Georadar: investigare il sottosuolo con metodologie poco invasive

Come investigare il sottosuolo con metodologie poco invasive? La scienza ha fornito un grande aiuto ai geologi, grazie al Georadar. Scopri di più?

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Il metodo comunemente chiamato georadar (ground probing radar – GPR) è un sistema di indagine geofisica del sottosuolo, per modeste profondità, basato sulla riflessione delle onde elettromagnetiche. Tale strumento viene largamente utilizzato anche nell’indagine della ricerca dei sottoservizi quali tubazioni e tombini stradali per l’individuazione e la mappatura di manufatti esistenti.

Georadar, in cosa consiste

Operativamente consiste nell’invio nel terreno di impulsi elettromagnetici ad alta frequenza compresa tra 10 e 2000 Mhz. e nella misura del tempo impiegato dal segnale a ritornare al ricevitore dopo essere stato riflesso da eventuali discontinuità intercettate durante il suo percorso; tali riflessioni sono generate in corrispondenza delle superfici di contatto tra i materiali a differente costante dielettrica o differente conducibilità elettrica, quindi dal cambiamento delle proprietà elettriche del sottosuolo, quali variazioni litostratigrafiche e del contenuto d’acqua.

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Figura 1 – Metodo di funzionamento

I primi utilizzi radar risalgono agli anni ’40 ma le applicazioni del sistema per l’analisi del sottosuolo sono molto più recenti, ovvero a partire dagli anni ’70.  L’Italia è stato uno dei primi Paesi ad introdurre nel 2004 una norma sulle mappature del sottosuolo con tecnologia georadar, la CEI 306-8 “Impiego del radar per l’introspezione del suolo per prospezioni preliminari ad opere di posa di servizi ed infrastrutture sotterranee” che fornisce indicazioni su come eseguire indagini con strumentazione georadar”.

Il metodo di indagine georadar è in grado di rilevare le discontinuità presenti nel sottosuolo sfruttando il fenomeno della riflessione delle onde elettromagnetiche. Consente di rilevare oggetti e strutture fino a una profondità massima che può variare, in funzione della natura del mezzo, della frequenza delle antenne impiegate e del target ricercato.

La profondità d’investigazione dipende dalla frequenza delle onde elettromagnetiche irradiate e dalle caratteristiche elettriche dei materiali.

La propagazione nel mezzo delle onde elettromagnetiche emesse da un’antenna trasmittente varia con le caratteristiche dielettriche dei materiali attraversati. La differenza dei valori delle proprietà (costante dielettrica e conducibilità elettrica), provoca le riflessioni delle onde radar che sono raccolte da un’antenna ricevente.

La frequenza dell’antenna determina le caratteristiche di risoluzione e di massima profondità di esplorazione ottenibile. La scelta è in genere condizionata dal compromesso tra penetrazione, risoluzione ed ingombro del sistema. In pratica, essendo desiderabile una alta penetrazione si dovrebbero scegliere frequenze basse; ciò va però a scapito della risoluzione, e può determinare limiti operativi nella dimensione della antenna. Perciò la scelta della frequenza è frutto di un compromesso tra le seguenti esigenze:

  • basse frequenze sono desiderabili per una maggiore penetrazione;
  • alte frequenze sono desiderabili perché consentono di ottenere una migliore risoluzione, e quindi una migliore qualità dell’immagine radar;

Le frequenze impiegate determinano, a parità di condizioni, la massima profondità d’investigazione e la capacità di risoluzione. Per tale motivo si impiegano GPR con frequenze medio-basse 200-600 MHz per la ricerca di cavità nel sottosuolo o per individuare strutture metalliche e non metalliche, quali cavi, tubazioni, e opere in cemento e muratura; la sua applicazione a strutture murarie in genere avviene utilizzando trasduttori con frequenze più elevate che si aggirano intorno ai 900 MHz che permettono l’individuazione di variazioni centimetriche all’interno del manufatto in esame.

I segnali elettrici così ottenuti sono registrati, elaborati e riprodotti su schermo (in modo da visualizzare una sezione dei segnali riflessi definita sull’asse delle ordinate dai tempi di analisi dei segnali riflessi e sull’asse delle ascisse dalla posizione in superficie dell’antenna sorgente-ricevitore; ai segnali sono inoltre applicabili varie tecniche di elaborazione onde permettere la rappresentazione bi e tridimensionale di parametri fisici evidenziando particolari caratteristiche dei volumi investigati.

I componenti principali che costituiscono un radar sono:

  • un’unità di controllo con registratore incorporato,
  • un trasduttore composto da un’antenna trasmittente e da un’antenna ricevente,
  • una batteria o un gruppo elettrogeno per l’alimentazione,
  • un cavo di collegamento tra il trasduttore e l’unità di controllo.
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Figura 2 – Esempio di utilizzo del Georadar (fonte www.cercainfiltrazioni.it)

L’antenna viene fatta scorrere lungo una o più linee di indagine, secondo una griglia stabilita, in modo che i segnali possano successivamente essere associati alla posizione reale da cui sono stati emessi e ricevuti.

