SCIA edilizia, i limiti temporali entro cui può essere impugnata

Il Tar Marche, con la sentenza 546/2016, ha chiarito quali sono i limiti temporali entro cui  una SCIA edilizia può essere impugnata:

  • trenta giorni per contestare i contenuti della documentazione presentata;
  • diciotto mesi per agire in autotutela, ma solo in presenza di motivi di interesse pubblico.

Ma vediamo nel dettaglio come si è arrivati a questa conclusione. Il caso in questione riguarda la contestazione di alcuni interventi realizzati con SCIA edilizia e ritenuti abusivi dal proprietario limitrofo, che sosteneva che il Comune dovesse procedere all’accertamento e, eventualmente, esercitare i suoi poteri repressivi.

I giudici, una volta accertato che il Comune aveva agito secondo le regole e che gli interventi edilizi erano stati eseguiti legittimamente, hanno constatato come fossero ormai scaduti i termini per eventuali azioni repressive.

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Come è noto, la nuova formulazione dell’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990, conferma il potere dell’Amministrazione di inibire motivatamente l’attività intrapresa con SCIA edilizia entro trenta giorni.

In più, la SCIA non è direttamente impugnabile (art. 19, comma 6 ter della stessa legge), quindi, a fronte di una SCIA ritenuta illegittima, i controinteressati possono solamente sollecitare l’esercizio dei poteri di controllo da parte dell’Amministrazione competente (in questo caso il Comune), che è poi tenuta a compiere le verifiche necessarie per accertare la legittimità o meno dell’intervento oggetto di denuncia.

Trascorsi i trenta giorni, e quindi il termine per l’esercizio, da parte dell’Amministrazione, dei poteri inibitori “ordinari”, sono tre le ipotesi possibili:

  • esercizio di poteri di autotutela (art. 21 nonies della legge n. 241/1990);
  • esercizio di poteri sanzionatori per dichiarazioni mendaci (art. 19, comma 3, seconda parte e art. 21, comma 1, della legge n. 24 1/1990);
  • esercizio dei poteri di vigilanza e inibitori in materia urbanistica (art.  19, comma 6  bis , e art. 21, comma 2,  della legge n. 241/1990).

In questo caso, non si era in presenza né di dichiarazioni mendaci né di irregolarità dal punto di vista urbanistico, quindi l’unica ipotesi praticabile sarebbe stata l’esercizio dei poteri di autotutela.

L’esercizio dell’autotutela, però, è possibile, per legge, solo in caso di ragioni di interesse pubblico, ed entro un “termine ragionevole”.

Questo “termine ragionevole” per poter esercitare il potere in autotutela, secondo il Decreto Sblocca Italia e la Riforma della PA, è fissato a diciotto mesi. In conclusione, il ricorso del vicino è stato valutato come infondato e quindi respinto.

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Redazione Tecnica

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