La regola generale in materia di oneri concessori è quella della restituzione nel caso in cui l’intervento edilizio programmato non venga di fatto realizzato (ad esempio, perché il titolo non viene ritirato o perché viene rinunciato o perché decade o perché viene per qualsivoglia motivo fatto scadere).
In siffatte ipotesi, mancando la trasformazione del territorio e l’aumento del carico urbanistico, viene meno il presupposto di fatto utilizzato dalla norma urbanistica come elemento materiale per individuare l’an della pretesa e come parametro per determinare il quantum debeatur.
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Indice
Suggeriamo:
Casi pratici risolti Oneri di urbanizzazione e costo di costruzione: esonero e riduzione
Di notevole rilevanza pratica, la materia del contributo di costruzione correlato al rilascio del permesso di costruire (oneri di urbanizzazione e costi di costruzione) è molto spesso oggetto di difficoltà interpretative e di contenzioso, per quanto riguarda le problematiche relative alle richieste di esonero e riduzione. Questa nuovissima Guida operativa fornisce un’analisi puntuale della qualificazione e delle caratteristiche del contributo per il rilascio del permesso di costruire, nello specifico oneri di urbanizzazione, costo di costruzione e ipotesi di esonero e riduzione.Nella seconda parte del testo vengono illustrati 45 casi pratici risolti, con commento esplicativo e opportuni riferimenti giurisprudenziali e dottrinali.Mario Petrulli, avvocato esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; formatore, collabora con siti giuridici specializzati, riviste di settore (L’Ufficio Tecnico) e società di consulenza. Autore di molteplici pubblicazioni in materia. Titolare dello Studio Legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)
Mario Petrulli | Maggioli Editore 2017
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Regola generale, recentemente ribadita
Ed infatti, il TAR Lombardia, Milano, sez. IV, nella sent. 9 aprile 2024, n. 1048, ha affermato che “È condiviso in giurisprudenza il principio secondo il quale le somme elargite in funzione della realizzazione di un’attività edilizia, essendo strettamente connesse al concreto esercizio della facoltà di costruire, non sono dovute in caso di rinuncia o di mancato utilizzo del titolo edificatorio (con specifico riguardo alla monetizzazione degli standard, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 15 dicembre 2017, n. 2396). Difatti, “qualora il privato rinunci o non utilizzi il permesso di costruire, sorge in capo all’amministrazione, ex art. 2033 cod. civ., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione nonché, conseguentemente, il diritto del privato a pretenderne la restituzione; con la precisazione che il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente” (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 22 gennaio 2024, n. 160; II, 7 gennaio 2016, n. 12; altresì, Consiglio di Stato, Ad. plen., 30 agosto 2018, n. 12; II, 15 giugno 2021, n. 4633; IV, 15 ottobre 2019, n. 7020; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 luglio 2020, n. 1418; T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 2 maggio 2019, n. 426; T.A.R. Puglia, Bari, III, 3 aprile 2018, n. 488; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 1° marzo 2017; n. 496; T.A.R. Sicilia, Catania, II, 27 gennaio 2017, n. 189); tale principio, come già sottolineato, è applicabile anche alle prestazioni imposte assimilabili al contributo di costruzione, come la monetizzazione sostitutiva della cessione delle aree a standard”.
L’indebito oggettivo nel caso delle convenzioni di diritto pubblico
La regola generale soffre un’importante eccezione, come ricordato recentemente dal TAR Lombardia, Milano, sez. II, nella sent. 14 maggio 2024, n. 1442, nel caso delle convenzioni urbanistiche. I giudici meneghini hanno osservato che, secondo la giurisprudenza[1], in relazione al genus della convenzione di diritto pubblico, di cui quella urbanistica rappresenta una species, i principi civilistici sono applicabili nei limiti della compatibilità, essendo le convenzioni – similmente ai contratti ed ai negozi giuridici di diritto privato – basate sull’accordo e sullo scambio dei consensi.
La ratio iuris dell’indebito oggettivo (art. 2033 c.c.) è quella della restituzione di quanto è stato indebitamente percepito, perché oggettivamente non dovuto. L’istituto trova applicazione, dunque, nei soli limiti in cui venga accertata la mancanza del titolo dell’obbligazione, il che tipicamente accade:
- quando il titolo non è mai venuto ad esistenza nel mondo giuridico;
- quando il titolo è affetto da nullità;
- quando l’efficacia del titolo è venuta retroattivamente meno (ad es. per causa di annullamento, di risoluzione o di rescissione), trascinando via con sé la causa giustificativa del trasferimento.
In siffatte ipotesi, la prestazione va ripetuta nella stessa misura in cui è stata eseguita.
