I professionisti che fanno parte di una Stp devono rispettare il codice deontologico dell’Ordine al quale sono iscritti. Allo stesso modo la Società tra professionisti vera e propria (non multidisciplinare) è soggetta alla disciplina dell’Ordine professionale al quale è iscritta, che decide per lei in campo disciplinare. Su questi primi punti non ci sono dubbi.
I dubbi restano invece per la Stp multidisciplinare, nel caso in cui cioè i professionisti non indicano e connotano qual è l’attività prevalente della Stp stessa.
In questo caso, c’è la possibilità di un’iscrizione a più Ordini e conseguente sottomissione a regimi disciplinari differenti? L’ipotesi rimane aperta. In un caso simile, piuttosto complesso e “pericoloso” per natura, perché si rischia di ottenere opinioni differenti su uno stesso fatto, è il Consiglio di disciplina territoriale investito per primo a decidere quali provvedimenti adottare (si veda la nota in calce all’articolo).
C’è anche la possibilità che la proposta non venga da una delle parti, ma d’ufficio. Allora in questo caso, come si procede? Il primo Consiglio di disciplina che dovrebbe agire sarebbe quello che deve applicare i provvedimenti disciplinari.
Il socio professionista resta legato al Codice deontologico dell’Ordine a cui è iscritto, come anticipato sopra, ed è responsabile individualmente. Se la violazione del Codice deontologico commessa dal socio professionista è imputabile a direttive della Stp, la responsabilità disciplinare è di entrambi, socio professionisti e società (articolo 12, comma 2 del regolamento).
Le violazioni: quali sono i provvedimenti?
Si possono dividere in due gruppi:
– quelli che colpiscono comportamenti poco gravi e che consistono ricorsi formali (avvertimento o censura);
– quelli che colpiscono i comportamenti più gravi, che vìolano le norme penali, non solo deontologiche. La conseguenza può essere l’interruzione o anche l’inibizione, dell’esercizio dell’attività professionale per un periodo di tempo stabilito e può quindi comportare anche la sospensione, la cancellazione o la radiazione.
Aggiungiamo che anche il mancato rilievo o rimozione di una situazione di incompatibilità vanno a costituire illecito disciplinare per la Stp e per il singolo socio che di essa fa parte.
È l’articolo 12 del DM Giustizia 34/2013 che si occupa della responsabilità disciplinare. L’articolo 12 va però letto insieme agli articoli sull’iscrizione, l’8 e il 9.
Il comma 1 dell’articolo 12 tratta delle responsabilità che possono colpire autonomamente socio professionista e società; il comma 2 regola le responsabilità concorrenti, cioè nel caso in cui la responsabilità disciplinare della società concorre con quella del professionista se sussiste una violazione deontologica dovuta a direttive che derivano dalla società.
Il Dpr 137/2012 (Riforma delle professioni) ha aumentato il numero dei caso in cui possono scattare illeciti disciplinari. Se le direttive societarie infrangono, per esempio, le regole della pubblicità informativa si potrebbe incorrere in doppia responsabilità, così come nel caso in cui le società tra professionisti ad agosto non avranno stipulato l’assicurazione per i rischi che derivano dall’esercizio della professione.
Meno chiara è invece la posizione della società che, nelle direttive che impartisce, ha violato le regole nel momento in cui ha abolito le tariffe professionali, introdotto la pattuizione del compenso tra professionista e cliente e previsto l’obbligo del preventivo: non ci sono disposizioni che dicono espressamente se infrazioni in tali campi possono essere punite, né come possono esserlo.
Una nota sui Consigli di disciplina territoriali
Eventuali violazioni saranno giudicate dai Consigli di disciplina territoriali. La Riforma delle professioni ha istituito i “tribunalini” che si stanno creando in molti Ordini territoriali. Per gli architetti, gli ingegneri, i geometri e i geologi i Consigli di disciplina saranno attivi quasi tutto l’anno e in corrispondenza con il rinnovo degli Ordini.
Del Consiglio non può fare parte colui che è consigliere dell’Ordine in carica. Possono farne parte invece membri esterni agli Ordini (questo vale per tutti tranne che per i giornalisti, quindi vale anche per i tecnici). Le candidature sono vagliate dall’Ordine e selezionate dal Tribunale stesso. Tutto questo per garantire maggiore autonomia di chi compone i Consigli di disciplina.
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