Repressione abuso edilizio: entro quanto tempo?

Sussiste o non sussiste un limite di tempo entro cui dev’essere adottato il provvedimento repressivo dell’abuso edilizio? In ogni caso, per quale motivo?

Mario Petrulli 23/04/19

Ecco, anche dopo Pasqua, la selezione delle sentenze più interessanti per noi. Si tratta di quelle pubblicate la scorsa settimana. Gli argomenti: repressione di un abuso edilizio, qual è il limite temporale entro cui adottare il provvedimento? Destinazione di un’area a verde agricolo: quali devono essere le finalità? Poi, una serie di titoli edilizi. Per fare una piscina, che titolo edilizio è necessario? E per trasformare un varco pedonale in carrabile? Infine, che titolo edilizio è necessario per costruire una veranda?

Abuso edilizio

Per la repressione, quali tempistiche ci sono?

TAR Toscana, sez. III, sent. 16 aprile 2019 n. 559
Non sussiste un limite di tempo entro il quale deve essere adottato il provvedimento repressivo dell’abuso edilizio, trattandosi di atto vincolato e rilevando la natura di illecito permanente dell’abuso edilizio stesso

Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, non sussiste un limite di tempo entro il quale deve essere adottato il provvedimento repressivo dell’abuso edilizio, trattandosi di atto vincolato e rilevando la natura di illecito permanente dell’abuso edilizio stesso. Pertanto, anche abusi edilizi risalenti ad epoca remota sono legittimamente fatti oggetto di ordinanza di demolizione: “la repressione degli abusi edilizi costituisce espressione di attività strettamente vincolata, potendo la misura repressiva intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall’epoca della commissione dell’abuso” (Cons. Stato, VI, 3.10.2017, n. 4580).

Vale comunque il principio, affermato da Cons. Stato, Ad. plen., n. 9/2017, secondo cui “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.

Area a verde agricolo: che finalità deve avere?

TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 17 aprile 2019 n. 868
La destinazione di un’area a verde agricolo non implica necessariamente che la stessa soddisfi in modo diretto e immediato interessi agricoli, ben potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando la quota di valori naturalistici e ambientali necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano

Secondo la consolidata giurisprudenza, le scelte riguardanti la classificazione dei suoli sono sorrette da ampia discrezionalità e in tale ambito la posizione dei privati risulta recessiva rispetto alle determinazioni dell’Amministrazione, in quanto scelte di merito non sindacabili dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare, potendosi derogare a tale regola solo in presenza di situazioni di affidamento qualificato del privato a una specifica destinazione del suolo, nel caso non sussistenti (Consiglio di Stato, IV, 12 maggio 2016, n. 1907; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 4 aprile 2019, n. 751; 27 febbraio 2017, n. 451). Difatti, lo strumento urbanistico previgente classificava l’area in parte in zona omogenea F (attrezzature pubbliche) ed in parte in zona omogenea E (agro-silvo-pastorale).

In tale prospettiva, deve pure sottolinearsi che la destinazione di un’area a verde agricolo non implica necessariamente che la stessa soddisfi in modo diretto e immediato interessi agricoli, ben potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando la quota di valori naturalistici e ambientali necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, IV, 12 febbraio 2013, n. 830; 16 novembre 2011, n. 6049; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 22 gennaio 2019, n. 122; 27 febbraio 2017, n. 451).

La più recente evoluzione giurisprudenziale ha, oltretutto, evidenziato che all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi (così, Consiglio di Stato, IV, 21 dicembre 2012, n. 6656).

E ciò in quanto l’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano quelli contemplati dall’art. 9 della Costituzione (cfr. Consiglio di Stato, IV, 10 maggio 2012, n. 2710; altresì, 22 febbraio 2017, n. 821; 13 ottobre 2015, n. 4716; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 22 gennaio 2019, n. 122; 18 giugno 2018, n. 1534).

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Titoli edilizi

Piscina: che titolo edilizio è necessario?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 18 aprile 2019 n. 642
Serve il permesso di costruire per la piscina di 115 mq.

La realizzazione di una piscina di 115 mq. non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all’uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione, e postula, pertanto, il previo rilascio dell’idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire (cfr., ex multis, Cons. Stato , sez. IV, 8 gennaio 2016, n. 35; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 20 settembre 2016, n. 1446; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 16 marzo 2017, n. 1503; sez. II, 30 maggio 2018, n. 3569; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 30 gennaio 2018 , n. 248).

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Trasformazione di varco pedonale in carrabile: che titolo edilizio?

TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 16 aprile 2019 n. 2158
La trasformazione di un varco da pedonale a carrabile, attraverso rilevanti opere di sbancamento e di rimozione della preesistente muratura, richiede il permesso di costruire

La trasformazione di un preesistente varco pedonale in carrabile, mediante la realizzazione di una rampa carrabile della larghezza di circa 4 mt. e della lunghezza di circa 32 ml, mediante sbancamento, asporto e configurazione del terreno, previa rimozione di parte della muratura in pietrame a secco posta a sostegno del terrapieno del fondo, richiede il permesso di costruire.

Veranda: che titolo edilizio è necessario?

TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 18 aprile 2019 n. 2197
La veranda richiede il permesso di costruire

Una veranda realizzata, sotto il profilo strutturale, non può ritenersi precaria, in quanto stabilmente infissa al suolo e, dal punto di vista edilizio, determina un aumento di volumetria, necessitando pertanto del rilascio di un permesso di costruire.
In giurisprudenza, nei medesimi termini, si veda Cons. St., sez. VI, 25 gennaio 2017 n. 306, ove si afferma chiaramente che “la veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire”.

Inoltre, per Cons. St., sez. VI, 26 marzo 2018, n. 1893, “le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, in quanto determinano una variazione planivolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire in quanto queste comportano la chiusura di una parte del balcone con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto. Pertanto va escluso che la trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda costituisca una pertinenza in senso urbanistico.

La veranda integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie.”

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Veranda abusiva, non può essere giustificata da precedenti illeciti

Nella citata decisione 306/2017, il Consiglio di Stato precisa che la veranda si differenzia per caratteristiche oggettive da altre opere liberamente realizzabili o, comunque, assentibili tramite denuncia di inizio attività, quali ad esempio il pergolato (che “ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni”) o il gazebo (“struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili”).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Mario Petrulli

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