La (non) restituzione nel caso delle convenzioni urbanistiche
Invece, quando il titolo convenzionale esista e sia efficace e non sia dichiarato nullo, né sia annullato o risolto o rescisso, l’istituto dell’indebito oggettivo non può trovare applicazione in relazione alla fattispecie della convenzione urbanistica, perché la prestazione patrimoniale rinviene la causa dell’obbligazione nell’accordo[2]. Ciò vale – è stato precisato – sia nelle ipotesi in cui la convenzione è ancora in tutto o in parte attuabile, anche in modo diverso rispetto all’intervento originariamente programmato[3], sia in quella in cui l’intervento non sarà mai attuato e, dunque, indipendentemente dall’effettiva trasformazione del territorio[4].
Si ricordano, brevemente, i principali snodi logico-argomentativi evidenziati dalla giurisprudenza[5]:
- gli impegni assunti in sede convenzionale – al contrario di quanto si verifica in caso di rilascio del singolo titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo, con la conseguenza che ove, in tutto o in parte, l’edificazione non ha luogo, può venire in essere un pagamento indebito fonte di un obbligo restitutorio – non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell’operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l’equilibrio del sinallagma a base dell’accordo e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti;
- la causa della convenzione urbanistica, e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, in particolare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale della convenzione, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione;
- non è affatto escluso dal sistema che un operatore, nella convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non contrastante di per sé con norme imperative.
Il caso specifico
Nella fattispecie esaminata dai giudici milanesi nella sent. n. 1442/2024, era stata sottoscritta, tra un privato ed il Comune, una convenzione riguardante un piano particolareggiato riguardante sei comparti e che prevedeva – peraltro includendole nel piano triennale di realizzazione delle opere pubbliche – l’urbanizzazione di dette aree, anzitutto con i collegamenti viabilistici necessari. Per effetto dell’accordo accedente al piano, le aree del privato erano state rese edificabili con una volumetria complessivamente realizzabile per mc 6.033,60 residenziali.
Con la sottoscrizione della convenzione, il privato proprietario ha assunto l’obbligo di versare i valori economici relativi alle opere di urbanizzazione da realizzarsi; tuttavia, successivamente, il privato proprietario delle aree aveva poi unilateralmente deciso di non dare integrale corso all’intervento edificatorio.
Secondo i giudici, né la decisione del privato di non chiedere i titoli edilizi in corso di validità della convenzione, né la sopravvenuta scadenza della convenzione erano situazioni idonee a determinare la ripetibilità, da parte del privato, delle prestazioni effettuate in adempimento degli obblighi convenzionali assunti in sede di convenzione, anche atteso che alcun inadempimento da parte del Comune era stato allegato dalla parte privata. In altre parole, non era venuta meno la causa giustificativa del trasferimento, la quale atteneva sia al compimento delle opere di urbanizzazione sia al fatto che il privato si era avvantaggiato dell’utilità consistente, nel periodo di efficacia della convenzione, nell’attribuzione della potenzialità edificatoria alle aree di sua proprietà e dell’urbanizzazione dell’area di proprietà.
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Di notevole rilevanza pratica, la materia del contributo di costruzione correlato al rilascio del permesso di costruire (oneri di urbanizzazione e costi di costruzione) è molto spesso oggetto di difficoltà interpretative e di contenzioso, per quanto riguarda le problematiche relative alle richieste di esonero e riduzione. Questa nuovissima Guida operativa fornisce un’analisi puntuale della qualificazione e delle caratteristiche del contributo per il rilascio del permesso di costruire, nello specifico oneri di urbanizzazione, costo di costruzione e ipotesi di esonero e riduzione.Nella seconda parte del testo vengono illustrati 45 casi pratici risolti, con commento esplicativo e opportuni riferimenti giurisprudenziali e dottrinali.Mario Petrulli, avvocato esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; formatore, collabora con siti giuridici specializzati, riviste di settore (L’Ufficio Tecnico) e società di consulenza. Autore di molteplici pubblicazioni in materia. Titolare dello Studio Legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)
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Note
[1] Ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 15 ottobre2019, n. 7020; sent. 4 ottobre 2019, n. 6668.
[2] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 4 ottobre 2019, n. 6668, che cita a sua volta le sentenze n. 1069/2019; n. 5603/2013; n. 6339/2018; ancora più recente, sent. n. 4892/2020.
[3] È il caso esaminato dalle sentenze n. 6668/2019 e n. 1069/2019.
[4] È il caso esaminato dalla sentenza n. 6339/2018 e dalla n. 4892/2020.
[5] Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 6 ottobre 2020, n. 5878; sent. 30 marzo 2021, n. 2666; sez. IV, sent. 4 aprile 2023, n. 3496; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 12 dicembre 2022, n. 2735.
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