“Abito in un condominio del 1936 e lo Studio incaricato non è riuscito a trovare i certificati di abitabilità/agibilità. Dove bisogna cercare e cosa fare per accedere al Superbonus. Grazie?”
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Il quesito di questa settimana porta l’accento sulla questione degli interventi di Superbonus per gli immobili generalmente considerati come “immobili d’epoca”, ossia quelli realizzati oltre 70 anni fa, e per i quali c’è difficoltà a ritrovare la documentazione edilizia. Una questione, tuttavia, del tutto irrilevante nella situazione specifica.
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Edifici storici e certificazioni
Per quel che riguarda la certificazione in sé, le norme in materia sono cambiate varie volte nel corso degli anni, e attualmente le disposizioni in materia di certificato di agibilità (che ha sostituito l’abitabilità) sono confluite nell’art. 24 del DPR 380/2001, Testo unico in materia edilizia (TUE).
Di fatto oggi il certificato va richiesto per i casi i di nuove costruzioni, ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, oppure a seguito di interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati. Non occorre, invece, quando debbono essere effettuati interventi edilizi, né tanto meno quando si tratta di interventi di Superbonus.
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Le attestazioni per il Superbonus
Con l’introduzione della CILAS, ossia della CILA Semplificata per il Superbonus, in vigore dall’agosto del 2021, è stato alleggerito di molto il compito del professionista tecnico chiamato ad attestare la regolarità dell’immobile. Il modello da presentare, infatti, nel quadro dedicato alle “Attestazioni relativamente alla costruzione/legittimazione dell’immobile”, richiede al tecnico di barrare alternativamente una delle tre opzioni attestando che la costruzione dell’immobile oggetto dell’intervento:
- è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967
- è stata autorizzata dal seguente titolo edilizio: _________________ (specificare gli estremi)
- è stata legittimata dal seguente titolo _________________ (specificare gli estremi).
Nulla più di questo è richiesto, né, peraltro l’abitabilità era mai stata richiesta in precedenza.
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Lo stato legittimo dell’immobile
Per quel che riguarda lo stato legittimo dell’immobile, infatti, fanno testo le norme introdotte con la conversione in legge del decreto 76/2020, cd “Decreto Semplificazioni” (in vigore dal 9 settembre 2020) che ha modificato l’art. 9-bis del TUE.
La norma ora precisa che che “lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia”.
Nessun cenno, quindi, a qualunque necessità di risalire alla certificazione di abitabilità al fine di attestare lo stato legittimo dell’edificio o del singolo appartamento.
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Quando il Superbonus è a rischio
Con l’entrata in vigore della CILAS, poi, nell’art. 119 sono state introdotte ulteriori disposizioni che chiariscono che la decadenza dalle agevolazioni prevista dalle norme del TUE si ha esclusivamente nei seguenti casi:
- mancata presentazione della CILAS;
- interventi realizzati in difformità dalla CILAS;
- assenza dell’attestazione dei dati sull’immobile (licenza edilizia, sanatoria, costruzione prima del 1° settembre 1967);
- non corrispondenza al vero delle attestazioni rese dai professionisti.
La norma stabilisce anche che i Comuni conservano i poteri di verifiche sull’edificio nel quale sono stati effettuati gli interventi elencati nella CILAS, ma a questo proposito stabilisce ulteriormente che:
- se si tratta di violazioni meramente formali non si avrà decadenza delle agevolazioni fiscali, anche se dovrà essere sanato l’abuso;
- se le violazioni sono rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi (ad esempio coibentazione di una sopraelevazione abusiva), la decadenza si applica limitatamente al singolo intervento.
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I dubbi del tecnico
Per rispondere al quesito del nostro lettore, dunque, occorrerebbe sapere per qual motivo lo Studio al quale il condomino si è affidato ritiene necessaria la documentazione aggiuntiva che, come detto, non va presentata per queste pratiche edilizie.
Inoltre, come visto, relativamente agli immobili costruiti prima del 1967 non occorre attestare altro che il fatto che fossero esistenti, appunto, prima di questa data senza alcuna necessità di indicare altri dati. In ogni caso se il tecnico ritiene di non poter presentare la CILAS, nulla vieta di rivolgersi ad altri.
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