Rischio idrogeologico e vincoli: livelli di tutela, volumi interrati e sanatorie

Alla valutazione dell’effettivo livello di rischio, corrisponde un adeguato livello di attività che possono o non possono essere svolte all’interno dell’area. Analizziamo nel dettaglio i livelli di rischio, le indicazioni valide per i volumi interrati, sanatorie e opere abusive

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Quello che è importante avere bene in mente quando si parla di vincolo idraulico è che il rischio è classificato in differenti livelli, al variare dei quali variano le opere autorizzabili.  Alla valutazione dell’effettivo livello di rischio, corrisponde un adeguato livello di attività che possono o non possono essere svolte all’interno dell’area, fermo restando, sempre, la necessità di acquisire una preventiva autorizzazione.

Il piano per l’assetto idrogeologico valuta il rischio o la probabilità che si possa verificare un evento calamitoso in una determinata area, generando un certo livello di danno. Gli eventi che sono tenuti in considerazione nei piani per l’assetto idrogeologico sono:

  • rischio alluvione,
  • rischio frana,
  • rischio valanga.

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Nei piani di stralcio per l’assetto idrogeologico si trovano classificate queste zone di rischio, cioè sono graficamente individuate su base cartografica quelle porzioni di territorio in cui è statisticamente atteso un evento potenzialmente importante, da cui discende il livello di pericolosità da paragonarsi al valore delle cose che sono contenute in quell’area.

Analizziamo nel dettaglio i livelli di rischio, le indicazioni valide per i volumi interrati e le sanatorie, in questo articolo estratto dal volume Progettazione e trasformazioni in presenza di vincoli di Marco Campagna, edito da Maggioli Editore.

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I livelli di rischio

In base al tempo stimato di ritorno dell’evento ed alla sua presunta entità, al valore degli elementi che sono presenti sull’area ed anche, laddove possibile, in funzione della vulnerabilità degli elementi stessi, viene stilata una scaletta di quattro livelli di rischio. Vengono ovviamente anche considerate le (ampie) parti di territorio in cui statisticamente non è atteso nessun tipo di evento, e quindi sono zone a “rischio zero”.

Il livello del rischio è individuato come si diceva da una scaletta di quattro valori, designati dalla lettera R con seguente un numero, da 1 a 4.

  • R1 – rischio basso;
  • R2 – rischio moderato;
  • R3 – rischio elevato;
  • R4 – rischio molto elevato.

Le zone R1 ed R2, anche se individuate con un rischio “non nullo”, difficilmente hanno delle prescrizioni stringenti e dirette verso l’attività edilizia: sono tendenzialmente aree in cui il piano prevede l’esecuzione di opere pubbliche di mitigazione e la stesura di piani per le emergenze della protezione civile.

Per contro, le zone R3 ed R4 sono sempre soggette a prescrizioni dirette sull’attività edilizia, anche se quello che interessa a questi strumenti è evitare che si eseguano interventi che possono aumentare il rischio. Dunque, generalmente (ma è sempre bene verificare puntualmente) le attività edilizie che non prevedono interventi sui volumi, sulle superfici o sulle destinazioni d’uso sono eseguibili senza nessuna preventiva acquisizione di autorizzazioni; quello che è rilevante per questo vincolo possono essere:

  • nuove costruzioni (spesso totalmente vietate in zona R4 e o vietate o soggette a pesanti restrizioni nella zona R3);
  • ampliamenti di volume (spesso vietati in R4; talvolta ammessi in R3 ma con restrizioni);
  • spostamenti dell’area di sedime o variazioni di sagoma;
  • cambi di destinazione d’uso (in genere vietati in R4 in assoluto se con aumento del carico urbanistico, ma in R3 possono essere ammessi anche con aumento del carico urbanistico).

Nelle zone R3 ed R4 è molto ben vista la demolizione senza ricostruzione, per delocalizzazione delle cubature, e la legge, all’art. 67 comma 6 del d.lgs. 152/2006, prevede che le regioni possano (debbano) procedere alla creazione di appositi strumenti premiali per delocalizzare le cubature, quindi rimuovere gli edifici dalle zone a rischio per ricollocarle in aree in sicurezza e, di conseguenza, per acquisire l’area di sedime dell’edificio demolito al patrimonio indisponibile del Comune. Questo dà anche l’idea di quanto lo Stato ritiene elevato e grave il rischio danni nelle zone potenzialmente soggette a fenomeni di dissesto idrogeologico.

