“Il Consiglio dei ministri ha approvato una legge delega sulla revisione del codice degli appalti, la semplificazione del processo civile e del codice del lavoro”. È questo il contenuto del comunicato del vice premier Luigi Di Maio pubblicato su Facebook. È stato approvato il disegno di legge che comprende la delega che conferisce al Governo la facoltà di riformare anche il Codice Appalti entrato in vigore ad aprile 2016, che sta bloccando gli investimenti. Viene attribuito il mandato al Governo a riformare il codice entro un anno, con la possibilità di apportare correttivi entro due anni dall’entrata in vigore.
Codice Appalti, abolito Sistri e registro unico del lavoro
Di Maio ha chiarito che occorre eliminare un terzo delle norme e che il Governo si è fatto attribuire una delega che creerà anche il codice unico del lavoro, mentre taglierà tutto ciò che ne non serve delle norme del codice degli appalti, e ha aggiunto: “i processi civili sono troppo lunghi, revisioneremo il processo civile così, quando le imprese avranno dei contenziosi potranno avere una sentenza in poco tempo”.
Ha inoltre evidenziato che, con il decreto, si provvede ad abolire il Sistri “che in realtà non ha mai tracciato i rifiuti ma ha reso la vita un inferno a tante imprese” e anche il registro unico del lavoro definito come “un adempimento telematico che avrebbe creato solo problemi a imprenditori e professionisti”.
Il decreto riporta come primo articolo la “legge Bramini” rivolta agli imprenditori che attendono denaro dallo Stato e non l’hanno ancora ricevuto. Di Maio nel comunicato aggiunge che gli imprenditori “avranno agevolazioni dallo Stato, e se sono in ritardo con i pagamenti il Fondo di garanzia dello Stato garantirà i pagamenti, per non far saltare i conti dell’azienda”. Ed infine conclude assicurando: “entreranno tante altre norme di semplificazione. Abbiamo avviato un tavolo con le imprese, ci saranno tavoli tecnici al Mise, per cancellare un’altra serie di adempimenti inutili che servivano solo a dare la ragione di esistere a tanti enti inutili”.
Codice Appalti, resta la norma sull’illecito professionale.
In merito alla riforma del Codice Appalti, sembra siano maturate perplessità del Quirinale sull’effettiva urgenza delle correzioni sugli appalti che vi erano inserite e così il pacchetto di correzioni immediate al codice sono state stralciate dal testo del decreto. Permane, nel testo stesso, solo una norma sul cosiddetto illecito professionale, o meglio una piccola correzione che si riferisce alle esclusioni dalle gare delle imprese che hanno macchie, cioè gravi illeciti professionali o carenze nell’esecuzione di precedenti contratti, nel proprio curriculum, per evitare di mettere gli appalti in mani giudicate poco affidabili. Suddetta norma tutela le stazioni appaltanti e rappresenta, a parere del Governo, la garanzia della “piena coerenza delle norme interne in tema di partecipazione alle gare con il contesto europeo”.
Il vice premier parlando del decreto nella diretta Facebook ha sottolineato che sarà possibile l’inserimento di altre norme di semplificazione che per ora “non vedete nel decreto perché non potevano entrarci subito” e che l’art. 3, che contiene le misure su imprese e lavoro, verrà probabilmente integrato in Parlamento, tramite gli emendamenti che verranno presentati in sede di conversione.
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Codice Appalti, cancellato il pacchetto di correzioni immediate
Il Governo prende tempo sulla riforma del Codice Appalti e stralcia il pacchetto di correzioni che contiene le misure di snellimento delle gare pubbliche finalizzate a favorire gli investimenti.
Tale rinvio solleva le proteste da parte dei costruttori che non nascondono la delusione per la decisione di posticipare tali norme ideate per provocare un’accelerazione con effetto immediato sugli investimenti a partire dagli appalti per le piccole e medie opere pubbliche.
Dal canto suo, il presidente dell’Ance Gabriele Buia così commenta: “Ci aspettavamo un segnale importante per far ripartire il Paese, che invece ancora una volta viene rimandato a data da destinarsi. Non è così che possiamo convincere l’Europa, ma soprattutto non è così che possiamo far fronte alle necessità di un Paese che ha un gap infrastrutturale di 84 miliardi e che necessita di immediati interventi di messa in sicurezza e manutenzione del territorio”.
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