Violazione distanze tra edifici: conseguenze sul permesso di costruire

Gli argomenti della rassegna di questa settimana sono: quali conseguenze sulla richiesta del permesso di costruire ci sono per la violazione delle distanze? Rifare il vigneto richiede dei permessi? E tanto altro..

Mario Petrulli 14/05/19
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Ecco la selezione delle sentenze della scorsa settimana. Gli argomenti sono: conseguenze della violazione delle distanze sulla richiesta del permesso di costruire; sospensione termine di ultimazione dei lavori: reimpianto vigneto è attività edilizia libera; sospensione sine die del procedimento per il rilascio del permesso di costruire; richiesta del titolo cartaceo del permesso di costruire formatosi ex silenzio-assenso: il Comune è obbligato a rispondere.

Violazione distanze tra edifici

Quali conseguenze sulla richiesta del permesso di costruire?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 10 maggio 2019 n. 2519
Nel caso di violazione del regime delle distanze fra pareti finestrate il diniego del richiesto permesso di costruire deve considerarsi un atto vincolato

La condivisibile giurisprudenza amministrativa ha da tempo osservato che “la distanza di dieci metri, che deve sussistere tra edifici antistanti si riferisce a tutte le pareti finestrate, indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione, ovvero ancora che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all’altra. Si rammenta in particolare, a tale proposito che la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall’art. 9, D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela.

Gli sporti, cioè le sporgenze da non computare ai fini delle distanze perché non attinenti alle caratteristiche del corpo di fabbrica che racchiude il volume che si vuol distanziare, sono i manufatti come le mensole, le lesene, i risalti verticali delle parti con funzione decorativa, gli elementi in oggetto di ridotte dimensioni, le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, non invece le sporgenze, anche dei generi ora indicati, ma di particolari dimensioni, che siano quindi destinate anche a estendere e ampliare per l’intero fronte dell’edificio la parte utilizzabile per l’uso abitativo” ( cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909, Consiglio di Stato, sez. IV 22 ottobre 2013 n. 5557).

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La medesima giurisprudenza ha altresì osservato che, per “pareti finestrate”, ai sensi dell’art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, “devono intendersi, non (soltanto) le pareti munite di “vedute”, ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (Corte d’Appello, Catania, 22 novembre 2003; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 4 dicembre 2001, n. 1734; T.A.R. Piemonte, Torino, 10 ottobre 2008 n. 2565; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 7 giugno 2011, n. 1419)” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV 22 ottobre 2013 n. 5557 citato).

Tale principio è stato di recente ribadito anche dalla Suprema Corte di Cassazione che nella sentenza n. 166/2018 ha espressamente affermato che “in tema di distanze tra costruzioni su fondi finitimi, ai sensi dell’art. 873 c.c., con riferimento alla determinazione del relativo calcolo, poichè il balcone, estendendo in superficie il volume edificatorio, costituisce corpo di fabbrica, e poichè il D.M. 2 aprile 1968, art. 9, – applicabile alla fattispecie, disciplinata dalla Legge urbanistica n. 1150 del 1942, come modificata dalla L. n. 765 del 1967 – stabilisce la distanza minima di mt. dieci tra pareti finestrate e pareti antistanti, un regolamento edilizio che stabilisca un criterio di misurazione della distanza tra edifici che non tenga conto dell’estensione del balcone, è “contra legem” in quanto, sottraendo dal calcolo della distanza l’estensione del balcone, viene a determinare una distanza tra fabbricati inferiore a mt. dieci, violando il distacco voluto dalla cd. legge ponte (in senso sostanzialmente conforme si veda anche Cass. n. 23553/2013; Cass. n. 17089/2006)”.

Di conseguenza, nel caso di violazione del regime delle distanze fra pareti finestrate il diniego del richiesto permesso di costruire deve considerarsi un atto vincolato.

Ultimazione dei lavori: sospensione del termine

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 6 maggio 2019, n. 724
Il termine di ultimazione dei lavori assentiti con permesso di costruire non può considerarsi automaticamente sospeso in presenza di factum principis (quale, ad esempio, il sequestro penale dell’area di intervento) ma serve una formale richiesta di proroga da parte dell’interessato prima della scadenza del termine

Secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, il termine di ultimazione dei lavori assentiti con permesso di costruire non può considerarsi automaticamente sospeso in presenza di factum principis, quale, segnatamente, il sequestro penale dell’area di intervento, atteso che non è ipotizzabile nell’attuale sistema giuridico la sospensione automatica del titolo edilizio, essendo sempre necessaria, al fine di ottenere la sospensione, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve seguire un provvedimento da parte della stessa amministrazione emittente il titolo edilizio, che accerti l’impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato in conseguenza del factum principis.

