In ambito condominiale le piscine, almeno secondo la giurisprudenza, non costituiscono mai parti necessarie per l’esistenza o per l’uso delle unità abitative, né destinate al loro uso o servizio.
In altre parole ad avviso dei giudici, anche senza queste strutture, i caseggiati esisterebbero ugualmente e i condomini potrebbero vivere tranquillamente nelle loro abitazioni (Cass. 3 ottobre 2003, n. 14791; Cass. 7 luglio 2000, n. 9096). Tale conclusione non potrebbe cambiare neppure in relazione ad un supercondominio, cioè nel caso di piscina comune non ad un singolo fabbricato, ma ad un complesso di edifici condominiali.
Tuttavia è frequente che tali impianti per volontà del costruttore (che li menziona nei regolamenti accettati da tutta la collettività) siano parti comuni condominiali, al pari del tetto, della facciata e degli altri beni o impianti menzionati dall’articolo 1117 c.c..
Del resto si tratta di beni che, oltre ad aumentare il valore del complesso immobiliare e, conseguentemente delle unità immobiliari, possono risultare la ragione fondamentale che ha spinto il singolo condomino ad acquistare una proprietà nel complesso edilizio.
Il problema è che alcuni condomini non vogliono o non possono usare tale “fonte di divertimento estivo” e, conseguentemente, richiedono di essere esonerati dal pagamento delle spese di un bene che ritengono totalmente inutile.
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Uso potenziale della piscina condominiale
Un condomino, in quanto comproprietario delle cose oggetto di proprietà comune, è tenuto, a norma dell’art. 1123, primo comma, c.c., a contribuire, in misura proporzionale al valore della sua proprietà esclusiva, nelle spese necessarie per la conservazione delle parti e delle strutture comuni dell’edifico, cioè nelle spese che siano necessarie per mantenere la “parte comune” dell’edificio nello stato in cui si trova e nelle condizioni richieste perché essa possa fornire ai condomini la sua peculiare utilità.
In particolare, in applicazione dell’articolo 1123 c.c., comma 1, non bisogna considerare il godimento effettivo, bensì il godimento potenziale che il condomino può ricavare dalla cosa comune, atteso che quella del condomino è un’obbligazione propter rem che trova fondamento nel diritto di comproprietà sulla cosa comune; di conseguenza se un condomino, potendo godere della cosa comune, di fatto non la utilizza, non è esonerato dall’obbligo di pagamento delle spese suddette.
Questo principio vale anche per il condomino che non ama la piscina o per quello che, pur potendola utilizzare, non frequenta detta struttura perché non è capace a nuotare o è allergico al cloro o si è costruito una piscina nel giardino di proprietà esclusiva o sul lastrico di proprietà esclusiva: in tale ipotesi, infatti, l’uso potenziale è innegabile.
Si consideri che, secondo la Cassazione, si può rinunciare a quegli impianti condominiali che devono essere considerati superflui in relazione alle condizioni obiettive e alle esigenze delle moderne concezioni di vita oppure illegali perché vietati da norme imperative (Cass. civ., sez. II, 27/04/1991, n. 4652). Così, ad esempio, si può rinunciare all’impianto di autoclave in presenza di un servizio idrico pubblico efficiente, o al pozzo nero perché in contrasto con le prescrizioni di legge; questo ragionamento, però, non può essere fatto per una piscina o un campo da tennis all’interno di un condominio o di un supercondominio – villaggio turistico.
Piscina comune e ripartizione delle spese
Alla luce delle considerazioni precedenti, si può affermare che, in linea generale, nessun condomino può sottrarsi al pagamento delle spese condominiali anche nel caso in cui non usufruisca dei relativi servizi, a meno che, ovviamente, non vi sia una specifica delibera dell’assemblea assunta con il consenso di tutti gli altri condomini (situazione possibile solo nei condomini orizzontali costituiti da un numero ridotto di villette a schiera) o esista una clausola di natura contrattuale del regolamento che escluda alcuni particolari condomini (ad esempio i proprietari dei negozi) dal pagamento di tutte le spese per l’impianto in questione (>> approfondisci con il volume Guida alla ripartizione delle spese condominiali !).
Il regolamento di condominio potrebbe, però, prevedere che i costi relativi all’utilizzo vengano ripartiti secondo criteri diversi, anche prevedendo l’esenzione per i condomini che non usufruiscono degli impianti. Del resto, generalmente i costi vengono suddivisi in due categorie: costi fissi, relativi alla manutenzione ordinaria, da porre comunque a carico di tutti in condomini in proporzione ai millesimi di proprietà (generalmente riportati in Tabella “A”) e costi variabili, relativi all’uso degli impianti.
In ogni caso, sarebbe opportuno che la delibera assembleare che ripartisce i costi provveda anche alla determinazione dei costi a carico del proprietario e dell’inquilino ovvero del nudo proprietario e dell’usufruttuario. Infine merita di essere sottolineato che se la piscina è condominiale, l’amministratore, per fare eseguire ai dipendenti o agli incaricati, le attività di manutenzione, deve osservare le norme di sicurezza del lavoro previste dal Dlgs 81/2008.
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista.
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