Danni da incendio e infiltrazioni all’appartamento dell’ultimo piano: non sempre è responsabile il condominio

Un recente sentenza chiarisce i confini tra responsabilità da custodia e colpa della ditta incaricata ad eseguire lavori di manutenzione: quando il condominio risponde e quando prevale la condotta negligente della ditta.

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, disciplinata dall’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo e, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato.

Non assume rilievo, quindi, la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza. La funzione della suddetta norma è quella di imputare la responsabilità a chi, di fatto, si trova nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa. Vediamo quando la responsabilità è esclusa e un recente caso concreto.

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Esclusione di responsabilità

Tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode, bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno imprevedibile e inevitabile (un comportamento dello stesso danneggiato o un evento atmosferico eccezionale).

Il condominio è responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., per i danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dalle parti comuni subiti da un condomino. Se però le conseguenze dannose non sono derivate da un bene comune (ad es. il tetto con eventuali anomalie potenzialmente lesive) bensì da una condotta umana colposa di terzi il condominio non risponde dei danni subiti da un condomino. A tale proposito si segnala una recente decisione del Tribunale di Milano (sentenza 6 marzo 2025 n. 6221).

La vicenda

In un condominio (nel 19 novembre 2018) si sviluppa un incendio sul tetto condominiale che danneggia l’appartamento del condomino all’ultimo piano dello stabile. La causa dell’incendio viene individuata nell’uso imprudente di un cannello a gas da parte di un operaio della ditta incaricata di eseguire i lavori di rifacimento del tetto.

Oltre ai danni provocati dalle fiamme, l’appartamento subisce ulteriori deterioramenti a causa dell’acqua utilizzata dai Vigili del Fuoco per lo spegnimento dell’incendio, che causa infiltrazioni e compromette le strutture interne. La situazione si aggrava nei mesi successivi, quando nuove infiltrazioni compaiono a seguito delle precipitazioni (nel settembre 2019), rendendo ancora più evidente il deterioramento dell’immobile.

Di fronte a questi eventi, il danneggiato decide di avviare una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. Il procedimento si conclude con il deposito della relazione tecnica nel dicembre 2020, fornendo un quadro dettagliato delle conseguenze dell’incendio e delle infiltrazioni. Successivamente il danneggiato cita in giudizio il condominio e la ditta incaricata dei lavori chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti, con particolare riferimento ai costi da sostenere per il ripristino dell’immobile, quantificati in circa 45.000 €, oltre al danno morale da liquidare in via equitativa.

Nell’ambito del procedimento, la documentazione raccolta (in particolare il verbale dei Vigili del Fuoco) conferma che l’incendio del 19 novembre 2018 è stato causato dall’uso imprudente di un cannello a fiamma libera da parte di un operaio della ditta incaricata dei lavori di rifacimento del tetto. Le fiamme si sono rapidamente propagate, coinvolgendo una vasta area della copertura condominiale. Successivamente, la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) ha accertato che l’appartamento dell’attore ha subito infiltrazioni e deterioramenti, tra cui la formazione di muffe, a causa del percolamento dell’acqua utilizzata dai Vigili del Fuoco per spegnere l’incendio. Circa un anno dopo, l’appartamento ha riportato ulteriori danni da infiltrazioni, questa volta dovuti alle precipitazioni del settembre 2019. Il CTU ha individuato la causa di questi nuovi deterioramenti nella scarsa qualità dei lavori di ripristino del tetto, eseguiti dalla stessa ditta che aveva originariamente effettuato l’intervento.

La decisione

Il Tribunale ha evidenziato che la responsabilità per i danni patiti dall’attore in conseguenza sia dell’incendio sia delle ulteriori infiltrazioni (per l’acqua impiegata dai Vigili del Fuoco) era ascrivibile all’impresa appaltatrice. Tali danni, infatti, non sono derivati da una cosa in custodia del condominio (il tetto con eventuali anomalie potenzialmente lesive) bensì da una condotta umana colposa (quella dell’addetto dell’impresa che ha negligentemente e con imperizia usato un cannello a gas): in altre parole non si è nell’ambito non di una responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. bensì di una responsabilità “ordinaria” per condotta colposa ex art. 2043 c.c.

Del resto non è emerso che il condominio abbia affidato i lavori ad impresa del tutto inadeguata ovvero si fosse ingerito nei lavori al punto da ridurre l’appaltatore a mero nudus minister. Il giudice lombardo però ha ritenuto il condominio, responsabile, in solido col la ditta dei danni derivanti dalle successive infiltrazioni occorse nel settembre 2019 “a seguito di un forte temporale”. In questo caso i danni sono derivati da un bene in custodia, cioè dal tetto non riparato a regola d’arte. Il Tribunale ha precisato che la ditta si era già resa responsabile dell’incendio nel 2018: ciò avrebbe dovuto indurre il condominio ad affidare ad altri i lavori di ripristino.

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Giuseppe Bordolli

Mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari, è esperto di Diritto immobiliare con pluriennale esperienza in attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. È collaboratore del Quotidiano condomini…Continua a leggere

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