Ampliare un balcone, quale titolo edilizio serve

Serve il permesso di costruire per ampliare il balcone: la sentenza del TAR Campania. Nella prima rassegna di settembre anche: diversa distribuzione degli interni e pergolato di modeste dimensioni

Siamo tornati e torna anche la rassegna di sentenze: ecco la selezione del mese di agosto, nella quale si tratta in particolare dei titoli edilizi necessari per ampliare un balcone, per procedere a una diversa distribuzione degli ambienti interni di un appartamento e per un pergolato di dimensioni modeste. Ma anche di:

  • rimozione del Permesso di costruire formatosi con silenzio-assenso;
  • sempre a proposito di Permesso di costruire, una sentenza sulla sua data di inizio e di efficacia e una sulla sua decadenza per lo sbancamento;
  • abuso edilizio: natura e conseguenze del trasferimento dell’immobile.

Ampliamento del balcone: titolo edilizio necessario

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. III Napoli, sent. 28 agosto 2017 n. 4143
Massima: Serve il permesso di costruire per l’ampliamento del balcone

 

Come chiarito in precedenza dalla giurisprudenza (cfr., ad esempio, TAR Campania, Napoli, sez. IV, 28 ottobre 2011, n. 5052), l’ampliamento di un balcone costituisce opera di ristrutturazione edilizia, ai sensi degli artt. 3 e 10 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001), dal momento che realizza un’oggettiva trasformazione della facciata del palazzo, comportante modifica della sagoma, dei prospetti e delle superfici. Il titolo edilizio per la realizzazione di tale intervento risulta, quindi, essere il permesso di costruire e la sanzione per la sua assenza è il ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 33 del citato Testo Unico.

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Permesso di costruire con silenzio-assenso: rimozione

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. II Catanzaro, sent. 24 agosto 2017 n. 1365
Massima: Il silenzio assenso formatosi sulla domanda di permesso di costruire può essere rimosso mediante l’esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del Comune

 

Il silenzio assenso formatosi sulla domanda di permesso di costruire può essere rimosso mediante l’esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del Comune e tale misura di autotutela consente di contemperare il ripristino della legalità con l’esigenza, pure avvertita dal legislatore, di rendere effettivamente praticabile l’istituto del silenzio accoglimento.

Tale atto di autotutela trova la sua disciplina normativa nell’art. 21-nonies Legge n. 241/90, che individua le condizioni per l’esercizio in autotutela, da parte dell’Amministrazione, del potere di annullamento d’ufficio nell’illegittimità dell’atto amministrativo, nella sussistenza di ragioni di interesse pubblico, nell’esercizio del potere entro un termine ragionevole e nella valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati rispetto all’atto da rimuovere.

Diversa distribuzione degli interni: titoli edilizi

Estremi della sentenza: TAR Campania, Napoli, sez. I, sent. 22 agosto 2017, n. 4098
Massima: La diversa distribuzione degli ambienti interni di un appartamento, mediante eliminazione e spostamento di tramezzature è soggetta alla CILA se non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio; viceversa, è necessaria la SCIA

 

La diversa distribuzione degli ambienti interni mediante eliminazione e spostamenti di tramezzature, purché non interessi le parti strutturali dell’edificio, costituisce attività di manutenzione straordinaria che la legge riconduce nella attività edilizia libera, soggetta al semplice regime della comunicazione di inizio lavori originariamente in forza dell’art. 6, comma 2, ed ora dell’art. 6 bis del d.P.R. n. 380/01 che disciplina gli interventi subordinati a C.I.L.A. e le conseguenze della omessa comunicazione, e, pertanto, non giustifica l’irrogazione della sanzione demolitoria che presuppone il dato formale della realizzazione dell’opera senza il prescritto titolo abilitativo (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 14 ottobre 2016, n. 4267).

Quando, invece, questo stesso intervento interessa parti strutturali del fabbricato, allora, ai sensi dell’art. 22, co. 1, lett. a), del d.P.R. n. 380/01 la disciplina applicabile è quella della segnalazione certificata di inizio di attività, la cui mancanza parimenti comporta, di regola, l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria di cui al successivo art. 37.

Permesso di costruire: data di inizio efficacia

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. VIII Napoli, sent. 28 agosto 2017 n. 4126
Massima: Il permesso di costruire viene ad esistenza con la consegna del provvedimento concessorio al richiedente

 

In ordine al momento in cui deve dirsi perfezionato un permesso di costruire, come ricordato dalla giurisprudenza (cfr. TAR Napoli, Sez. VIII, n. 666 del 4 febbraio 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata), posto che la concessione edilizia (oggi permesso di costruire) è un provvedimento amministrativo “recettizio” (che viene, quindi, ad esistenza con la comunicazione agli interessati – cfr. Consiglio di Stato, V, 27 settembre 1996, nr. 1152; cfr. anche TAR Piemonte, Torino, II, 04 novembre 2008, nr. 2749; TAR Piemonte, Torino, I, 01 settembre 2006, nr. 3166), il termine “rilascio”, riferito al titolo edilizio, che si rinviene nel corpo dell’art. 15, comma 2, del D.P.R. 380/2001 (“il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo”), ancorché in prima lettura non appaia univoco, potendo sostanzialmente significare sia “emanazione”, che “consegna” dell’atto, è in realtà ricollegabile alla materiale consegna di questo, essendo tale significato preferibile poiché più rispondente al lessico del legislatore, se si considera che, laddove quest’ultimo avesse voluto fare riferimento alla data della “emanazione” dell’atto, avrebbe usato sinonimi dal più corretto significato tecnico, come “data dell’atto” oppure, “data di adozione” o, più semplicemente “adozione”.

