L’art. 1117 c.c., nell’elencare le parti che sono di proprietà comune (salvo che dal titolo non risulti il contrario) suddivide queste ultime in tre gruppi in base al rapporto strutturale o funzionale che le unisce all’edificio condominiale.
Il secondo gruppo delle predette parti comuni, previste dall’art. 1117 n. 2, c.c. comprende, tra l’altro, i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere. In difetto di espressa disciplina negoziale, affinché un locale sito nell’edificio – che, per la sua collocazione, può essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa – diventi una parte comune ai sensi dell’art. 1117 n. 2 cit., occorre che, all’atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune.
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Parti comuni ed esclusive in condominio
Il volume illustra la nuova elencazione delle parti comuni (art. 1117 c.c.) che, oltre a considerare il multiproprietario come condomino, estende in modo evidente la disciplina condominiale al fenomeno del supercondominio ma anche al condhotel, fattispecie recentemente introdotta nel nostro ordinamento. Si prendono in considerazione anche le parti comuni del supercondominio, condominio minimo e condominio parziale. Sono analizzate inoltre le modifiche in materia di mutamento di destinazione d’uso delle parti comuni. Non manca poi un capitolo dedicato all’uso delle parti comuni, evidenziando il nuovo orientamento della Cassazione che sembra favorire sempre più un utilizzo maggiormente rispondente all’esigenze dei condomini. Vengono prese in considerazione inoltre le innovazioni con particolare riguardo a quelle di “interesse sociale” e a quelle legate al fenomeno superbonus 110% (fotovoltaico, colonnine di ricarica, cappotto termico, ecc.), prendendo in considerazione le importanti novità legate all’installazione di un ascensore. Viene approfondito poi il tema della sopraelevazione in condominio con accurato esame delle questioni legate ai limiti del sopralzo. Infine viene affrontato il tema del perimento dell’edificio condominiale; conclude l’opera il problema delle opere nelle parti esclusive e dei limiti regolamentari all’utilizzo delle porzioni private. Giuseppe Bordolli Mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari, è esperto di Diritto immobiliare con pluriennale esperienza in attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. Attualmente è direttore editoriale del sito Condominioweb. È collaboratore del Quotidiano condominio 24 ore, di Diritto.it e di varie riviste di diritto immobiliare. Autore di numerose pubblicazioni in materia.
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Locale adibito a portineria esterno al condominio
Si deve escludere, però, che un manufatto posto nel cortile antistante il fabbricato condominiale ed esterno allo stesso, che non sia stato adibito a servizi comuni sia, per struttura e funzione, compreso nelle parti comuni dell’edificio condominiale indicate nell’art. 1117 c. c., né può ritenersi tale, in difetto di una chiara volontà delle parti risultante da titolo idoneo, per il semplice fatto che esso risulti catastalmente denunziato come adibito a portineria, in quanto la classificazione catastale dei beni ha carattere meramente descrittiva in relazione ad un onere nei confronti della P.A. e non è idonea, quale mezzo sussidiario di prova, a prevalere sulla contraria volontà dei proprietari (Cass. civ., sez. II, 06/11/1987, n. 8222).
La destinazione al servizio comune
Se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non può considerarsi come bene comune (Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2017, n. 14796). La sottrazione alla sua destinazione al servizio della cosa comune può avvenire, ad esempio, nel caso di contestuale messa in vendita, in uno alle altre unità immobiliari, del locale originariamente adibito, da parte del proprietario dell’intero stabile, ad alloggio del portiere. Tale esclusione, incidendo sulla costituzione di un diritto reale immobiliare, deve risultare necessariamente da atto scritto, così come da atto scritto deve risultare la volontà dell’originario proprietario esclusivo di riservarsi la proprietà dei beni che rientrano tra quelli comuni in ordine ai quali opera la presunzione di legge.
Se quanto sopra non è avvenuto, per stabilire se un’unità immobiliare situata in un condominio è comune, ai sensi dell’art. 1117 n. 2 c.c., perché destinata ad alloggio del portiere, il giudice del merito deve accertare se all’atto della costituzione del condominio, come conseguenza dell’alienazione dei singoli appartamenti da parte dell’originario proprietario dell’intero fabbricato, vi è stata tale destinazione, espressamente o di fatto, altrimenti si deve escludere la proprietà comune dei condomini su di essa (Cass. civ., sez. II, 26/11/1998, n. 11996). In ogni caso la soppressione del servizio di portierato comporta anche il venir meno del vincolo di destinazione sopra detto. D’altronde, i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere sono sicuramente suscettibili di utilizzazione individuale, potendo essere adibiti ad uso del tutto diverso da quello al quale erano in origine destinati.
Proprietà privata dell’alloggio del portiere e destinazione ad uso di portineria
Il costruttore di un caseggiato concedeva un immobile in uso perpetuo al condominio, affinché venisse utilizzato come alloggio per il portiere, riservandosi la proprietà ed escludendo che l’alloggio rientrasse nelle cose comuni di cui all’art. 1117c.c., secondo la previsione dell’art. 20 del regolamento del condominio. Successivamente vendeva l’immobile. Gli acquirenti citavano in giudizio il condominio chiedendo che il diritto d’uso dell’alloggio fosse dichiarato a loro inopponibile e che il condominio convenuto fosse condannato alla restituzione e al pagamento di indennità per l’illegittima occupazione. Il Tribunale dava torto agli attori e lo stesso faceva la Corte di Appello secondo cui l’intenzione del costruttore era quella di concessione di uso perpetuo, da intendersi come vincolo suscettibile di trasmissione, di natura reale e da qualificare come servitù atipica, in favore di tutti gli immobili costituenti il condominio.
Anche la Cassazione ha inquadrato nello schema della servitù, il vincolo relativo all’alloggio del portiere; tale inquadramento, ad avviso dei giudici supremi, non porta ad uno svuotamento del contenuto del diritto di proprietà in quanto il vincolo non annulla qualsiasi utilità connessa al godimento dell’immobile; ciò in quanto, sia nei periodi nei quali il condominio eventualmente deliberi di non avvalersi del servizio di portierato, sia nel caso in cui il condominio deliberi la cessazione definitiva di quel servizio, i proprietari (nella vicenda gli attori) possono utilizzare l’immobile (Cass. civ., sez. II, 10/6/2024, n. 16803).
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