STP e riforma delle professioni, innovazione o nuova burocrazia?

Il mese di giugno si è chiuso con due importanti novità, ancora a dire il vero da affinare, ma comunque ormai ben più delineate rispetto ai mesi scorsi: la bozza di decreto per la costituzione delle società professionali (o  società tra professionisti), decreto del 20 giugno 2012 e l’altro atteso decreto, del Presidente della Repubblica (attualmente diffuso in forma di bozza), per la riforma delle professioni.

Entrambi discendono essenzialmente dal decreto legge 138 del 13 agosto 2011, poi convertito nella legge 148 del successivo settembre Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, di cui il d.m. del 20 giugno 2012, rappresenta più precisamente il Regolamento di attuazione inerente la disciplina per le società tra professionisti, mentre il secondo tratta la, più volte rimandata, spinosa materia della cosiddetta riforma delle professioni, o meglio degli ordini e collegi in cui sono iscritti i professionisti abilitati.

Molte sono le novità trattate nei due testi, ci soffermeremo su alcune, che potrebbero riservare qualche sorpresa, speriamo migliorativa, all’attuale panorama del mondo professionale, anche se varie categorie, quale ad esempio quella degli Ingegneri (per mezzo del Consiglio Nazionale Ingegneri) ha già mosso forti critiche ai testi presentati, così come in passato era avvenuto (anche se in parte per motivi opposti) ad opera anche del Sindacato di Ingegneri ed Architetti (Inarsind).

Passando ad analizzare brevemente i testi citati sicuramente si nota in generale la volontà di puntare da parte del Governo sulla qualificazione dei professionisti e sulla trasparenza nei confronti del cliente. In tale ottica si leggono nel d.P.R. “professioni” la obbligatorietà della continua formazione (art. 7), in quanto “al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell’utente e della collettività, e per conseguire l’obiettivo dello  sviluppo professionale, ogni professionista ha l’obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale“.

Nel d.m. 20 giugno 2012 incentrato specificamente sulle società tra professionisti, sempre riguardo agli obblighi verso il cliente, si sancisce quello di informazione (art. 4) al fine di garantire massima trasparenza anche per queste “nuove” forme di servizio professionale (multidisciplinare o meno) verso l’utenza: per tale motivo ad esempio il cliente deve essere informato su chi realmente svolga l’incarico all’interno della società e può anche scegliere direttamente chi debba assolvere la prestazione.

Sempre a maggior garanzia del cliente l’art.5 del d.P.R. “professioni” stabilisce l’obbligo di stipula da parte del professionista di “idonea assicurazione per i danni derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente”.

Oltre che verso il “cliente”, il governo si è mosso (tornando al d.P.R. “professioni”) anche per tentare un migliore inserimento dei neo laureati nel mondo del lavoro, anche per colmare quel vuoto che esiste ancora in parte tra mondo universitario e mondo del lavoro, un “salto nel buio” post laurea che talvolta è anche alla base di un difficile o mancato inserimento dei laureati nel profilo professionale per cui hanno raggiunto la tanto sospirata laurea; in tal senso viene regolamentato l’obbligo del tirocinio (art. 6), il quale oltre che “nella pratica svolta presso uno studio  professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo  non inferiore a sei mesi, di specifici corsi di formazione professionale organizzati da ordini o collegi o associazioni di iscritti agli albi, nonché dagli altri soggetti autorizzati dai ministri vigilanti”.

Innovazione o ulteriore peso burocratico?
Leggendo i due testi nasce però anche il timore che quelle sopra citate assieme alle altre “innovazioni” disposte per ammodernare il mondo dei professionisti, se non ben affinate (anche con un corretto confronto coi professionisti attraverso i rispettivi organi di rappresentanza) possano divenire solo altra burocratizzazione ed impedimento per l’accesso e lo svolgimento della professione … talvolta rischiando di rimanere solo un ulteriore onere economico per i professionisti senza alcun reale beneficio per i clienti; ad esempio la formazione continua: da quali docenti verrà fatta? Su quali argomenti e con quale scopo? Rimarrà solo una serie di “gettoni” obbligatori da acquisire ma vuoti di significato e di ricaduta pratica per la crescita professionale? ed ugualmente anche la formazione durante il tirocinio può rischiare di essere un ulteriore “balzello” per i laureandi? Una “allungatoia” verso l’inserimento nella professione? Le società tra professionisti avranno un carattere innovativo e propulsivo per il mondo professionale o rimarranno solo una delle tante forme disponibili accanto a quelle attualmente già presenti, senza scardinare l’offerta tecnico-economica del mondo professionale?

Sono interrogativi a cui si spera daranno risposta le definitivi e correttivi testi dei precedenti documenti, speriamo … da professionista (ingegnere) e da cliente … di altri professionisti!

Giacomo Mecatti

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