Professione, chi decide la revoca dell’incarico comunale all’ingegnere?

Segnaliamo la recentissima sentenza n. 4634 del 19 novembre 2012 del  Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) con la quale i giudici hanno deciso che la controversia in materia di revoca di un incarico di progettazione conferito da un Ente locale a un professionista per la redazione del piano urbanistico comunale, del regolamento edilizio e delle norme tecniche di attuazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario atteso che la relativa deliberazione comunale non è qualificabile come provvedimento autoritativo, ma ha natura sostanziale di atto di recesso dal rapporto contrattuale — inquadrabile nella previsione dell’art. 2237 Cod. civ. — che, come tale, incide su una situazione giuridica di diritto soggettivo (TAR Lazio, sez. I Roma, sent. n. 1126 del 2 febbraio 2012).

L’orientamento della giurisprudenza formatasi sul punto è assolutamente pacifico. Rientra nella giurisdizione dell’A.G.O. una controversia relativa alla delibera di revoca di un incarico professionale affidato dalla P.A.: in siffatta ipotesi, infatti, non si tratta di valutare la fase pubblicistica relativa alla scelta del contraente, ossia la fase prodromica alla conclusione del contratto, bensì la diversa e successiva fase privatistica relativa alla sua esecuzione (o relativa alla validità ed efficacia del contratto), per cui si esula da ogni possibile riconduzione ad una vicenda attinente la procedura di affidamento di cui all’art. 7 L. 205/2000, trattandosi piuttosto di valutare una situazione giuridica di diritto soggettivo, la cui sede naturale di tutela è quella del giudice ordinario (Cass., SS.UU., ordinanza 17 maggio 2006, n. 10998).

Nel caso cui il Comune, esercitando la facoltà conferitagli dall’art. 285 comma 2 T.U. 3 marzo 1934 n. 383, si avvalga per la redazione del progetto di opera pubblica di un professionista privato, in mancanza di un proprio ufficio tecnico, l’atto di affidamento del relativo incarico, come gli atti che vengono successivamente ad interferire sul rapporto, configurano espressione non di poteri pubblicistici, ma di autonomia negoziale privatistica.

Ciò comporta che il diritto del professionista al compenso, il quale insorge dopo che la deliberazione comunale di conferimento dell’incarico si sia tradotta nella costituzione del rapporto di prestazione d’opera professionale, resta insensibile ad eventuali vizi di detta deliberazione, rilevanti solo nell’ambito interno dell’organizzazione dell’Ente territoriale, quale quello derivante dall’inosservanza dell’obbligo di indicare l’ammontare della spesa e dei mezzi per farvi fronte (obbligo sussistente anche per le opere che vengano a beneficiare, in sede di attuazione, del contributo dello Stato).

La successiva deliberazione comunale di revoca di quella avente ad oggetto il conferimento dell’incarico non è qualificabile come provvedimento autoritativo, idoneo ad incidere sull’indicato diritto ed impugnabile solo davanti al giudice amministrativo, ma ha natura sostanziale di atto di recesso dal rapporto contrattuale (inquadrabile nella previsione dell’art. 2237 Cod. civ.), come tale sindacabile e disapplicabile da parte del giudice ordinario, a tutela del diritto a compenso che debba essere riconosciuto alla stregua della disciplina privatistica del rapporto (Cass. civ., Sez. I, 29 ottobre 2009, n. 22922).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non già in quella del giudice amministrativo, una controversia avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con il quale la stazione appaltante ha disposto la sospensione della esecuzione dei lavori appaltati, nel caso in cui detta sospensione, disposta durante la fase di esecuzione del contratto, sia preordinata e/o strumentale ad una eventuale risoluzione contrattuale ex art. 135, co.1, d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici).

Al pari della controversia relativa alla risoluzione contrattuale, infatti, anche quella concernente la determinazione di sospensione dei lavori, è da reputarsi attratta alla giurisdizione del giudice ordinario (TAR Campania, sez. VIII Napoli, sent. n. 4228 del 25 ottobre 2012, che ha altresì condivisibilmente osservato che “in materia di appalti pubblici, l’art. 133, comma 1, lett. e, n. 1, cod. proc. amm. attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alla procedura di affidamento, restando devolute alla giurisdizione del giudice ordinario quelle concernenti la fase di esecuzione del contratto, ossia concernenti i diritti e gli obblighi derivanti da quest’ultimo.

Il giudizio avente per oggetto la risoluzione di un contratto pubblico e l’accertamento del diritto dell’appaltatore a proseguire il rapporto con l’amministrazione committente rientra, dunque, nella giurisdizione del giudice ordinario, quand’anche l’atto rescissorio rivesta la forma dell’atto amministrativo; ciò, perché trattasi di controversia inerente alla fase della esecuzione del contratto, nella quale l’amministrazione opera in via paritetica e in rapporto alla quale la cognizione si radica – come detto – in capo al giudice ordinario, e perché spetta a quest’ultimo verificare la conformità alla normativa positiva delle regole attraverso cui i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi e delle relative condotte attuative”).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente per oggetto la revoca dell’incarico di direttore dei lavori conferito ad un professionista esterno alla P.A. disposta successivamente alla stipula del contratto (TAR Campania, sez. III Napoli, sent. n. 5973 del 20 dicembre 2011).

Antonella Mafrica

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