Per la piscina serve il permesso di costruire, non è una mera pertinenza: sentenze recenti

Due recenti sentenze ci offrono lo spunto per indagare meglio la natura edilizia della piscina e la sua assimilabilità o meno al mondo delle pertinenze.

Mario Petrulli 15/04/24
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Due recenti sentenze del TAR Campania, Napoli, ci offrono lo spunto per indagare meglio la natura edilizia della piscina e la sua assimilabilità o meno al mondo delle pertinenze, anche allo scopo di individuare il titolo edilizio necessario per la sua realizzazione.

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Indice

La nozione di pertinenza edilizia

Come è noto, secondo giurisprudenza pacifica, l’accezione civilistica di pertinenza è più ampia di quella applicata nella materia urbanistico-edilizia.

In particolare, si è affermato che: “i) “la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussista un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa a cui esso inerisce“; ii) “a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto “carico urbanistico” proprio in quanto esauriscono la loro finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale[1].

Nello stesso senso è stato affermato che “la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell’edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all’edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico (cfr., ex multis, T.A.R. Catania n. 4564/2010), sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull’assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 10 maggio 2018, n. 3115); tale criterio è stato applicato anche con specifico riguardo alla realizzazione di una piscina nell’area adiacente all’abitazione, la quale, in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio al quale accede, non è pertanto qualificabile come pertinenza in senso urbanistico (T.A.R. Campania, Napoli sez. III, 30 marzo 2018 n. 2033; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 11 gennaio 2018, n. 194; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 16 marzo 2017, n. 1503)[2].

La piscina quale esempio di manufatto non pertinenziale

Con specifico riguardo alla fattispecie della piscina, la giurisprudenza ha chiarito che “in particolare, quanto alla piscina, non appare ultroneo specificare che, secondo condivisa giurisprudenza: a) “tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio al quale accede” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VII, n. 3358/2018); b) pertanto, “la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14/11/2011, n. 5316)[3].

In ossequio ai superiori principi, pertanto, il TAR Campania, Napoli, sez. VI, nella sent. 25 marzo 2024, n. 1995, ha ribadito che una piscina – lungi dal costituire una mera pertinenza urbanistica – rientra certamente nella categoria della ristrutturazione edilizia[4], tenuto conto della sua autonoma funzionalità, nonché del suo autonomo valore di mercato e della sua intrinseca attitudine a trasformare in modo durevole il territorio. Di conseguenza, secondo i giudici, è legittimo l’ordine di demolizione per assenza del prescritto titolo edilizio, individuato nel permesso di costruire[5].

Similmente, il TAR Campania, Napoli, sez. VII, nella sent. 29 febbraio 2024, n. 1360, ha ribadito che, secondo costante giurisprudenza, la piscina non può classificarsi come pertinenza in senso urbanistico, in quanto:

  • comporta trasformazione durevole del territorio;
  • è in grado di svolgere una funzione autonoma rispetto a quella propria dell’edificio cui accede;
  • non è necessariamente complementare all’uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, bensì dà luogo a “una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione e postula, pertanto, il previo rilascio dell’idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire[6].

Nel caso specifico, peraltro, si era avuta la trasformazione di una mera fontana ornamentale in una piscina: ebbene, come correttamente evidenziato dai giudici partenopei, tale secondo manufatto ha maggiore impatto sull’ambiente circostante (per i materiali utilizzati, gli impianti di depurazione necessari, la maggiore permanenza delle persone etc.), comporta una trasformazione durevole del territorio, non esaurisce la propria funzione rispondendo a un’oggettiva esigenza del fabbricato principale; al contrario, è autonomamente utilizzabile e dotata di un proprio valore di mercato[7], specie quando essa accede a un’attività extra-alberghiera (come nel caso specifico) ed è suscettibile (per la conformazione del fondo) di utilizzo anche più ampio.

L’eccezionalità della piscina pertinenziale

Solo in qualche sporadico caso la giurisprudenza ha riconosciuto la natura di pertinenza urbanistica di una piscina, purché di dimensioni non rilevanti e realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa[8]: è stata qualificata, in particolare, come pertinenza urbanistica una piscina prefabbricata di dimensioni relativamente modeste in rapporto all’edificio a destinazione residenziale, sito in zona agricola[9].

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

Note

[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 26 aprile 2021, n. 3318; TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. 19 novembre 2021, n. 11976.
[2] TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 30 maggio 2018, n. 3569.
[3] TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 7 gennaio 2022, n. 105.
[4] Ovvero, seconda altra giurisprudenza, come nuova costruzione richiedente il permesso di costruire: cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 26 maggio 2022, n. 845; TAR Piemonte, sez. II, sent. 5 aprile 2023, n. 315 e sent. 2 agosto 2022, n. 703.
[5] Sulla necessità del permesso di costruire per la realizzazione di una piscina cfr. anche TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 13 luglio 2023, n. 544.
[6] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 9 settembre 2020, n. 3730.
[7] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 4 luglio 2023, n. 6519.
[8] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 3 ottobre 2019, n. 6644.
[9] Consiglio di Stato, sez. V, sent. 16 aprile 2014, n.1951.

Mario Petrulli

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