Superbonus: Governo avvia censimento per stimare crediti incagliati

Entrate darà il via ad una banca dati per i crediti incagliati. Le comunicazioni devono essere inviate dal 1° di dicembre per eventi successivi a questa data, mentre nel caso in cui si siano registrati eventi precedenti, la comunicazione va fatta entro il 2 gennaio 2024

Lisa De Simone 11/10/23
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Un termine con il quale si indicano sia le spese detraibili per le quali i committenti dei lavori non trovano un cessionario (somme che tecnicamente quindi non sono crediti), sia quelli che sono veri e propri crediti crediti d’imposta, ossia i crediti acquisti dai cessionari che però non sono utilizzabili perché i cessionari non hanno la capienza fiscale sufficiente, non riescono a cederli, oppure perché si tratta di crediti bloccati o sequestrati per irregolarità.

Insomma situazioni diverse anche se in tutti i casi si parla complessivamente di “crediti incagliati”, con una grande confusione di cifre e di soggetti interessati.

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Però ora il Governo ha deciso di fare chiarezza sulle somme realmente inutilizzabili e avviare un vero e proprio censimento. Sapere a quanto ammontano le somme che non possono essere portate in compensazione, e per quale motivo, servirà innanzitutto a valutare l’effettivo impatto delle somme sul bilancio dello Stato.

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I crediti “pagabili”

I crediti derivanti dai bonus fiscali, infatti, sono stati appena definiti come “pagabili” da Eurostat, l’ufficio statistico europeo, che ha inviato per questo una comunicazione all’Istat. Si tratta di una questione che è rilevante solo sul fronte della contabilità pubblica e dei rapporti con la Ue, mentre nulla ha a che vedere sul diritto o meno di utilizzare le somme come detrazione da parte di chi ha commissionato i lavori o dei fornitori che hanno applicato lo sconto in fattura, o sulla possibilità di cedere i crediti in caso di incapienza.

I crediti d’imposta che vengono qualificati come “pagabili” nel corso dell’anno in pratica sono somme che vanno contabilizzate per intero nell’anno stesso in cui si genera il credito, a prescindere dal fatto che la detrazione che è alla base del credito ha durata pluriennale.

Quindi se si stabilisce che il Superbonus è una tipologia di credito “pagabile” questo comporta che il valore del bonus per i lavori edilizi avviati nel 2023 va contabilizzato per intero nel solo anno 2023, a prescindere dal numero di rate di durata della detrazione. Chiaramente questo ha un impatto sul deficit, dato che per tutte le uscite deve essere trovata la relativa copertura. Sapere se effettivamente ci sono delle somme che invece non possono essere più portare in compensazione serve dunque per prima cosa a fare chiarezza nei conti pubblici.

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Il censimento dei crediti

A dare il via al censimento delle somme che non possono essere utilizzate in compensazione l’art. 25 del decreto Asset, appena convertito in legge. Interessati al censimento esclusivamente i crediti regolati dall’art. 121 del decreto Rilancio, vale a dire quelli derivanti dall’esercizio delle opzioni per le detrazioni che riguardano:

  • recupero del patrimonio edilizio;
  • efficienza energetica, compreso Superbonus;
  • consolidamento antisismico compreso Superbonus;
  • bonus facciate;
  • installazione di impianti fotovoltaici;
  • installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • eliminazione di barriere architettoniche (bonus 75%).

In merito ai termini di utilizzo di questi crediti, il comma 3 dell’articolo 121 stabilisce che questi possano essere utilizzati in compensazione sulla base delle rate residue di detrazione non fruite con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. Quindi per il Superbonus si tratta di quattro anni, per le spese a partire dal 2022, cinque anni per il bonus barriere 75%, cinque anni per il Sismabonus ordinario e per il Superbonus fino al 2021, dieci anni per tutti gli altri.

La quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso.

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La comunicazione alle Entrate

L’art. 25 del decreto Asset stabilisce dunque che il cessionario che ha nel cassetto fiscale crediti diversi da quelli “scaduti” perché sono trascorsi i termini, ma che siano bloccati per altri motivi, deve comunicare il loro ammontare alle Entrate. La norma non specifica quali possano essere questi motivi, ma si può pensare anche a somme sequestrate a causa di irregolarità scoperte dalla Guardia di Finanza.

Il testo di legge stabilisce infatti che i cessionari, nelle ipotesi in cui i crediti non ancora utilizzati, risultino non utilizzabili per cause diverse dal decorso dei termini di utilizzo dei medesimi crediti, debbano comunicare questa circostanza all’Agenzia delle entrate entro trenta giorni dall’avvenuta conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito. Le comunicazioni debbono essere inviate dal 1° di dicembre per eventi successivi a questa data, mentre nel caso in cui si siano registrati eventi precedenti, la comunicazione va fatta entro il 2 gennaio 2024.

Per chi non rispetta il nuovo obbligo scatta una sanzione di 100 euro.

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Attese le istruzioni delle Entrate

Si tratta, dunque, di un vero e proprio censimento dei crediti incagliati che porterà alla creazione di una vera e propria banca dati. Per saperne di più e avere ulteriori chiarimenti occorrerà però attendere ancora una volta uno specifico provvedimento delle Entrate, che dovrà dettare anche le regole per le modalità di compilazione e invio della comunicazione.

Si vedrà poi se la creazione della banca dati potrà avere anche qualche altro utilizzo in merito alla cessione dei crediti.

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Foto:iStock.com/

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