Nel contesto della gestione condominiale, la possibilità di interrare cavi e tubazioni nel sottosuolo comune è spesso oggetto di dibattito. Ogni condomino ha il diritto di utilizzare le parti comuni dell’edificio, ma deve farlo nel rispetto della destinazione d’uso e senza impedire agli altri di esercitare lo stesso diritto.
Quando un condomino decide di installare impianti tecnologici, come allacciamenti per acqua, elettricità o fibra ottica, può essere necessario far passare cavi nel sottosuolo condominiale. In linea generale, la giurisprudenza ha chiarito che questo tipo di intervento è ammissibile, purché rispetti determinate condizioni.
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E se il condominio obietta?
La questione può diventare più complessa se il condominio solleva obiezioni. In casi simili, è possibile che si renda necessario un intervento dell’assemblea condominiale per chiarire i limiti entro cui i lavori possono essere svolti.
È vero però che ogni condomino può utilizzare le parti comuni dell’edificio, così come prevede l’articolo 1102 c.c. Questo principio consente ai singoli di apportare modifiche senza dover necessariamente ottenere l’autorizzazione dell’assemblea, a condizione che tali interventi non alterino la destinazione dell’area né impediscano agli altri di farne uso.
Si deve anche considerare che tali interventi possono essere regolamentati da clausole di natura contrattuale del regolamento. A tale proposito merita di essere presa in considerazione una recente decisione del Tribunale di Milano (sentenza n. 2486 del 24 marzo 2025).
La vicenda
Un condominio attore lamenta che una condomina ha fatto eseguire lavori non autorizzati che hanno coinvolto le parti comuni, precisando che l’assemblea aveva autorizzato la sola esecuzione dei lavori di miglioramento proposti dalla precedente proprietaria, dante causa della convenuta. In particolare il condominio attore contesta l’occupazione da parte della convenuta del sottosuolo lungo il corsello condominiale (per tutto il sedime della trincea per la posa della polifora, avente larghezza variabile da 130 cm a 140 cm e una lunghezza che va dal cancello di ingresso al corsello condominiale sino alla cabina elettrica MT a servizio della condomina).
Secondo l’attore le opere eseguite dalla convenuta erano illegittime in quanto, oltre ad avere imposto a tutti i condomini delle limitazioni gravi ed ingiustificate di fare pari uso della cosa comune (il sottosuolo) ex art. 1102 c.c., sarebbero state realizzate in mancanza di autorizzazione dell’assemblea e in violazione degli artt. 14 e 21 del regolamento. Di conseguenza il condominio chiede di condannare la controparte alla rimozione di tutte le installazioni e al ripristino delle condizioni originarie, con l’obbligo di sostenere integralmente i relativi costi. Nel caso in cui la controparte non esegua gli interventi entro il termine stabilito, parte attrice chiede inoltre di essere autorizzata ad effettuare direttamente i lavori, con addebito totale delle spese alla convenuta.
Infine richiede anche il risarcimento dei danni derivanti dalle opere contestate, con la condanna della controparte al pagamento delle somme che saranno accertate nel corso del giudizio. La convenuta sostiene invece che i lavori realizzati sono legittimi in quanto eseguiti nel pieno rispetto dell’art. 1102 c.c., senza alcuna necessità di autorizzazione assembleare. In ogni caso sostiene che il regolamento invocato e prodotto dal condominio non era a sè opponibile in quanto diverso da quello allegato al proprio contratto di compravendita degli immobili.
La decisione
Il Tribunale ha dato ragione alla condomina. Lo stesso giudice ha notato come le norme del regolamento richiamate dal condominio-attore si applichino in presenza di opere che comportino “innovazioni”: in altre parole le stesse norme regolamentari sono risultate riproduttive del contenuto dell’art. 1120 c.c. Il giudice ha precisato che le opere realizzate dalla condomina non sono innovazioni ma modifiche di una parte comune. Tali interventi, volti alla parziale occupazione del sottosuolo, non hanno alterato l’originaria funzione e destinazione del sottosuolo (che ha la funzione sussidiaria di passaggio in esso di tubi e condutture) ma sono state eseguiti per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa comune.
Secondo il Tribunale le opere eseguite dalla convenuta costituiscono certo un vincolo di ordine tecnico esecutivo (vincolo per l’esecuzione di altre opere) ma non un vincolo di ordine giuridico: non è stata fornita alcuna prova, il cui onere gravava sul condominio attore, che dimostrasse come la presenza delle tubature abbia effettivamente compromesso il diritto di pari utilizzo spettante a tutti i condomini, in proporzione alle rispettive quote di proprietà del bene comune. Del resto, il singolo condomino può legittimamente interrare nel cortile tubi onde allacciare un bene di sua proprietà esclusiva agli impianti idrico – fognario centrali, perché da un lato non viene alterata la destinazione di tale spazio comune ad illuminare ed arieggiare le unità immobiliari degli altri condomini, dall’altro rientra nella funzione sussidiaria del sottosuolo del cortile il passaggio in esso di tubi e condutture (Cass. civ., sez. II, 22/09/2015, n. 18661).
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