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I volumi interrati

Un’attenzione molto elevata viene posta alla realizzazione di volumi interrati o comunque posti al di sotto della linea teorica a cui può arrivare la piena: nelle zone R3 ed R4, anche se si volessero realizzare i locali interrati per destinazioni accessorie, tipo cantine o autorimesse, questi vengono generalmente vietati perché in caso di evento calamitoso diventano vere e proprie trappole per le eventuali persone presenti. Anche se spesso non si trovano norme dirette in tal senso, va considerato, ad esempio, che abbassare la quota del livello del pavimento di un locale che è già al piano terreno o, comunque, abbassare in generale un calpestio che è già al di sotto del livello della piena è considerato intervento molto a rischio e generalmente non autorizzato.

Per conoscere con esattezza quale è il livello effettivo della piena attesa, si può fare una richiesta per ottenere il “tirante idraulico” agli uffici preposti (generalmente le ex provincie): l’ufficio risponderà con il livello del tirante calcolato sul piano di campagna, ovvero il livello a cui statisticamente può arrivare l’acqua durante una piena. Il valore è prettamente tecnico e teorico, ma serve a comprendere la reale entità del rischio e consente quindi una progettazione consapevole.

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La normativa sul vincolo idrogeologico non parla di sanatorie, ma neanche le esclude espressamente

Certamente, per quanto riguarda le opere abusive, anche precedenti all’apposizione del vincolo e che ricadono tra quelle espressamente escluse, è facile ritenere che non potranno essere oggetto di parere idraulico a posteriori. Tuttavia, per gli interventi non espressamente esclusi, potrebbe essere possibile acquisire il parere idraulico in sanatoria, proprio per l’assenza di una espressa disciplina contraria (o meglio: la circostanza è da verificare bene nelle norme tecniche di attuazione del singolo piano di assetto o piano di stralcio).

La visura delle prescrizioni del PAI è un’operazione da fare sempre, a meno che non si stiano progettando interventi del tutto ininfluenti dal punto di vista delle cubature tipo manutenzioni ordinarie o straordinarie (ma ciò eventualmente lo si faccia solo laddove già si è studiato il PAI di zona e se ne conoscano le linee di indirizzo generali). La visura di piano è indispensabile anche in ogni due diligence, soprattutto laddove questa è impostata sulla verifica di fattibilità di interventi invasivi o, in generale, sulla valutazione del valore immobiliare (si pensi ad una stima economica effettuata su un fabbricato che ricade in zona R4: la stima non può non considerare il vincolo che prevedrebbe la delocalizzazione del fabbricato, senza possibilità – o quasi – di qualunque trasformazione con un minimo di invasività). La presenza del vincolo idrogeologico comunque dovrebbe risultare nel certificato di destinazione urbanistica rilasciato dai comuni.

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Progettazione e trasformazioni in presenza di vincoli

I vincoli all’attività edificatoria sono tutto ciò che si affianca alle regole generali dell’edilizia contenute nel Testo Unico dell’Edilizia. I vincoli sono amici o nemici? La domanda è un po’ provocatoria ma serve ad introdurre un concetto: i vincoli spesso sono visti come mostri da cui difendersi, un po’ perché talvolta escono fuori all’improvviso, un po’ perché hanno spesso regole assai complesse o prevedono dei passaggi autorizzativi di cui si fatica a cogliere il senso. Questo manuale offre al tecnico uno strumento prezioso di conoscenza dei vincoli e della loro gestione in caso di progettazione di nuovi manufatti edilizi o di trasformazione degli esistenti. Tramite una trattazione chiara e rigorosa, l’Autore mostra operativamente come fare a verificare la presenza e predisporre la documentazione idonea da presentare per il rilascio delle autorizzazioni, argomento questo particolarmente complesso che il manuale affronta con taglio pratico, anche laddove occorra operare in accertamento di conformità (o “sanatoria”). Si tratta dunque di un’opera essenziale sia per il professionista privato che per gli operatori degli uffici tecnici della pubblica amministrazione e dalla cui lettura si potrà cogliere che “il vincolo” rappresenta anche un’opportunità di lavoro per il tecnico attento e scrupoloso. Marco CampagnaArchitetto libero professionista. Nel corso degli anni ha avuto modo di approfondire i temi dell’urbanistica applicata agli interventi edilizi, sia svolgendo pratiche in prima persona, sia operando come consulente o come perito, sia per conto di privati che per società, eseguendo parallelamente progettazioni e direzioni lavori per diversi interventi di recupero e di valorizzazione immobiliare. È satato componente della Commissione Urbanistica dell’Ordine degli Ingegneri di Roma, formatore e docente in svariati corsi di aggiornamento e approfondimento professionale presso il medesimo Ordine e presso altre realtà.

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Foto:iStock.com/Leonardo Marino

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