Sempre il significato di “consegna” del titolo, altresì, deve riconnettersi al medesimo termine “rilascio” cui viene fatto riferimento anche nell’art. 12 del D.P.R. 380/2001 (intestato “presupposti per il rilascio del permesso di costruire”).

Pergolato di modeste dimensioni: titolo edilizio richiesto

Estremi della sentenza: TAR Emilia Romagna, sez. Parma, sent. 14 agosto 2017 n. 275
Massima: Il pergolato di modeste dimensioni è un elemento di arredo delle aree pertinenziali degli edifici

 

L’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 prevede che “nel rispetto dei medesimi presupposti di cui al comma 1, previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi: … e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici”.

Un pergolato in legno, realizzato su pianta di m. 4,93 x 2,53, non ancorato al suolo, e dotato di una copertura in lastre e cannette anche queste amovibili poiché solo appoggiate, non richiede un titolo edilizio ma rientra nell’ambito dell’attività edilizia libera.

La posizione espressa trova conferma nella più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha ritenuto la legittimità di simili manufatti aventi struttura in legno ad uso pergolato aperta su più lati ed avente una copertura amovibile poiché inidonee a costituire volume urbanistico (Cons. Stato, Sez. VI, 15 novembre 2016 n. 4711).

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Abuso edilizio: conseguenze del trasferimento dell’immobile

Estremi della sentenza: TAR Lazio, sez. II quater Roma, sent. 10 agosto 2017 n. 9286
Massima: L’illecito edilizio permane nel caso di trasferimento della titolarità del bene

 

L’abuso edilizio ha carattere permanente e l’estraneità non può infatti essere fatta valere dal nuovo proprietario rispetto alle opere abusive realizzate dal precedente proprietario, perché altrimenti ciò equivarrebbe ad eludere l’applicazione della normativa concernente la repressione degli abusi edilizi; ne consegue che l’illecito edilizio permane nel caso di trasferimento della titolarità del bene (T.A.R. Veneto, sez. II,10 giugno 2009, n. 1723; TAR Campania – Napoli, sez. II, 2 maggio 2012, n. 1968).

Sbancamento: decadenza del permesso di costruire

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, sez. I Brescia, sent. 7 agosto 2017 n. 990
Massima: Lo sbancamento di un’area non basta a concretizzare un effettivo inizio lavori idoneo ad evitare la decadenza del permesso di costruire

 

Secondo la giurisprudenza nettamente prevalente del Consiglio di Stato (cfr., per tutte, sez. IV – 10/7/2017 n. 3371), ai sensi dell’art. 15 comma 2 del D.P.R. 380/2001, l’effetto decadenziale si riconnette al mero dato fattuale del mancato avvio dei lavori entro il termine annuale fissato dalla legge, ossia costituisce il riflesso automatico del trascorrere del tempo.

La pronunzia di decadenza del permesso a costruire ha carattere strettamente vincolato all’accertamento del mancato inizio e completamento dei lavori entro i termini stabiliti dalla norma stessa (rispettivamente un anno e tre anni dal rilascio del titolo abilitativo, salvo proroga), ed ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso a costruire per l’inerzia del titolare a darvi attuazione, per cui la decadenza opera di diritto, pertanto non è richiesta l’adozione di un provvedimento amministrativo espresso.

La giurisprudenza amministrativa ha altresì stabilito che “il termine di durata del permesso edilizio non può mai intendersi automaticamente sospeso, essendo al contrario sempre necessaria, a tal fine, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve comunque seguire un provvedimento da parte della stessa Amministrazione, che ha rilasciato il titolo ablativo, che accerti l’impossibilità del rispetto del termine, e solamente nei casi in cui possa ritenersi sopravvenuto un factum principis ovvero l’insorgenza di una causa di forza maggiore (Consiglio di Stato sez. IV, n. 974/2012, cit.)” (Consiglio di Stato, sez. III – 4/4/2013 n. 1870).

L’inizio dei lavori, idoneo ad impedire la decadenza della concessione edilizia, può ritenersi sussistente quando le opere intraprese siano tali da evidenziare l’effettiva volontà di realizzare l’opera; ad avviso della giurisprudenza, non è sul punto sufficiente la sola esecuzione dei lavori di scavo e di sbancamento, senza che sia messa a punto l’organizzazione del cantiere (la cui assenza è, al contrario, ostativa a concretizzare un effettivo inizio dei lavori).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Redazione Tecnica

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