(Aggiornamento del 28 giugno 2022) Pubblicata in Gazzetta la legge delega approvata nei giorni scorsi dal Senato in via definitiva. Il testo della legge 21 giugno n.78/2022 entra in vigore il 9 luglio 2022.
I decreti legislativi previsti dalla norma dovranno arrivare entro il 10 gennaio 2023.
Il precedente passaggio del disegno di legge si è avuto il 10 marzo 2022, quando è stato approvato dal Senato ed è passato alla Camera per il successivo esame.
Un unico articolo che raccoglie una serie di prescrizioni che dovrebbero costituire gli obiettivi della riforma dopo anni di grandi difficoltà generate dalla debolezza del quadro normativo attualmente in vigore e sul quale, come detto più volte, l’impegno profuso per generare la massima confusione possibile ha certamente centrato il suo scopo.
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Cosa contiene il testo
I contenuti del testo che dovrebbe generare la nuova normativa sui contratti pubblici sono caratterizzati da alcuni punti principali:
- prima di tutto la conformità con le direttive europee aspetto che non costituisce una ovvietà visti i problemi e la quantità di ambiti della normativa italiana redatti in totale dissonanza;
- altra missione di questa revisione del quadro legislativo in materia di contratti pubblici è quella di generare una riforma in attuazione degli impegni assunti in sede di PNRR che prevedono:
- un decreto legge, entro giugno 2021, per la semplificazione del sistema dei contratti pubblici (impegno ottemperato con il d.l. 77/2021 – semplificazioni bis poi convertito dalla legge 108/2021);
- giugno 2022 – entrata in vigore della legge delega con gli indirizzi per la riscrittura del codice dei contratti (quella analizzata nella presente nota e che non riuscirà a rispettare i termini);
- entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge delega per la revisione del codice dei contratti entro marzo 2023;
- entrata in vigore di tutto il quadro normativo del nuovo sistema dei contratti pubblici (leggi, decreti legislativi, regolamento e provvedimenti attuativi) entro giugno 2023;
- dicembre 2023 – piena efficacia di tutta la normativa di regolazione dell’ambito nazionale dei contratti pubblici;
- nuova disciplina per la qualificazione delle stazioni appaltanti con riduzione e accorpamento dei soggetti attualmente presenti, incentivazione all’utilizzo delle centrali di committenza, formazione del personale delle stazioni appaltanti;
- semplificazione della disciplina da applicare alle procedure per lavori, servizi e forniture di importo inferiori alle soglie di rilevanza europea;
- applicazione estesa dei Criteri Ambientali Minimi e semplificazione di tutto il sistema delle procedure per investimenti pubblici legati alla sostenibilità ambientale, alla produzione energetica e relativo efficientamento;
- valutazione delle specificità dei contratti nel settore dei beni culturali e nuovi criteri di valutazione delle offerte, specialmente in alcuni settori ma con particolare riguardo sempre a quello dei beni culturali, utilizzo di speciali clausole sociali che potrebbero comprendere:
- la stabilità occupazionale;
- la promozione delle pari opportunità;
- applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali relazionati a quelli stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro;
- riduzioni tempistiche delle procedure di gara, stipula dei contratti e dell’esecuzione dei lavori attraverso procedure informatizzate;
- superamento dell’Albo nazionale delle commissioni giudicatrici e rafforzamento della specializzazione dei commissari;
- semplificazione della normativa in materia di programmazione, localizzazione delle opere pubbliche e dibattito pubblico per il raggiungimento delle intese anche locali e l’accelerazione delle tempistiche;
- revisione delle procedure di approvazione dei progetti di opere pubbliche, verifica dei livelli della progettazione, snellimento delle procedure;
- revisione del sistema di qualificazione degli operatori con particolare attenzione al riconoscimento della effettiva qualificazione e del rispetto delle norme sulla prevenzione antimafia;
- promozione delle procedure del dialogo competitivo, del partenariato per l’innovazione e delle procedure competitive con negoziazione;
- razionalizzazione della disciplina per l’affidamento dei contratti da parte dei concessionari;
- rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie.
Leggendo i punti elencati e gli altri inseriti nella legge delega si ha la sensazione di assistere alla certificazione della pesante inadeguatezza dell’attuale quadro normativo che ha generato i problemi e le difficoltà ormai tristemente note.
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È ancora presto per affermare quali saranno gli esiti dei passaggi normativi che devono ancora essere affrontati ed è tanto meno possibile sapere se tutto questo riuscirà a produrre una nuova condizione di adeguatezza per gli operatori del settore ormai sovrastati da inutili adempimenti burocratici che hanno dato un contributo determinante alla pesante crisi del settore sul quale ha infierito anche la recente e drammatica pandemia che ha così gravemente colpito l’intero Paese.
La domanda, oggi, non è cosa si deve fare per determinare un cambiamento profondo di mentalità e di comportamenti anche nel settore delle opere pubbliche, la questione riguarda, semmai, l’effettiva capacità dei soggetti che saranno chiamati alla riscrittura delle norme generali e di quelle attuative.
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Gli elementi di criticità
Sia pure non considerando gli aspetti qualitativi della riforma della normativa dei contratti pubblici, risulta molto problematico quanto fissato dal Governo per una serie di ragioni:
- tutti gli obiettivi della modifica delle norme sui contratti pubblici, che poi equivalgono a un nuovo sistema da riscrivere, puntano a realizzare in 2 anni tutto quello che non è stato risolto negli ultimi 20;
- la legge delega prevede la piena efficacia della normativa entro dicembre 2023 che non risulta compatibile con le scadenze del PNRR per il quale è prevista la chiusura per il dicembre 2026 (che deve includere anche tutta la fase della certificazione);
- dalle esperienze di tutte le programmazioni dei Fondi europei degli ultimi 30 anni si è visto che per il completamento di un intervento ammesso al finanziamento di piccole-medie dimensioni (tra 3 e 10 milioni di euro) sono stati necessari, per tutte le fasi, un totale di 5-6 anni;
- nel caso del PNRR, che per l’Italia costituisce una occasione irripetibile, non è stato previsto un criterio di selezione dei soggetti necessari alla sua attuazione che fosse orientato alle esperienze già maturate ma si è provveduto a reclutare personale non formato sulle procedure specifiche;
- resta difficile immaginare, come prevede la legge delega, a nuove procedure di accelerazione (che comunque sarebbero attuabili da dicembre 2023) in un Paese dove il 97% dei progetti di energie alternative presentati nel 2017 è ancora fermo nelle nebbie della burocrazia autorizzativa e sappiamo ora, con la peggiore drammaticità, quanto sarebbe stato utile al Paese disporre di fonti alternative oltre ad una politica energetica nazionale pluriennale degna di questo nome;
- sulla ritorna, come sempre è stato, ricade ancora l’atavico problema delle scelte fatte non su basi oggettive utili al conseguimento del risultato (merito) ma sulla ricerca del consenso costruito con la dispersione delle risorse pubbliche.
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Tutto questo rende ancora una volta evidente che il problema non è rappresentato solo dalla filiera normativa, certamente non adeguata, ma soprattutto dall’inadeguatezza dell’apparato nel suo insieme che dovrebbe gestire le politiche di sviluppo con meccanismi efficaci e tempestivi sia nella programmazione che nella realizzazione degli interventi avendo come unico principio guida il pieno conseguimento del risultato prefissato.
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Foto:iStock.com/
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