisce la sua finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale” (così Consiglio di Stato sez. II, 22/07/2019, n.5130; cfr. anche T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 11/07/2019, n. 9223; Consiglio di Stato sez. II, 04/07/2019, n.4586).
L’operazione di verifica dei parametri sopra indicati non può che avere, nel caso in esame, esito negativo, giacché le opere edilizie oggetto di demolizione non sono legate né al fondo agricolo del ricorrente né all’abitazione di quest’ultimo da un rigido rapporto di strumentalità “necessaria”, essendo al contrario dotate di una propria autonomia funzionale, oltre che strutturale tali da comportare un’evidente alterazione dell’assetto urbanistico-edilizio del territorio (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, 11/10/2019, n. 1728; 04/09/2019, n. 1508; 18.06.2019, n. 1061).
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Permesso di costruire, serve per un porticato?
TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 11 novembre 2019 n. 660
Serve il permesso di costruire per il porticato
Un porticato con struttura in cemento armato, di dimensioni pari a ml. 8,90 x 3,30 e altezza di ml. 3,00, per le sue caratteristiche costruttive e dimensionali appare senz’altro una nuova costruzione che, come tale, postula il previo rilascio del permesso di costruire.
E per demolire un balcone e ricostruire un terrazzino di circa 20mq?
TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 11 novembre 2019 n. 5332
Serve il permesso di costruire per la demolizione di un preesistente balcone e la costruzione di un terrazzino di circa 20 mq. poggiante su pilastri, realizzato in cemento armato e provvisto di getto
La demolizione del preesistente balcone e la costruzione di un terrazzino di circa 20mq poggiante su pilastri, realizzato in cemento armato e provvisto di getto, fanno ritenere che si tratta di nuova costruzione che, in quanto ha inciso sul tessuto urbanistico ed edilizio, va ricondotta al genus delle opere esterne che necessitano del permesso di costruire.
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Legittimità del diniego emesso dal Comune dopo silenzio-assenso sulla richiesta del permesso di costruire
TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 13 novembre 2019 n. 1894
È illegittimo il provvedimento di diniego emesso dal Comune dopo la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta del permesso di costruire, potendosi ammettere in tal caso solo l’annullamento, ricorrendone i presupposti
Al procedimento di rilascio del permesso di costruire è applicabile la disciplina del silenzio-assenso, sicché, una volta inutilmente decorso il termine per la definizione del procedimento di rilascio del titolo edilizio, pari a 90 o 100 giorni, ossia 60 giorni per la conclusione dell’istruttoria più 30 o, in caso di preavviso di rigetto, 40 giorni per la determinazione finale, senza che sia stato opposto motivato diniego, salvo eventuali sospensioni dovute a modifiche progettuali od interruzioni dovute ad integrazioni documentali, sulla domanda di permesso di costruire deve intendersi formato il titolo abilitativo tacito, ai sensi dell’art. 20, comma 8, D.P.R. n. 380/2001 (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 17 giugno 2015, n. 1095; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 29 maggio 2014, n. 2972).
Conseguentemente, è illegittimo il provvedimento di diniego emesso dal Comune dopo la formazione del silenzio-assenso sulla richiesta del permesso di costruire (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 7 febbraio 2018, n. 384), potendo, in tale ipotesi, essere emanato soltanto un provvedimento di ritiro in autotutela, ove sussistano gli altri presupposti richiesti per l’adozione di atti di secondo grado (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 29 maggio 2014 n. 2972; T.A.R. Sicilia, Catania, 7 aprile 2005 n. 572), da accertarsi con le stesse forme e con le stesse modalità procedimentali previste per l’adozione dell’atto da annullare (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 6 aprile 2000, n. 304).
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Rifacimento pavimentazione e creazione di buche per paletti, è attività edilizia libera?
TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, sent. 11 novembre 2019 n. 1857
Rientrano nell’ambito dell’attività edilizia libera il rifacimento della pavimentazione e la creazione di piccole buche per infiggere nel suolo dei paletti
Il rifacimento della pavimentazione e la creazione di piccole buche per infiggere nel suolo dei paletti non comportano trasformazione urbanistica del territorio, e non rientra in alcuna delle attività edilizie per le quali il d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, richieda un titolo.
Si tratta, conseguentemente, di attività edilizia libera, e quindi non subordinata al rilascio – da parte dell’amministrazione – di un titolo edilizio.
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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