Oneri concessori agevolati per struttura adibita a RSA e casa di riposo: un caso recente

Il TUE prevede, per costruzioni o impianti destinati ad attività industriali dirette alla prestazione di servizi, un particolare regime agevolato per il contributo di costruzione. Vediamo il caso di una struttura polifunzionale adibita a casa di riposo e R.S.A.

Mario Petrulli 25/06/24
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L’art. 19, comma 1, del Testo Unico Edilizia [1] prevede per gli impianti industriali diretti alla prestazione di servizi un particolare regime agevolato per la corresponsione del contributo di costruzione, secondo il quale “il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell’articolo 16, nonché in relazione ai tipi di attività produttiva[2].

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Casi pratici risolti Oneri di urbanizzazione e costo di costruzione: esonero e riduzione

Di notevole rilevanza pratica, la materia del contributo di costruzione correlato al rilascio del permesso di costruire (oneri di urbanizzazione e costi di costruzione) è molto spesso oggetto di difficoltà interpretative e di contenzioso, per quanto riguarda le problematiche relative alle richieste di esonero e riduzione. Questa nuovissima Guida operativa fornisce un’analisi puntuale della qualificazione e delle caratteristiche del contributo per il rilascio del permesso di costruire, nello specifico oneri di urbanizzazione, costo di costruzione e ipotesi di esonero e riduzione.Nella seconda parte del testo vengono illustrati 45 casi pratici risolti, con commento esplicativo e opportuni riferimenti giurisprudenziali e dottrinali.Mario Petrulli, avvocato esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; formatore, collabora con siti giuridici specializzati, riviste di settore (L’Ufficio Tecnico) e società di consulenza. Autore di molteplici pubblicazioni in materia. Titolare dello Studio Legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)

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La natura delle strutture polifunzionali da adibire a RSA e case di riposo

Secondo un noto orientamento giurisprudenziale, sia le case di cura private, sia le strutture polifunzionali da adibire a residenze sanitarie assistenziali per anziani (R.S.A.) e a case di riposo sono qualificabili come “costruzioni o impianti destinati ad attività industriali dirette […] alla prestazione di servizi” e, dunque, per esse è dovuto un contributo ridotto ai sensi dell’art. 19, d.P.R. n. 380/2001.

In questo senso, con riferimento al previgente art. 10 della Legge n. 10/1977, è stato affermato che tale norma “presenta […] un dettato chiaro e la sua applicabilità alle case di cura private non richiede esegesi particolari né interpretazioni analogiche, essendo sufficiente soffermarsi sul dettato letterale, nella considerazione che nessuna norma preclude all’imprenditore del settore sanitario di perseguire il profitto, né può influire al riguardo la presenza di incisivi controlli pubblici sull’attività esercitata. È corretto, pertanto, affermare che l’attività sanitaria, se svolta da soggetto non istituzionalmente dovuto, presenta i caratteri oggettivi dell’industrialità e, quindi, deve essere assoggettata al relativo trattamento più favorevole. Al riguardo, è utile anche richiamare l’orientamento […] secondo cui alla concessione edilizia relativa ad un immobile destinato a casa di cura privata spetta la parziale esenzione dal contributo urbanistico, prevista dall’articolo 10 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, per le concessioni relative a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi. Tanto dal momento che ‘l’attività imprenditoriale diretta alla prestazione di servizi sanitari è a pieno titolo un’attività industriale, giusta la definizione di attività industriale che si ricava dall’art. 2195 cod. civ.”[3].

Con specifico riguardo alle R.S.A e alle case di riposo, si è osservato, in termini analoghi, che “le suddette destinazioni a “Fabbricato polifunzionale da adibirsi a residenza sanitaria assistenziale per anziani e persone a mobilità ridotta” e a “Casa di riposo e residenza protetta” appaiono correttamente riferirsi a “costruzioni o impianti destinati […] alla prestazione di servizi”; sì da consentire, come ritenuto dal Tar, l’applicabilità del contributo ridotto previsto dall’art. 10, primo comma, della legge n. 10/1977 e poi dall’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001[4].

Un recente caso concreto

Ribadendo tali principi, il TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, nella sent. 5 giugno 2024, n. 885, ha ribadito che una struttura polifunzionale da adibire a “Casa di Riposo”, “Casa Protetta”, “Centro di Riabilitazione” e Residenza Sanitaria Assistenziale”, per l’erogazione di attività residenziali socio – assistenziale (casa di riposo, centro riabilitativo per disabili), attività socio-sanitarie (RSA – casa protetta per anziani) e attività sanitarie (centro di riabilitazione), deve essere ricondotta all’ambito applicativo del primo comma dell’art. 19 del Testo Unico Edilizia, avendo ad oggetto un edificio che sarà adibito sia all’erogazione di prestazioni sanitarie, sia a casa di riposo per anziani.

La sentenza merita di essere segnalata anche per un’ulteriore peculiarità. La società richiedente il titolo edilizio, infatti, ha contestato la debenza della quota relativa agli oneri di urbanizzazione primaria, in quanto, a suo dire, già soddisfatta e pagata in occasione, circa 20 anni prima, del rilascio di un titolo edilizio per la realizzazione di una originaria struttura socio-sanitaria e di cui la nuova struttura rappresentava, di fatto, una continuazione, sia pur con dimensioni maggiori.

I giudici hanno anche ricordato che la quota del contributo di costruzione commisurata agli oneri di urbanizzazione assolve – così come costantemente affermato dalla giurisprudenza – alla prioritaria funzione di compensare la collettività “per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l’esigenza di utilizzare più intensamente quelle già esistenti[5].

La finalità del contributo di costruzione, infatti, con particolare riguardo alla parte correlata agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, è di natura pubblicistica, in quanto mira a “socializzare” le spese che la collettività è chiamata a sostenere per la realizzazione delle opere a servizio della zona ove le stesse vanno a localizzarsi.

Nel caso di specie, devono ritenersi, quindi, dovuti gli oneri di urbanizzazione primaria, in quanto la realizzazione della nuova struttura polifunzionale aumenta il carico urbanistico, comportando, non solo la necessaria realizzazione di nuove opere di urbanizzazione (quantomeno quelle tra la nuova struttura e quelle già realizzate), ma anche un maggiore utilizzo di quelle ivi esistenti. La pretesa di non corrispondere al Comune un importo a titolo di oneri di urbanizzazione primaria non è stata, pertanto, ritenuta fondata.

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Note

[1] DPR n. 380/2001.
[2] Storicamente, la disciplina di favore per le attività produttive trova il suo antecedente nella Legge 28 gennaio 1977, n. 10, che – nell’introdurre il principio secondo cui ogni attività comportante trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, subordinata al rilascio di un titolo edilizio, partecipa agli oneri da essa derivanti, mediante l’obbligo di corresponsione di un contributo costituito dalle due quote di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione – escludeva dal pagamento della quota prevista per il costo di costruzione la “concessione relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi”.
[3] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 26 agosto 2013, n. 4267; cfr., in senso adesivo, TAR Piemonte, sez. II, sent. 15 marzo 2017, n. 371; TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 17 gennaio 2022, n. 119.
[4] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 8 marzo 2021, n. 1900.
[5] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 27 giugno 2022, n. 5297.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

Mario Petrulli

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