Modifica di bovindo in condominio: il decoro architettonico può essere compromesso?

Una recente sentenza chiarisce i limiti degli interventi del singolo condomino sulla facciata e sul volume dell’edificio: tra autorizzazioni, parti comuni e valutazione del decoro.

Il bovindo, o bow-window, è una struttura architettonica che si estende oltre la facciata di un edificio, creando una sorta di balcone chiuso con ampie finestre. Nei condomini, il bovindo è considerato parte integrante della facciata condominiale, contribuendo al decoro architettonico e all’illuminazione naturale degli ambienti interni.

Il bovindo infatti arricchisce il design dell’edificio, aumentando la luce naturale e offrendo una vista panoramica. Vediamo come funziona la ripartizione delle spese e una vicenda recente su un intervento edilizio di modifica di un bovindo da parte di un condomino.

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Parti comuni ed esclusive in condominio

Il volume illustra la nuova elencazione delle parti comuni (art. 1117 c.c.) che, oltre a considerare il multiproprietario come condomino, estende in modo evidente la disciplina condominiale al fenomeno del supercondominio ma anche al condhotel, fattispecie recentemente introdotta nel nostro ordinamento. Si prendono in considerazione anche le parti comuni del supercondominio, condominio minimo e condominio parziale. Sono analizzate inoltre le modifiche in materia di mutamento di destinazione d’uso delle parti comuni. Non manca poi un capitolo dedicato all’uso delle parti comuni, evidenziando il nuovo orientamento della Cassazione che sembra favorire sempre più un utilizzo maggiormente rispondente all’esigenze dei condomini. Vengono prese in considerazione inoltre le innovazioni con particolare riguardo a quelle di “interesse sociale” e a quelle legate al fenomeno superbonus 110% (fotovoltaico, colonnine di ricarica, cappotto termico, ecc.), prendendo in considerazione le importanti novità legate all’installazione di un ascensore. Viene approfondito poi il tema della sopraelevazione in condominio con accurato esame delle questioni legate ai limiti del sopralzo. Infine viene affrontato il tema del perimento dell’edificio condominiale; conclude l’opera il problema delle opere nelle parti esclusive e dei limiti regolamentari all’utilizzo delle porzioni private. Giuseppe Bordolli Mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari, è esperto di Diritto immobiliare con pluriennale esperienza in attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. Attualmente è direttore editoriale del sito Condominioweb. È collaboratore del Quotidiano condominio 24 ore, di Diritto.it e di varie riviste di diritto immobiliare. Autore di numerose pubblicazioni in materia.

 

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Responsabilità condominiale e del singolo proprietario

Tali strutture, dunque, sono da considerarsi come un elemento unito e in continuità con le facciate del fabbricato. La loro gestione evidenzia un equilibrio tra la responsabilità condominiale, per ciò che concerne la parte esterna, e quella del singolo proprietario, per gli elementi di utilizzo esclusivo. Si tratta quindi di componenti delimitanti il fabbricato uniti ed in continuità con le facciate, di protezione e confinamento delle proprietà esclusive, restando così a carico di tutti i condomini, ex articolo 1123 c.c. primo comma, la manutenzione degli elementi esterni murari o di pannellatura degli stessi (al pari delle murature perimetrali) ed a carico del singolo condomino utilizzatore la manutenzione degli infissi e dei tettucci di copertura (quest’ultimi se funzionalmente autonomi e distaccati dal coperto principale).

Alla luce di quanto sopra è evidente che la modifica di un bovindo da parte di un condomino possa creare conflitti con altri condomini. A tale proposito merita di essere presa in considerazione una recente sentenza del Tribunale di Genova (sentenza del 19 febbraio 2025 n. 463).

La vicenda

La controversia è nata dalla segnalazione al Comune di un condomino, il quale ha contestato che i lavori in corso presso l’unità abitativa del vicino non si limitassero ad opere interne, come indicato nel cartello di cantiere, ma implicassero anche una modifica della sagoma dell’immobile e un incremento volumetrico. Secondo questa interpretazione, l’intervento edilizio non sarebbe stato assentibile mediante la CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata), che di norma viene utilizzata per opere interne e non per modifiche strutturali rilevanti.

Sulla base di questa presunta irregolarità, il ricorrente ha diffidato il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune, sollecitando l’esercizio dei poteri di vigilanza in materia edilizia e urbanistica, con l’obiettivo di verificare la regolarità dell’intervento intrapreso dal vicino. L’interessato ha notificato un secondo atto di diffida al Comune ricevendo però risposta negativa. Il ricorrente si è rivolto al Tar Liguria notando, tra l’altro, che l’Amministrazione avrebbe dovuto accertare che, in mancanza dell’assenso dell’assemblea condominiale o degli altri partecipanti, il controinteressato non era legittimato a realizzare opere che riguardano parti comuni dello stabile. Il Tar ha accolto il ricorso.

L’accoglimento dell’impugnativa si è basata sulla considerazione che le opere realizzate dal controinteressato hanno inciso su parti comuni dell’edificio, nello specifico sulla parete perimetrale (considerata comune ai sensi dell’articolo 1117 c.c.) in cui è stato ampliato un bovindo. Secondo i giudici ammnistrativi, tale intervento ha determinato un’alterazione del decoro architettonico dell’edificio, considerato un valore intrinseco e collettivo che tutela gli interessi di tutti i proprietari delle unità abitative.

L’alterazione è stata giudicata pregiudizievole, in quanto ha inciso negativamente sull’aspetto estetico e sull’armonia dell’intero fabbricato, violando quindi i diritti degli altri condomini. Il condomino che ha eseguito le modifiche al bovindo si è rivolto al Tribunale per accertare se l’ampliamento del bovindo avesse alterato il decoro architettonico dell’edificio. Sul tema si ricorda che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, per decoro architettonico deve intendersi l’estetica del fabbricato risultante dall’insieme delle linee e delle strutture che lo connotano intrinsecamente, imprimendogli una determinata armonica fisionomia ed una specifica identità.

La decisione

Il giudice genovese ha escluso che l’intervento in questione abbia alterato il decoro del caseggiato. In particolare il Tribunale ha sottolineato come l’ampliamento del soggiorno dell’appartamento al piano terra con aumento del volume eseguito dall’attore, tenuto conto delle modifiche risalenti già operate da tempo dai proprietari degli appartamenti soprastanti quello dell’attore (pacifici ampliamenti volumetrici dei piani soprastanti), non abbia comportato una significativa alterazione al decoro e all’aspetto architettonico dell’edificio.

A tale proposito è stato recentemente affermato che nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sul decoro architettonico bisogna adottare un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all’unitarietà originaria di linee e di stile, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche e all’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni ovvero alla visibilità delle alterazioni (Cass. civ., Sez. II, 12/06/2023, n. 16518).

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Giuseppe Bordolli

Mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari, è esperto di Diritto immobiliare con pluriennale esperienza in attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. È collaboratore del Quotidiano condomini…Continua a leggere