Cfr. spec. TAR Veneto, Venezia, sez. III, 11 aprile 2016, n. 375, confermata in appello da Cons. Stato, sez. IV, 10 luglio 2017, n. 3371; TAR Valle d’Aosta, Aosta, 5 dicembre 2016, n. 59; più in generale, sull’inconfigurabilità della sospensione automatica e sulla necessità di presentazione dell’istanza di parte e di susseguente adozione del provvedimento di proroga del permesso di costruire, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 febbraio 2012, n. 974; sez. III, 4 marzo 2013, n. 1870; sez. VI, 3 agosto 2017, n. 3887; TAR Lazio, Roma, sez. II 4 dicembre 2017, n. 11973.

Consegue la decadenza del titolo edilizio in caso di presentazione dell’istanza di proroga del permesso di costruire quando il previsto termine triennale di ultimazione dei lavori è ormai decorso.

Reimpianto vigneto: è attività edilizia libera?

TAR Toscana, sez. III, sent. 8 maggio 2019 n. 684
Il reimpianto di un nuovo vigneto in sostituzione di quello precedente ormai improduttivo è attività edilizia libera

La giurisprudenza amministrativa ha affermato che il reimpianto di un nuovo vigneto in sostituzione di quello precedente ormai improduttivo deve essere qualificato come movimento di terra pertinente ad attività agricola che, non comportando un’alterazione permanente dello stato dei luoghi, non è soggetto al previo rilascio né di un titolo edilizio né di un’autorizzazione paesaggistica (TAR Veneto 1043/2015).

Le attività di sbancamento del terreno finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, destinate ad incidere sul tessuto urbanistico del territorio, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio. Infatti, l’art. 6, comma 1, lett. d), DPR 380/2001 prevede che nessun titolo abilitativo è richiesto per i movimenti di terra soltanto se “strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo pastorali”. La ratio di tale previsione può rinvenirsi nell’esigenza di evitare una compressione eccessiva delle facoltà proprietarie tale da disincentivare la pratica agricola, con presumibili effetti negativi anche sulla corretta manutenzione del territorio.

Per tale ragione non è decisiva, circa la necessità di munirsi di un titolo edilizio, la circostanza che vi sia stata un’alterazione morfologica irreversibile del terreno di ingente consistenza; laddove si tratti di modifiche dell’assetto del terreno funzionali all’impianto dei nuovi vigneti autorizzati si rimane nel campo di applicazione dell’art. 6 citato.

Permesso di costruire

Sospensione del procedimento per il rilascio

TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 6 maggio 2019, n. 619
Illegittima la sospensione sine die del procedimento per il rilascio del permesso di costruire

Nel procedimento per il rilascio del permesso di costruire non può farsi luogo ad una sospensione sine die dell’attività amministrativa, in quanto non sussiste in capo alla P.A un potere atipico di sospensione, eccetto per le ipotesi delle misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione dei piani regolatori generali (Cons. di Stato Ad. Plen. 7 aprile 2008 n. 2).

Richiesta del permesso di costruire cartaceo

TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 10 maggio 2019, n. 5896
Dinanzi alla richiesta in formato cartaceo del permesso di costruire formatosi per silenzio-assenso, il Comune è tenuto a pronunciarsi

Il fatto che l’effetto autorizzatorio discenda in modo diretto e immediato dal silenzio-assenso in materia di permesso di costruire, ex art. 20, comma 8 del D.P.R. n.380 del 2001, non è incompatibile con il rilievo dell’obbligo a carico dell’Amministrazione di provvedere alla formazione del titolo autorizzatorio documentale, eventualmente utilizzabile nei rapporti con i soggetti terzi, oltre che nei riguardi dello stesso Soggetto pubblico (cfr. Cons. Stato, V, n.345 del 2008, TAR Lazio, II bis, n.4560 del 2019).

Leggi Proroga permesso di costruire: quando bisogna chiederla?

Il titolo in forma cartacea può risultare utile per poter riscontrare il termine finale dei lavori, per l’avvio delle pratiche bancarie e finanziarie propedeutiche all’inizio delle opere, per il trasferimento del bene o del permesso, per la sottoscrizione del preliminare di acquisto del fabbricato, per la documentazione di cantiere, per corrispondere gli esatti importi del contributo dovuto per gli oneri di urbanizzazione e il costo costruzione (cfr. TAR Lazio, II quater, n.7161 del 2017, II bis, n.4560 del 2019).

Pertanto, dinanzi alla richiesta in formato cartaceo del permesso di costruire formatosi per silenzio-assenso, il Comune è tenuto a pronunciarsi, in senso positivo o negativo, a seconda che ritenga sussistenti o meno i presupposti di formazione del sottostante titolo edilizio.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

 

Mario Petrulli

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