Abusi edilizi su suolo demaniale: due recenti sentenze

Due recenti e utili sentenze sull’abuso edilizio commesso su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici

Mario Petrulli 14/11/22

L’abuso edilizio su suolo demaniale: sull’argomento segnaliamo due recenti sentenze che affrontano alcuni aspetti specifici, il primo dei quali è la diffida prevista dalla norma. Vediamoli.

Una premessa. Come è noto, l’art. 35 del Testo Unico Edilizia [1] disciplina l’ipotesi dell’abuso edilizio commesso su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici, prevedendo, che:

  • qualora sia accertata la realizzazione di interventi in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale o parziale difformità dal medesimo, su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, previa diffida non rinnovabile, ordina al responsabile dell’abuso la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, dandone comunicazione all’ente proprietario del suolo (comma 1);
  • la demolizione è eseguita a cura del comune ed a spese del responsabile dell’abuso (comma 2).

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Secondo quanto affermato dal TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, nella sent. 3 novembre 2022, n. 1940, è legittimo il provvedimento sanzionatorio che contenga in sé anche la diffida[2], posto che il primo comma dell’art. 35 del Testo Unico Edilizia non indica un lasso temporale minimo tra il primo e la seconda, con la conseguenza “che alla diffida può seguire immediatamente l’ordinanza di demolizione senza che il destinatario possa trarre alcun beneficio dalla sua preventiva notificazione né alcuna concreta lesione dalla sua mancanza[3].

Tale conclusione deriva dal fatto che, in base all’art. 35, comma 2, la demolizione viene effettuata direttamente dal Comune a spese del trasgressore; la diffida, quindi, serve unicamente a consentire al privato di provvedere da sé alla demolizione, così evitando l’addebito delle spese sostenute dall’ente locale e, di conseguenza, la diffida contenuta nello stesso ordine demolitorio non contravviene allo spirito della norma, poiché attribuisce al privato un termine per provvedere in proprio prima dell’intervento pubblico.

La seconda pronuncia che segnaliamo è la sent. 3 novembre 2022, n. 1942, del TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, nella quale è stato evidenziato che la semplice realizzazione di un manufatto abusivo sul suolo di proprietà pubblica giustifica l’irrogazione della misura vincolata ex art. 35 del Testo Unico Edilizia (ossia, la demolizione), rivolta a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti da parte di privati, senza che si debba accertare l’epoca di tale realizzazione e senza la possibilità di configurare affidamenti tutelabili alla conservazione di una siffatta situazione d’illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto[4].

La norma subordina l’esercizio del potere alla realizzazione, da parte di soggetti privati, di interventi edilizi abusivi “su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici”. Presupposto per l’adozione del provvedimento è, dunque, la pubblicità del suolo, in disparte che si tratti di area demaniale o appartenente al patrimonio statale o di enti locali. Il fondamento del potere sanzionatorio, infatti, deriva pur sempre da un illecito edilizio, che – se realizzato su suolo pubblico – risulta ancor più grave che se commesso su suolo privato, e non anche da esigenze di salvaguardare specificamente la proprietà demaniale.

Proprio in ragione della gravità dell’abuso, l’unica sanzione prevista è la demolizione, non essendo contemplata alcuna ipotesi alternativa[5], essendo evidentemente preordinata – detta sanzione – ad evitare l’indebito utilizzo del bene di proprietà pubblica.

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L’art. 35, quindi, non lascia all’Ente locale alcun margine per valutazioni discrezionali[6]: una volta accertata la realizzazione di interventi eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire sui suoli pubblici, impone di ordinarne la demolizione a cura del Comune ed a spese del responsabile dell’abuso. In sostanza l’abuso, se commesso ai danni del suolo pubblico, risulta essere ancora più grave che se commesso su suolo privato.

Pertanto, dall’abusività dell’opera scaturisce, con carattere vincolato, l’ordine di demolizione, che in ragione di tale sua natura non esige una specifica motivazione o la comparazione dei contrapposti interessi, né deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento o tener conto del lasso di tempo intercorso[7].

L’ordinanza di demolizione deve essere indirizzata esclusivamente nei confronti del responsabile dell’abuso, e non anche nei riguardi dell’ente pubblico proprietario dei terreni[8].

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In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Consigliamo

 

[1] DPR n. 380/2001.

[2] TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 5 aprile 2022, n. 599.

[3] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 5 luglio 2019, n. 4662; sez. VI, sent. 31 maggio 2017, n. 2618.

[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 3 gennaio 2019, n. 85; sez. V, sent. 21 aprile 2016, n. 1580.

[5] TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 5 ottobre 2020, n. 4266.

[6] TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 13 ottobre 2022, n. 678; sent. 27 maggio 2021, n. 486.

[7] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 27 luglio 2022, n. 2155; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 28 aprile 2014, n. 2196.

[8] TAR Molise, sez. I, sent. 10 agosto 2021, n. 301: “[…] il legislatore, con l’art. 35 cit., individua il soggetto legittimato passivo della sanzione edilizia unicamente nel responsabile dell’abuso, a differenza di quanto accade per gli abusi commessi in aree di proprietà privata, dove la sanzione demolitoria può essere irrogata anche al proprietario non responsabile (cfr. Cons. Stato, n. 2558 del 2021). Tale conclusione è conforme all’interpretazione della giurisprudenza, la quale ha chiarito, appunto, quanto segue: “il proprietario dell’immobile rientra nell’ambito dei soggetti passivi delle sanzioni urbanistico edilizie. Solo nella particolare ipotesi relativa alla sanzione degli abusi realizzati sul demanio e sui beni appartenenti al patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il proprietario è esonerato totalmente dal coinvolgimento nel procedimento sanzionatorio. In questi casi specifici le sanzioni demolitorie possono essere legittimamente irrogate unicamente nei confronti del responsabile dell’abuso” (in questi termini, Cons. Stato, n. 2211 del 2015). Ai fini dell’applicazione dell’art. 35 del d.P.R. n. 380 del 2001 costituisce, dunque, requisito necessario quello dell’imputabilità, al destinatario del provvedimento repressivo, dell’esecuzione dell’opera abusiva.

Immagine: iStock/Media Raw Stock

Mario Petrulli

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