I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera “frazionata” e debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato, solo così potendosi comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione (>> ne abbiamo parlato anche in questo articolo). Due recenti sentenze ne offrono ulteriore conferma.
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Il TAR Piemonte, sez. II, nella sent. 26 giugno 2023, n. 633, si è occupato della legittimità di un’ordinanza di demolizione di una tettoia su platea in calcestruzzo chiusa con paramenti murari, posta a protezione di roulotte, con ampliamento a rustico di nuovo vano, e di una baracca da cantiere.
I giudici hanno negato la tesi della proprietaria, secondo cui le opere richiedeva il permesso di costruire, con la conseguenza che non potevano soggiacere alla sanzione demolitoria; ed infatti, si trattava di opere adibite ad un uso stabile e permanente, funzionali all’uso abitativo, e nel loro insieme, di rilevante impatto sul territorio e destinate ad un utilizzo persistente nel tempo.
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Il tribunale ha ricordato che gli abusi edilizi devono essere valutati nel loro insieme, rilevando la loro interferenza complessiva sul territorio, e non è consentita una loro atomizzazione: “la valutazione degli abusi contestati va fatta prendendo in considerazione una visione complessiva e non atomistica di quanto realizzato, non essendo consentito scomporre o frazionare i singoli interventi al fine di affermarne l’assoggettabilità a una diversa sanzione o la sanabilità, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni” (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 18 ottobre 2022, n. 8848; TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 5 aprile 2022, n. 2334).
Pertanto, i manufatti in questione avevano assunto nell’insieme una fisionomia e un impatto tali da rendere necessario il previo rilascio del permesso di costruire, nel caso di specie mancante, talché risulta appropriata la sanzione demolitoria, ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001).
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Ulteriore conferma del citato indirizzo giurisprudenziale si è avuta nella sent. 29 giugno 2023, n. 1584, del TAR Campania, Salerno, sez. III, nella quale è stato ribadito che non può accedersi ad una parcellizzazione degli abusi contestati, in conformità col consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è ragione di discostarsi, secondo cui “in materia di abusi edilizi non è prospettabile una valutazione atomistica degli interventi allorché gli stessi facciano parte di un disegno sostanzialmente unitario di realizzazione di una determinata complessiva opera, risultante priva di titolo, derivandone che i singoli abusi eseguiti vanno riguardati nella loro interezza e, proprio perché visti nel loro insieme, possono determinare quella complessiva alterazione dello stato dei luoghi che legittima la sanzione applicata e persuade della sua appropriatezza e proporzionalità rispetto a quanto realizzato” (ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, sent. 12 giugno 2023, n. 9990; sez. II, sent. 16 marzo 2023, n. 4604; TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 3 gennaio 2023, n. 67; Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 1° marzo 2023, n. 2119).
Applicando tali coordinate ermeneutiche nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto legittima l’ordinanza di demolizione di fronte ad un complesso disegno edilizio con cui l’interessata, tramite una serie di interventi nel tempo (fra cui: realizzazione di un porticato costituto da due pilastri in c.a.; chiusura con muratura al primo piano di un terrazzo; chiusura in muratura di parte del balcone al primo piano; realizzazione di un terrazzo al primo piano), aveva determinato la radicale trasformazione dell’organismo edilizio esistente al momento delle domande di condono, con aumenti di superficie e di volume non trascurabili.
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In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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[1] Ex multis, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 15 aprile 2022, n. 2885; TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 1° marzo 2019, n. 1154; TAR Toscana, sez. III, sent. 27 maggio 2021, n. 812; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 4 dicembre 2020, n. 852; TRGA Trentino-Alto Adige, Trento, sent. 27 ottobre 2020, n. 181; TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 11 marzo 2020, n. 1112; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 27 febbraio 2020, n. 257.
Immagine: iStock/solidcolours
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