Strutture esterne non qualificabili come mere pergotende: due recenti sentenze

Ormai è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui non servono permessi per le pergotende, tuttavia non mancano casi di valutazioni discordanti fra ufficio tecnico e proprietari in merito alla struttura esterna realizzata

Mario Petrulli 21/11/23
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Come è noto, è ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale [1] secondo cui si può parlare di pergotenda quando l’opera principale è costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda; la tenda deve essere in materiale plastico e retrattile, onde non presentare caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio[2].

La mera funzione ancillare di riparo dagli agenti atmosferici (radiazioni solari, pioggia, vento), nonché l’uso di materiali dal non rilevante impatto visivo sono, di per sé, indice della mancanza di un’autonomia funzionale apprezzabile, mentre non è tale una struttura solida e permanente[3].

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Ciononostante, non mancano casi di valutazioni discordanti fra ufficio tecnico comunale e proprietari in merito alla struttura esterna realizzata.

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Pergotenda o dehor?

Nella sentenza 7 novembre 2023, n. 336, il TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, ha affermato che una struttura dehors pavimentata, con tavoli e sedie, di m.6,90×4,60×2,96/2,40h, in legno, con chiusura laterale e copertura in telo pvc ritraibile, destinata ad attività commerciale, ad uso durevole, non poteva considerarsi una semplice pergotenda; trattavasi, senza alcun dubbio, di intervento non rientrante tra quelli di edilizia libera, bensì necessitante di un apposito titolo edilizio, quantomeno di apposita SCIA[4]. Peraltro, come evidenziato dai giudici, sotto il profilo edilizio, nessuna rilevanza poteva rivestire l’accordo col condominio sulla concessione dell’area.

Nel caso specifico, inoltre, l’opera era stata collocata in area sottoposta a vincolo paesaggistico, con la conseguenza che era necessaria la relativa autorizzazione, non rientrando la struttura nel novero degli interventi di edilizia libera[5]; in merito, altresì, alla censura sull’asserita disparità di trattamento con altre strutture similari, non sanzionate in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, i giudici hanno ricordato che la presenza in zona di eventuali altri analoghi abusi non vale per ciò solo a legittimare quello riferito al ricorrente, ma vincola di contro l’Amministrazione ad estendere il proprio operato di verifica al fine di  reprimere eventuali ulteriori irregolarità[6].

Pergotenda con struttura metallica e lastre in plexiglas fisse?

Similmente, il TAR Lombardia, Milano, sez. II, nella sent. 18 ottobre 2023, n. 2376, ha affermato che, una pergotenda è, in estrema sintesi, un telo amovibile che serve a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative[7]. Affinché si possa parlare di “pergotenda”, come tale non soggetta a titolo abilitativo, occorre che l’elemento principale sia costituito da una tenda di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, mentre la struttura di supporto alla tenda ha un carattere accessorio, senza contare che gli elementi di copertura e di chiusura devono essere facilmente amovibili, privi di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza proprie delle componenti edilizie di copertura o di tamponatura di un edificio. Ne consegue che la “pergotenda” non deve dare luogo ad un volume oppure ad una superficie rilevanti sul piano urbanistico, né deve realizzare un nuovo organismo edilizio[8].

Nel caso specifico, in un complesso edilizio con una pluralità di unità immobiliari destinate alla vendita, esisteva una scala interna di collegamento fra i diversi piani, sormontata da un pergolato in legno aperto sui quattro lati. A seguito di una segnalazione, gli uffici comunali (Ufficio Tecnico e Polizia Locale) effettuavano un sopralluogo ed accertavano l’avvenuta installazione, senza titolo edilizio, di una struttura metallica con telo ancorata al pergolato con viti e bulloni; inoltre, fra il pergolato e la struttura metallica erano state posate delle lastre in plexiglas.

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Secondo i giudici milanesi, non poteva considerarsi pergotenda una struttura metallica con telo sovrastante e con lastre di plexiglas imbullonate al pergolato di legno regolarmente assentito, il che aveva portato alla chiusura del pergolato stesso, in origine aperto su tutti e quattro i lati; tale struttura metallica modificava stabilmente la sagoma dell’edificio, per cui non poteva essere qualificata come un semplice elemento di arredo, quale è invece una vera tenda retraibile; trattandosi di un “nuovo organismo” edilizio, lo stesso era soggetto al necessario titolo abilitativo e la mancanza di quest’ultimo imponeva al Comune l’adozione dei provvedimenti sanzionatori di cui al Testo Unico Edilizia[9].

Ancora, secondo i giudici, si era creato un nuovo organismo edilizio, con nuova superficie e volume utili, assoggettato a titolo paesaggistico, alla luce del vincolo insistente in zona; né poteva considerarsi applicabile la tabella “A” allegata al DPR n. 31 del 2017, laddove la stessa esclude dall’autorizzazione le “tende parasole” su terrazzi o spazi privati (voce A.22): ed infatti, l’opera di cui era causa non poteva essere qualificata come una semplice tenda parasole retraibile.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 2 novembre 2022, n. 9470; TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 25 gennaio 2022, n. 830; sez. II quater, sent. 13 dicembre 2021, n. 12832; TAR Liguria, sez. I, sent. 20 dicembre 2021, n. 1076.

[2] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 25 gennaio 2022 n. 479, che richiama TAR Lazio, Roma, sez. II-quater, sent. 22 dicembre 2017, n. 12632.

[3] TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, sent. 6 marzo 2023, n. 112.

[4] Richiamando TAR Marche, sent. 20 gennaio 2020, n. 46.

[5] TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 12 giugno 2018, n. 6566.

[6] TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 26 gennaio 2022, n. 853.

[7] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 25 gennaio 2017, n. 306.

[8] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 25 maggio 2020, n. 3309; sent. 5 ottobre 2018, n. 5737; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 26 agosto 2019, n. 1921.

[9] DPR n. 380/2001.

Immagine: iStock/carlosrojas20

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