POS professionisti: se sul contratto lo si esclude, non c’è obbligo

È come l’Uovo di Colombo la soluzione fornita nel parere legale chiesto dal Consigli nazionale degli Architetti in merito all’obbligo del POS per i professionisti tecnici e diffusa ai propri iscritti con la recente circolare n. 79/2014).

In sostanza, l’avv. Marco Antonucci che ha redatto il documento sottolinea come sia “la volontà delle parti all’interno del contratto d’opera professionale” a rimanere ancora il riferimento principale per l’individuazione delle forma di pagamento.

Tutto bene, ma come fare in caso di una eventuale contestazione? Il parere legale sollecitato dai vertici del CNAPPC specifica come sia sufficiente, per evitare contenziosi o il rischio di incappare in sanzioni (che in verità non sono mai state indicate), indicare nel contratto scritto con la committenza che il “pagamento dei compensi professionali sarà effettuato a mezzo di bonifico elettronico, addebito diretto, bonifico bancario oppure mediante assegno“.

Tutto qua.

Si avvia ormai verso un inaspettato lieto fine la lunga telenovelas del POS obbligatorio per i professionisti, introdotto dall’art. 15,comma 2 del decreto legge n. 179/2012 approvato dall’allora Governo Monti.

Nelle ultime settimane, infatti, prima il Consiglio nazionale forense e i Consulenti del lavoro poi avevano sollevato motivate obiezioni sull’obbligatorietà di avere nel proprio studio professionale un dispositivo Point Of Sale per accettare le carte di debito (i Bancomat).

Proprio i Consulenti del lavoro avevano sottolineato come il POS fosse un’opzione per i clienti, ma non un obbligo per il professionista. Tale interpretazione è rafforzata anche dal parere dagli Avvocati del CNF, secondo cui la mancata accettazione da parte del professionista di una carta di debito per il pagamento del corrispettivo verrebbe a creare solo una situazione di mora del creditore.

Redazione Tecnica

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