Gli archi riescono a dare vita a degli orizzontamenti, pur in presenza di materiali che non resistono a trazione, e quindi a flessione. Questa possibilità nasce dal fatto che gli elementi costituenti (mattoni) sono compressi gli uni contro gli altri in modo che la curva delle pressioni possibilmente non esca dal nocciolo centrale d’inerzia della sezione voltata.
Tale compressione la si ottiene caricando la volta superiormente attraverso del materiale, che spesso è fatto di terra.
Tale carico, da una parte risulta ottimale ai fini di una curva delle pressioni che garantisca l’assenza di trazioni, dall’altra, però rappresenta una massa elevata, che in caso di azioni sismiche, genera elevate azioni d’inerzia.
Pertanto abbiamo la necessità di ridurre tale massa ma anche di avere un presidio che conservi la forma della volta e garantisca il carico necessario per avere la compressione tra gli elementi costituenti la volta stessa. Un metodo ottimale è quello di adottare un materiale più leggero, ad esempio argilla espansa sotto forma di granuli e legare tali granuli con adatta boiacca.
Se al materiale di riempimento si aggiungono dei frenelli, che garantiscono il mantenimento della forma arcuata anche in presenza di carichi disimmetrici, la cosa risulta ancora più efficace. Nelle ristrutturazioni di fabbricati esistenti, specie quelli datati, è sempre buona cosa procedere con questa tecnica, in modo da ridurre le masse sismiche e inoltre, al momento dello svuotamento della volta, si può meglio esaminare lo stato di conservazione per poi procedere con delle attività di consolidamento della volta stessa.
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Consolidamento e rinforzi FRP: quando utilizzarli?
Negli ultimi tempi vengono impiegati, per volte, cupole e archi, anche materiali compositi come le fibre di carbonio o di vetro.
Tali materiali, tuttavia, pongono dei problemi, sia per la loro difficoltà di lavorare ad alte temperature sia per la difficoltà di aderire alla struttura muraria: infatti, si hanno seri problemi di delaminazione. Le fibre offrono elevata resistenza a trazione e nessuna resistenza a compressione, pertanto si hanno due possibilità per la loro applicazione su superfici voltate.
La prima consiste nel dare resistenza a trazione tramite l’uso di rinforzi FRP e lasciare la resistenza a compressione alla muratura. In tal caso si ottiene una struttura dotata di resistenza flessionale. Verosimilmente si utilizza la fibra solo dove si ha necessità di resistere a trazione e da una sola parte della superficie voltata.
La seconda possibilità è quella maggiormente adottata, in quanto spesso le volte, per esigenze estetiche o architettoniche, devono rimanere a faccia vista e frequentemente sono affrescate o contengono elementi di pregio, pertanto sarebbe impossibile agire all’intradosso. Si ricorre pertanto all’utilizzo solo sulla superficie estradossata, che con la sua convessità permette una migliore aderenza tra fibra e superficie muraria al punto che possono utilizzarsi resine inorganiche, piuttosto che quelle sintetiche, che consentono di rendere reversibile l’intervento.
Prima di tutto sarebbe opportuno effettuare un’analisi strutturale della volta e individuare le zone di probabile fessurazione, in modo da collocare in dette zone le fibre, capaci di garantire elevate resistenze a trazione e quindi in grado di evitare la formazione di fessure. Solo le cerniere che si aprono verso l’alto, ossia che nascono per causa di trazioni estradossali, possono essere bloccate con l’utilizzo di rinforzi FRP.
L’utilizzo di rinforzi FRP in questi casi, più che a calcolazioni complicate, e legato alla necessità di evitare le cerniere plastiche e ciò può farsi attraverso un calcolo elastico, che cerca di individuare le zone a momento negativo, e in tali zone si colloca la fibra.
In modo molto pratico, la fibra viene collocata lungo le direzioni principali di tensione con un certo passo, per lasciare che la struttura mantenga una sua traspirabilità.
