Ordinanza di demolizione abusi edilizi: le caratteristiche, in due recenti sentenze

La repressione degli abusi edilizi è materia sempre presente nel contenzioso fra ufficio tecnico comunale e cittadini: due recenti sentenze su alcuni aspetti che potrebbero essere fonte di dubbi.

Mario Petrulli 10/06/24

La repressione degli abusi edilizi è materia sempre presente nel contenzioso fra ufficio tecnico comunale e cittadini. In questa occasione segnaliamo due recenti sentenze su alcuni aspetti che potrebbero essere fonte di dubbi operativi.

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La motivazione che deve sorreggere l’ordinanza di demolizione

Il TAR Basilicata, sez. I, nella sent. 7 maggio 2024, n. 240, dopo aver ricordato che, in materia di repressione degli abusi edilizi, la giurisprudenza è ferma nell’escludere un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso non legittima affatto[1], ha evidenziato che l’ordine di demolizione è sufficientemente motivato con il semplice riferimento al fatto storico dell’esistenza della costruzione e al dato giuridico del suo carattere abusivo[2].

Stante la pacifica natura abusiva delle opere, al riguardo, è sufficiente richiamare il principio affermato dall’Adunanza Plenaria, secondo la quale “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso neanche nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino[3].

La comunicazione di avvio del procedimento

I giudici lucani hanno anche ribadito[4] che l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive non deve essere preceduto dall’avviso ex art. 7[5] della Legge n. 241/1990, trattandosi di un atto dovuto, che viene emesso quale sanzione per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia, l’abuso, di cui l’interessato deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo.

Il termine per adempiere inferiore ai 90 giorni

Il TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, nella sent. 1° marzo 2024, n. 4155, ha ribadito che l’assegnazione di un termine inferiore a 90 giorni per l’ottemperanza all’ordine di demolizione non ne determina l’illegittimità, risolvendosi in una violazione meramente formale non lesiva per l’interessato, il quale conserva comunque un termine non inferiore a quello di legge per ottemperare all’ingiunzione[6].

In altri termini, l’assegnazione di un termine inferiore a quello di legge (previsto in 90 giorni dall’art. 31, comma 3[7], del Testo Unico Edilizia) non produce altro effetto se non quello di precludere temporaneamente, ovvero sino alla scadenza dei novanta giorni, l’acquisizione gratuita del manufatto abusivo al patrimonio del comune[8].

Note

[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 novembre 2022, n. 10360 e sent. 19 marzo 2021, n. 2380.
[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 12 febbraio 2019, n. 1014.
[3] Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. 17 ottobre 2017, n. 9.
[4] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 21 dicembre 2020, n. 8204: “L’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge per reprimere un abuso edilizio; inoltre, il presupposto di fatto del provvedimento di demolizione, ossia l’abuso, costituisce un elemento di cui il ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo (Consiglio di Stato, sez. VI, 5 giugno 2017, n. 2681; id., 25 febbraio 2019, n. 1281; Sez. II, 26 giugno 2019, n. 4386).
La natura vincolata del provvedimento di demolizione comporta, in ogni caso, l’applicazione anche dell’art. 21 octies, secondo comma, prima parte, della legge n. 241 del 1990, per cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato””.
[5] Art. 7 – Comunicazione di avvio del procedimento
1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.
[6] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 8 luglio 2011, n. 4102; sez. V, sent. 24 febbraio 2003, n. 986.
[7] 3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
[8] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 26 luglio 2022, n. 6594.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

Mario Petrulli

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