La recente sentenza 26 aprile 2022, n. 369, del TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, richiamando un precedente del medesimo tribunale[1], ci offre lo spunto per indagare diversi profili di interesse riguardanti la realizzazione di un abbaino:
- in primo luogo, l’abbaino integra una (parziale) nuova costruzione a tutti gli effetti, determinante un aumento di volumetria ed incidente sulla sagoma dell’edificio[2];
- conseguentemente, la sua realizzazione è subordinata al rilascio di permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 comma 1 lett. c) del D.P.R. 380/2001[3];
- da ultimo, ma certamente non meno importante, in quanto costruzione, l’abbaino deve rispettare le distanze dagli altri fabbricati ai sensi del D.M. n. 1444/1968 e delle norme del codice civile[4].
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Nel caso specifico analizzato, vi era stata la trasformazione del lastrico solare del fabbricato con la realizzazione di un abbaino di circa 1 metro x 0,70 cm., con conseguente (seppur modesto) aumento di volume e, soprattutto, un disegno sagomale con connotati diversi da quelli originari: la realizzazione di detto manufatto sulla copertura dell’unità immobiliare è tale da comportare un’incidenza sui caratteri strutturali preesistenti alla luce delle sue concrete caratteristiche.
Sulla natura degli abbaini in termini di nuova costruzione si era espresso in precedenza anche il Consiglio di Stato; ad esempio, la sez. VI, nella sent. 16 luglio 2015, n. 3558, aveva affermato che “viene in discussione un intervento il quale determina un mutamento di sagoma e un incremento di volumetria riconducibili alla tipologia d’intervento di cui all’art. 10, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380/2001, con la conseguente creazione, a causa di un incremento volumetrico e di un’alterazione della copertura, di un organismo edilizio in parte diverso dal precedente”.
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Similmente, già in precedenza era stato evidenziato[5] come l’edificazione di cinque abbaini in luogo dei preesistenti lucernai indubbiamente determini un’alterazione della sagoma dell’edificio, comportando altresì un aumento della volumetria, con conseguente significativo mutamento della preesistente costruzione, con una parziale costruzione ‘nuova’ in senso tecnico, in termini di sopraelevazione, pur se di ridotte dimensioni.
Anche la Corte di Cassazione concorda sulla qualificazione di nuova costruzione dell’abbaino e non di mera ipotesi di ristrutturazione: è stato affermato, in proposito, che “nell’ambito delle opere edilizie, la semplice “ristrutturazione” si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre si verte in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima, quando la fabbrica comporti una variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio e, in particolare, comporti aumento della volumetria (Cass., Sez. Un., n. 21578 del 2011). Nella specie, la Corte di Appello ha constatato che gli abbaini hanno determinato un aumento di volumetria del fabbricato di parte convenuta […] e, conseguentemente, ha esattamente concluso che essi costituiscono nuova costruzione. La motivazione del giudizio di fatto circa la sussistenza di aumento di volumetria è esente da vizi logici e giuridici e rimane, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità”[6].
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[1] Sez. I, sent. 7 novembre 2016, n. 904, secondo cui “l’abbaino fa corpo con la cosa principale cui aderisce modificandone la sagoma ed il prospetto e costituisce un volume trattandosi di struttura chiusa e dotata di copertura”.
[2] TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 12 marzo 2020, n. 476; TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 29 agosto 2020, n. 528; TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, sent. 11 settembre 2015, n. 11216.
[3] TAR Piemonte, sez. I, sent. 20 marzo 2014, n. 481; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 12 marzo 2020, n. 476; TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 29 agosto 2020, n. 528.
[4] “Fuoriuscendo dalla sagoma preesistente della copertura del tetto, è da considerarsi “costruzione” -agli effetti delle distanze previste dall’art. 873 del Codice Civile e dalle norme dei regolamenti integrativi della disciplina codicistica- come tale dovendosi intendere, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione (Cass. civ. sez. II, 03.01.2013, n. 72; id., sez. II, 22.02.2011, n. 4277; id., sez. II, 04.10.2005, n. 19350)”: TAR Piemonte, sez. I, sent. 20 marzo 2014, n. 481; “L’edificazione di abbaini sul tetto, contraddistinti da rilevanti dimensioni tali da trasformare la struttura preesistente, con conseguente creazione di nuovi spazi interni dapprima non utilizzabili per esigenze abitative, comporta aumento di volumetria, incidendo significativamente sulla sagoma dell’edificio. Del resto, la realizzazione di tali nuove strutture coperte laddove prima esse non esistevano, implica una radicale trasformazione della sagoma del tetto. Le opere così realizzate, pertanto, proprio in virtù della loro rilevanza edilizia, non possono considerarsi sottratte all’obbligo generale del rispetto delle distanze”: TAR Piemonte, sez. II, sent. 5 luglio 2012, n. 807.
[5] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 11 settembre 2013, n. 4501.
[6] Corte di Cassazione, sez. II civile, sent. 17 febbraio 2017, n. 4255.
Immagine: iStock/deepblue4you
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