Alla faccia della legge sull’equo compenso, è stato ancora mortificato il lavoro intellettuale dei professionisti: pubblicato un altro bando di consulenza a titolo gratuito. È successo a Menfi (Agrigento): il Comune ha pubblicato un avviso per il conferimento di un incarico gratuito di consulenza esterna per assistenza tecnica per l’accesso ai fondi FEASR e attività di animazione socio-economica nel territorio comunale per l’accesso ai fondi del GAL “Valle del Belice”.
Equo compenso: c’è una normativa!
Il Comune dimentica così l’art. 19-quaterdecies del D.L. n. 148/2017, convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, che ha introdotto l’equo compenso. L’ha introdotto con colpevole ritardo dopo anni di discussioni, ma l’ha introdotto come legge, e teoricamente andrebbe rispettata. Il Comune inoltre va in rotta con l’art. 24, commi 8, 8-bis e 8-ter del Codice degli appalti (50/2016), che dicono:
- il comma 8: i corrispettivi (i cui parametri sono nel Decreto 17 giugno 2016, in Gazzetta il 27 luglio successivo e in vigore lo stesso giorno) sono utilizzati dalle stazioni appaltanti quale criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento;
- il comma 8-bis: le stazioni appaltanti non possono subordinare la corresponsione dei compensi relativi allo svolgimento della progettazione e delle attività tecnico-amministrative ad essa connesse all’ottenimento del finanziamento dell’opera progettata;
- il comma 8-ter: nei contratti aventi ad oggetto servizi di ingegneria e architettura la stazione appaltante non può prevedere quale corrispettivo forme di sponsorizzazione o di rimborso, ad eccezione dei contratti relativi ai beni culturali, secondo quanto previsto dall’articolo 151.
Equo compenso: la furbizia che vince sulla legge
Ma il Comune di Menfi non se n’è preoccupato. Andiamo avanti così. Si attende un intervento delle Associazioni di categoria per il ritiro di questo nuovo bando. Sicuramente verrà ritirato, ma il problema rimane. Evidentemente la legge non basta, si tratta di una mentalità e un modo di pensare difficili da sconfiggere. Il bando va contro la legge ma il problema più grande è la riduzione in ridicolo del lavoro dei professionisti e l’umiliazione di attribuire valore zero alla loro prestazione.
Chi indice questi bandi approfitta di una specie di abitudine diffusa, sfrutta il cono d’ombra che si è venuto a creare, quello in cui si spera di non rispettare la legge, come del resto ci insegna il Ministro degli Interni (ormai candidato premier alle prossime elezioni). È un’abitudine nata prima della legge 172/2107, alimentata in generale dalla politica, ed è dura a morire. Sembra quasi che lo facciano per gioco, per divertirsi.
Te li immagini che dicono “Ma si, dai, chi se ne frega, pubblichiamolo sto bando, tanto al massimo poi ce lo fanno ritirare. Ma se non ce lo fanno ritirare, sai poi che vantaggi?“. Sanno che dovranno ritirare il bando, ma ci provano lo stesso, tanto poi non pagano le conseguenze delle loro azioni. Il fatto è che se per caso non glielo fanno ritirare, c’è sempre qualcuno disposto ad accettare il “lavoro”, e allora tutti i discorsi fatti sulla difesa delle professione perdono efficacia.
Equo compenso: cos’era successo?
Le associazioni professionali erano insorte. E a dire il vero lo slogan (o hashtag, che dir si voglia) #iononlavorogratis potrebbe raccogliere sotto la sua ala chiunque, anche chi non è etichettato come “professionista”. In fondo, chi vuole lavorare senza compenso? Anche la norma prevista dalla legge di Bilancio 2018 firmata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze era stata categorica nell’imporre alle pubbliche amministrazioni di garantire che le prestazioni professionali fossero equamente retribuite. E allora perché le associazioni si erano mobilitate richiedendo la firma di una petizione? Vediamolo insieme qui.
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