Opere precarie: le modalità costruttive non contano, ecco perché

Il carattere precario di un’opera edilizia deve essere valutato con puntuale riferimento alla funzione cui essa è destinata e NON alle modalità costruttive. Ad affermarlo è il TAR Campania mediante sentenza 13 gennaio 2016, n. 137.

In conseguenza di questa decisione non possono essere considerate quali opere destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee quelle adibite ad un utilizzo perdurante nel tempo. In tal caso infatti l’alterazione del territorio (elemento dirimente ai fini dell’autorizzazione paesaggistica) non può in alcun modo essere considerata irrilevante.

Nel caso di specie il ricorrente aveva presentato una nota contenente la denuncia di inizio lavori, con connessa richiesta di autorizzazione paesaggistica, per installare un gazebo in legno e recintare il terrazzo relativo ad un immobile di cui era proprietario.

I giudici amministrativi hanno affermato che laddove “si realizzi un manufatto destinato ad un uso prolungato nel tempo, anche in assenza di immobilizzazione al suolo o al solaio, la precarietà dello stesso non dipende dai materiali impiegati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall’uso al quale il manufatto è rivolto e va quindi valutata alla luce dell’obiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell’opera, senza che rilevino le finalità, ancorché temporanee, date o auspicate dai proprietari”.

Ma quali sono le diverse tipologie di installazioni possibili negli spazi esterni? E come è possibile individuare il titolo edilizio necessario per effettuare tale installazione alla luce della giurisprudenza più recente? A rispondere a queste domande provvede un nuovo strumento editoriale edito da Maggioli, l’e-book Gli interventi edilizi per le opere precarie da esterni, curato dai nostri esperti autori Mario Petrulli e Antonella Mafrica.

Redazione Tecnica

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