Immobili inutilizzabili: la Cassazione dice sì alla rinuncia di proprietà

Una recente sentenza delle Sezioni Unite chiarisce che la rinuncia alla proprietà è un atto unilaterale valido anche per immobili a rischio idrogeologico o privi di valore economico. Il bene diventa automaticamente dello Stato, senza necessità di accettazione, e restano a carico del proprietario solo le responsabilità pregresse.

Lisa De Simone 20/10/25

Immobili e terreni situati in zone a rischio idrogeologico (dissesto idrogeologico), soggetti a bonifiche ambientali, o in zone ad elevato rischio sismico che di fatto li rendono inaccessibili e inutilizzabili: quando la situazione di costo è oggettiva e i vantaggi non ci sono è possibile rinunciare alla proprietà. In questo caso gli immobili vanno allo Stato e non occorre nessun atto di accettazione: il passaggio avviene per legge. A chiarirlo una recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, la 23093/2025 che chiude un lungo dibattito.

Con la sentenza la Corte ha definito natura giuridica, effetti e limiti dell’istituto della rinuncia di proprietà, risolvendo i contrasti tra giurisprudenza di merito e dottrina. Il principio enunciato dalle Sezioni Unite vincola tutti i giudici di merito: non sarà più possibile dichiarare nulle le rinunce in base a valutazioni di convenienza economica.

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I casi esaminati: terreni P2 e zone franose

La sentenza nasce dall’esame di due casi specifici. Il primo riguarda terreni nel Comune di Bomba (L’Aquila) classificati come “sostanzialmente inservibili e privi di valore economico” perché interamente sottoposti a vincolo di pericolosità elevata P2 del Piano di Assetto Idrogeologico della Regione Abruzzo. Il secondo caso riguarda un immobile a Belluno situato in area compresa nell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia.

In entrambe le situazioni lo Stato aveva chiesto la nullità della rinuncia sostenendo che i proprietari avessero scaricato sulla collettività costi elevatissimi e responsabilità civili e penali. La questione è stata sottoposta alla Cassazione e la sentenza ha dato ragione agli ex proprietari.

Natura giuridica: atto unilaterale che non va comunicato alla controparte

La rinuncia, infatti, ha sottolineato la Corte, è atto unilaterale non recettizio a carattere abdicativo. Tradotto: serve la sola volontà del proprietario espressa nell’atto notarile, senza necessità di comunicarla allo Stato o ad altri soggetti per produrre effetti. 

La causa dell’atto si individua nell’esercizio del potere previsto dall’art.832 del codice civile: il proprietario ha il diritto di scegliere cosa fare dei suoi beni, compreso quello di disfarsi della titolarità. La Corte ha chiarito che la rinuncia esprime l’interesse negativo del proprietario a mantenere la titolarità del bene, specialmente quando quest’ultimo non offre più alcuna utilità economica o comporta oneri sproporzionati (come nel caso di terreni inservibili o di edifici fatiscenti in aree a rischio).

E la finalità “egoistica” (liberarsi dagli oneri) non integra un abuso del diritto né comporta la nullità dell’atto perché non esiste un “dovere di essere e di restare proprietario” per motivi di interesse generale. Quindi l’atto non può essere contestato né ci sono margini per la sua annullabilità. 

Atto pubblico e trascrizione

Quanto alle modalità, la rinuncia richiede solo la forma scritta, ossia atto pubblico o scrittura privata autenticata. L’atto va poi trascritto nei registri immobiliari. La Corte precisa che la trascrizione va eseguita solo contro il rinunciante, non anche a favore dello Stato perché una volta perfezionata la rinuncia, il bene diventa “vacante” ai sensi dell’art. 827 del codice civile.

Questo comporta che il passaggio al patrimonio disponibile dello Stato opera automaticamente, senza necessità di accettazione. Non si tratta in sostanza di una donazione, dal momento che l’art. 827 attribuisce la proprietà degli immobili vacanti allo Stato per ragioni di sovranità territoriale, a prescindere dalla convenienza economica dell’acquisizione. La rinuncia serve solo a far rientrare l’immobile nell’elenco di quelli senza proprietario.

Responsabilità pregresse a carico del rinunciante

La rinuncia, ovviamente, ha efficacia solo per il futuro. Quindi dal giorno dell’atto non saranno più dovute imposte, ma chi rinuncia resta obbligato per:

  • imposte (IMU, TARI) maturate fino alla trascrizione dell’atto;
  • responsabilità per eventuali danni causati dall’immobile prima della rinuncia;
  • obblighi di bonifica e messa in sicurezza ambientale sorti in applicazione del principio “chi inquina paga” (art. 242 d.lgs. 152/2006).

Inoltre restano a carico del proprietario anche spese condominiali e contributi consortili già maturati.

Tutela dei creditori: l’azione revocatoria

I creditori del rinunciante, comunque, possono agire per rendere inefficace la rinuncia nei propri confronti. Serve però la prova del pregiudizio. In presenza di immobili oggettivamente diseconomici (valore di mercato inferiore agli oneri di gestione), l’azione revocatoria presenta margini di successo limitati: l’uscita del bene dal patrimonio del debitore non determina pregiudizio se il bene genera solo passività.

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Lisa De Simone

Esperta in materia legislativa, si occupa di disposizioni normative e di giurisprudenza di interesse per il cittadino. Collabora da anni con Maggioli Editore, curando alcune rubriche on line di informazione quotidiana con particolare attenzione alle sentenze della Corte di Cassaz…Continua a leggere

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