Abusi edilizi, silenzio-assenso della Pa non blocca la demolizione

Il silenzio-assenso della Pa sulla domanda di sanatoria non è sufficiente per determinare il dovere del giudice dell’esecuzione a revocare o a sospendere l’ordine di demolizione emesso dal giudice di merito con una sentenza definitiva

Non è sufficiente che si verifichi il silenzio-assenso da parte della Pubblica Amministrazione in merito alla domanda di sanatoria, per determinare il dovere del giudice dell’esecuzione a revocare o a sospendere l’ordine di demolizione emesso dal giudice di merito con una sentenza definitiva, a proposito di una questione riguardante abusi edilizi. Questo è il contenuto della sentenza n. 55028 depositata ieri dalla Corte di Cassazione.

Abusi edilizi, è necessario il rilascio della concessione o del permesso di costruire in sanatoria

La sentenza n. 55028 della Corte di Cassazione ribadisce che la presentazione della domanda di sanatoria in riferimento ad abusi edilizi commessi, se è seguita solo dal silenzio-assenso dell’amministrazione locale, non determina il fatto che il giudice sia obbligato a emanare la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione già impartito dal giudice di merito con sentenza definitiva. Quindi la sola presentazione della domanda di sanatoria non è sufficiente per bloccare la demolizione, la Corte di Cassazione sottolinea che, per limitare il sindacato del giudice, occorre che venga rilasciata la concessione o il permesso di costruire “in sanatoria”. In tal caso, il reato edilizio si estingue e il giudice può limitarsi solo alla verifica della conformità delle opere oggetto della sanatoria al titolo abilitativo.  In caso contrario, il giudice dell’esecuzione è tenuto a prendere in esame la domanda di sanatoria che è stata presentata con lo scopo di regolarizzare e conservare le opere abusive, sia sotto l’aspetto formale che sostanziale, ed è quindi chiamato a pronunciarsi anche sull’ordine di demolizione emanato dal tribunale con sentenza definitiva, in quanto spetta al giudice medesimo decidere se i manufatti abusivi in oggetto vanno mantenuti o demoliti.

Abusi edilizi, il giudice deve verificare la validità del titolo abilitativo

Il ricorrente aveva presentato ricorso in quanto riteneva che il giudice dell’esecuzione avesse superato la soglia dei propri poteri e avesse invaso la sfera di competenza dell’amministrazione locale. La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile tale ricorso, in quanto «il giudice dell’esecuzione, in presenza di una domanda di sanatoria non deve limitarsi a prenderne atto ai fini della sospensione o della revoca dell’ordine di demolizione, impartito con la sentenza di condanna, ma deve esercitare il potere-dovere di verifica della validità ed efficacia del titolo abilitativo, valutando la sussistenza dei presupposti per l’emanazione dello stesso e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio oltre, ovviamente, alla rispondenza di quanto autorizzato con le opere destinate alla demolizione, con l’ulteriore precisazione che il rispetto dei principi generali fissati dalla legislazione nazionale richiesto per le disposizioni introdotte dalle leggi regionali riguarda anche eventuali procedure di sanatoria».

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Abusi edilizi, prevale il Testo Unico Edilizia rispetto alla norma regionale

Secondo la tesi sostenuta dal ricorrente, la regolarizzazione delle opere abusive, in base alla Legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, sarebbe stata raggiunta con il passare del tempo, dopo la presentazione della sua domanda di sanatoria riguardante opere qualificate come “precarie” e “già esistenti” e ciò avrebbe determinato il cambiamento della situazione giuridica che stava alla base dell’ordine di demolizione.

La Corte di Cassazione, invece, ratifica l’operato del giudice dell’esecuzione e convalida la sua decisione di privilegiare il Testo unico dell’edilizia rispetto alla normativa regionale, nella valutazione della validità del silenzio-assenso della Pa e dell’esatto momento in cui si considera estinto un abuso edilizio. Infine, reputa legittimo il giudizio di merito contemplato nella sentenza impugnata, in base al quale le opere non potevano essere considerate “precarie”, nemmeno applicando il criterio funzionale e non strutturale che viene adottato dalla Regione siciliana, in casi eccezionali, poiché non si può interpretare in senso lato.

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Redazione Tecnica

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