Sembra che più del 48% delle nuove p.iva 2019 abbia aderito al forfettario. Fenomeno passeggero? Forse, intanto i dati dicono che è il numero è pari al 35,8% in più nel 2° trimestre 2019 (rispetto all’anno precedente). Che di moda si tratti, forse, ma intanto due motivi validi del successo potrebbero essere la nuova soglia, che ha alzato l’asticella dai 30.000 ai 65.000 euro di limite per i ricavi, e il non obbligo della fatturazione elettronica per questo regime.
Ma vediamo con attenzione le ragioni di questo trend! Conviene davvero?
Nuove p.iva, il forfetario piace a molti, perché?
Secondo i risultati presentati nella sintesi pubblicata dal dipartimento Finanze del Ministero dell’economia (Mef), nel secondo trimestre del 2019 sono state aperte 136.323 nuove partite Iva, di cui 66.126 hanno aderito al regime forfetario, ovvero 48.5% del totale delle nuove aperture.
A ragione del Mef, ciò è dovuto alle modifiche delle nuove norme introdotte con la Legge di Bilancio 2019, che ha elevato a 65mila euro il limite di ricavi per fruire del regime forfetario.
Ricapitoliamo: cosa prevede il regime forfetario?
Ne abbiamo parlato approfonditamente qui: Regime forfettario e Flat Tax, spiegati bene
In ogni caso ricordiamo che il nuovo regime forfettario prevede un’imposta sostitutiva unica al 15% ai contribuenti che hanno conseguito nell’anno precedente ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un massimo di 65.000 euro. Si tratta di un tetto unico, valido per tutte qualunque tipo di attività il contribuente abbia svolto.
Inoltre, cosa da non poco: coloro che optano per il nuovo regime forfettario sono esentati dall’obbligo di fatturazione elettronica.
Chi non può “godere” dei benefici del forfetario?
Non possono avvalersi del regime forfetario “gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte”. Questo implica che chi possiede quote in società di persone, associazioni e imprese professionali non può usufruire del nuovo regime.
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Nemmeno “le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro”.
La norma intende infatti evitare un incentivo indiretto alla trasformazione di rapporti di lavoro dipendente in altre forme contrattuali che godono dell’agevolazione.
Nuove p.iva, ecco i dati del Mef
Gli avviamenti vedono da un lato un aumento con le persone fisiche (73.5%), con un incremento di avviamenti pari al 7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente;
mentre le forme societarie mostrano significative flessioni (-9% le società di capitali e -15.6% le società di persone).
Dove sono le aperture maggiori e per quali fasce di età?
Circa il 43% delle nuove aperture si è effettuato al Nord, il 21,8% al Centro e il 35% al Sud e Isole.
Osservando invece il settore produttivo, il commercio sembra essere il più gettonato con il maggior numero di aperture di partite Iva con il 19.7% sul totale, seguito dalle attività professionali (16.8%) e dall’agricoltura (10.6%). Rispetto al secondo trimestre 2018, tra i settori principali i maggiori aumenti si notano nell’istruzione (+23,1%), nelle attività professionali (+17.8%) nell’edilizia e nelle attività finanziarie (+10.7%).
Ben il 44.4% è stato avviato da giovani fino a 35 anni e il 32.8% da persone appartenente alla fascia di età dai 36 ai 50 anni; rispetto allo stesso periodo del 2018 tutte le classi di età registrano incrementi di aperture il più consistente dei quali si riscontra nella classe da 51 a 65 anni con il +14.6%.
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