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Georadar: elaborazione dei dati

Il segnale radar ricevuto dall’antenna risulta sempre caratterizzato dalla presenza di “rumore” che deve essere rimosso al fine migliorare la visibilità. In particolare i segnali acquisiti sono elaborati attraverso opportune operazioni:

  • filtraggio verticale, lo scopo del filtraggio nel dominio del tempo è quello di rimuovere tutte le frequenze spurie, cioè non connesse a bersagli presenti nel sottosuolo;
  • filtraggio orizzontale, l’insieme delle tracce connesse con una determinata struttura definisce una frequenza orizzontale; l’obiettivo del filtraggio orizzontale è quello di rimuovere le basse frequenze che non sono connesse ad alcuna struttura, ma che si generano nella zona tra antenna e superficie;
  • migrazione, questa operazione, particolarmente adatta alla ricerca di sottoservizi che generano riflessioni ad andamento iperbolico, consente di rimuovere le code delle iperboli conservando solo il punto di vertice che corrisponde alla posizione del bersaglio. La migrazione è propedeutica alla realizzazione di una rappresentazione tomografica.

L’elaborazione dei dati campali con finalità di identificazione di manufatti e di strutture avviene con appositi software in due fasi ben distinte: trasformazione dei dati grezzi attraverso filtraggi e algoritmi di elaborazione in modo da produrre dati chiaramente leggibili, interpretazione dei dati per individuare i segnali (target) attribuibili a cavità, manufatti e strutture e per stimarne la loro profondità.

La profondità delle superfici di riflessione, individuabili sulle sezioni radar detti radargrammi è determinata utilizzando una relazione matematica che lega la profondità suddetta al tempo di riflessione, direttamente leggibile sulle sezioni radar, attraverso la velocità degli impulsi radar nel materiale investigato (Vm). I valori medi di velocità degli impulsi radar nei diversi tipi di materiale possono essere ricavati dalla letteratura tecnica ma è preferibile utilizzare gli appositi algoritmi di analisi di velocità di cui sono dotati tutti i software di elaborazione per dati GPR. A parità di materiale, la velocità del segnale radar può infatti variare anche significativamente in funzione di parametri quali la porosità e l’umidità.

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L’obbiettivo dell’analisi del suolo mediante georadar è la ricerca e l’individuazione di cavità e altri manufatti presenti al di sotto della pavimentazione esistente. L’asse orizzontale riproduce la direzione di avanzamento dell’antenna al di sopra del mezzo investigato, mentre l’asse verticale rappresenta la direzione di penetrazione degli impulsi. Tale distanza è espressa sotto forma di ritardo tra l’impulso emesso e quello riflesso ed è quindi pari a due volte la distanza antenna-bersaglio.

Il valore del ritardo è convertito in valore metrico tramite la conoscenza della velocità di propagazione del segnale nel mezzo. L’indagine si svolge con scansioni referenziate ed equidistanti sia longitudinali che trasversali. Le scansioni sono effettuate con tempi di ascolto adeguati alle finalità dell’indagine e con equidistanza commisurata ai target da individuare. All’esecuzione dell’indagine vera e propria, deve essere individuato un apposito sistema riferimento. Esso consiste in un sistema di assi cartesiani ortogonali detti “asse delle T o delle linee Trasversali” e “asse delle L o delle linee Longitudinali”.

Essi corrispondono rispettivamente all’asse delle X e delle Y del sistema cartesiano. Ogni misura sarà quindi posta in un senso o nell’altro e avrà un determinato punto di inizio, essa inoltre sarà posta parallelamente ad altre sezioni la cui equidistanza viene detta “passo di scansione”. I dati acquisiti sono elaborati, utilizzando il sistema di elaborazione RIS 2K su una base cartografica in CAD, in modo da avere una ricostruzione precisa della ubicazione planimetrica e della profondità dei bersagli individuati. L’elaborazione dei dati può prevedere la visualizzazione contemporanea dei radargrammi prodotti e delle relative mappe tomografiche.

I parametri da tenere sotto controllo nella fase esecutiva

Quando si esegue un’indagine radar i principali parametri da tenere in considerazione sono: – la massima profondità d’investigazione,
– il potere risolutivo.

Poiché la frequenza degli impulsi elettromagnetici influisce sia sul potere risolutivo sia sulla profondità di investigazione, le antenne ad alta frequenza sono generalmente impiegate per la ricerca di piccole anomalie poco profonde mentre quelle a bassa frequenza sono utilizzate per la prospezione di anomalie più profonde e più estese.

Prima di realizzare l’acquisizione dei dati, dovranno essere effettuate le tarature strumentali: ciò permette la valutazione, in tempo reale, del tipo di segnale elettromagnetico riflesso e l’effettuazione della relativa calibrazione. Dovranno essere eseguite investigazioni in più direzioni, di solito due, tra loro ortogonali cadenzate in modo di avere dati significativi tali da essere rappresentativi delle singole aree.

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Pietro Salomone

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