Per meglio ancorare la fibra alla struttura muraria, si utilizzano connettori a fiocco con possibilità di assicurare la fibra alla struttura voltata ed alle strutture perimetrali, con miglioramento del collegamento tra la volta e le murature. Generalmente, per volte che non presentano dissesti, risulta sufficiente applicare la fibra lungo il perimetro della volta, ancorandola efficacemente ai muri perimetrali, per evitare la formazione di cerniere sui piedritti.
Quando si hanno evidenti dissesti, invece, conviene applicare la fibra, oltre che perimetralmente, anche lungo le direttrici di chiave. Nella figura di copertina vengono mostrate alcune tipiche applicazioni, riscontrabili sui vari manuali tecnici e sulla rete. È sempre consigliabile utilizzare tessuti al posto di lamine, in quanto si adattano meglio alla superficie da rinforzare. Nelle volte a semplice curvatura, il passo da assegnare alle strisce di fibra lungo le direttrici di chiave deve soddisfare la seguente diseguaglianza:
pf ≤ 3t +b f
dove t indica lo spessore della volta e b f la larghezza del rinforzo.
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Quando i rinforzi FRP hanno migliore efficacia?
Lungo le direttrici, invece, i rinforzi hanno meno efficacia ed è per questo che viene impiegata una sezione di rinforzo generalmente pari al 10% di quella lungo le direttrici di chiave. In zona sismica detta percentuale sale fino al 25%. Se si può applicare il rinforzo anche all’intradosso, le cose diventano molto più semplici, infatti basterebbe fare un’analisi strutturale e applicare il rinforzo nelle zone dove si ha trazione, lasciando alla muratura la resistenza a compressione.
Tuttavia, impiegando diffusamente FRP sia sopra che sotto la superficie si crea una struttura dotata di resistenza flessionale e l’unica attenzione che va posta e alla resistenza a compressione della muratura, cosa che tuttavia, come già detto, difficilmente viene superata. Un utilizzo da ambo le parti della superficie che, per quanto detto, risulta efficace ma invasivo.
In questo caso, le fibre all’intradosso, quando entrano in trazione, tendono a staccarsi, quindi si devono necessariamente utilizzare resine sintetiche ed è necessario prevedere dei connettori.
Articolo originariamente pubblicato su Ingegneri.cc, estratto dal volume Metodi pratici per il rinforzo di elementi strutturali.
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Metodi pratici per il rinforzo di elementi strutturali
Il testo, aggiornato con le NTC2018, esamina le tecniche per riparare o rinforzare i vari elementi strutturali che compongono una costruzione (fondazioni, pilastri e travi di cemento armato, murature, solai, archi e volte, ecc.), alla luce delle nuove tecniche per il rinforzo strutturale degli edifici esistenti.Arricchito con utili esempi applicativi, riscontrabili nella pratica professionale con l’adozione sia dei metodi classici che di quelli innovativi, il volume evidenzia il comportamento complessivo della struttura nel trattare i singoli elementi, indicando altresì i percorsi logici da seguire nel caso di riparazione o miglioramento di interi edifici, in particolar modo nel comportamento sismico.La trattazione analizza nella parte finale le tecniche per la solidarizzazione degli elementi secondari, come partizioni e tamponature alla struttura portante, guidando il lettore nella scelta della tecnica più appropriata.Santino Ferretti, Ingegnere, svolge la libera professione nel settore delle costruzioni, occupandosi di progettazione geotecnica e di strutture antisismiche, nonché di adeguamento sismico delle strutture. Ha approfondito particolarmente la dinamica strutturale e la modellazione dei materiali sia in campo lineare che non lineare. Volumi collegati:• F. Cortesi, L. Ludovisi, V. Mariani, La progettazione strutturale su edifici esistenti, I ed. 2018• S. Ferretti, Pratica strutturale: azioni sulle strutture civili e industriali, I ed. 2018• R. Cornacchia, M. Fiammelli, Classificazione delle vulnerabilità sismica degli edifici e sisma bonus, I ed. 2018
Santino Ferretti | 2018 Maggioli Editore
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