Codice appalti: limiti e difficoltà interpretative dell’avvalimento

Si tratta di dubbi interpretativi che dovranno essere sciolti dalla giurisprudenza nazionale e, in prima battuta, dalle stazioni appaltanti nel formulare i disciplinari. Vincenzo Laudani ci aiuta ad individuare quali sono i tre punti aperti da chiarire

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L’art. 89 del Codice del 2016 prevedeva, al comma 11, un divieto generalizzato di ricorso all’avvalimento nei casi in cui nell’oggetto dell’appalto (o della concessione) rientrassero “opere per le quali” fossero “necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali”.

Non si trattava di un divieto facoltativo, la cui introduzione fosse rimessa alla stazione appaltante, ma di un divieto generalizzato non soggetto a possibilità di deroghe da parte dell’ente pubblico.

Questa norma era stata oggetto di contestazione da parte della Commissione europea con la lettera di costituzione in mora nella procedura di infrazione n. 2018/2273, seppur i profili di illegittimità rilevati non fossero legati al divieto di avvalimento per le opere superspecialistiche, quanto invece al fatto che la norma sembrasse proibire l’avvalimento per tutto l’oggetto dell’appalto in cui rientrassero anche (ma non solo) “opere complesse”.

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Il legislatore ha inteso, in sede di riforma, andare ben oltre quanto suggerito dalla Commissione, rimettendo la decisione relativa all’inserimento di tale divieto alla stazione appaltante e modificandone parzialmente i presupposti e l’oggetto.

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Avvalimento: cosa prevede il nuovo Codice Appalti

L’art. 104, comma 11 del nuovo Codice, in particolare, prevede che “Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le stazioni appaltanti possono prevedere che taluni compiti essenziali, ivi comprese le opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica quali strutture, impianti e opere speciali, siano direttamente svolti dall’offerente o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici, da un partecipante al raggruppamento”.

La norma in questione riproduce il contenuto dell’art. 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, caratterizzandosi unicamente per l’aggiunta di una esemplificazione. Ciononostante, la norma non si sottrae ad alcune difficoltà interpretative.

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Le difficoltà interpretative

La prima: l’espressione “servizi e operazioni di posa in opera” non consente agevolmente di comprendere se la stazione appaltante possa introdurre il divieto per tutti gli appalti di servizi o solo per quegli appalti di servizi che prevedano anche operazioni di posa in opera. A parere di chi scrive (ndr l’autore della presente analisi è Vincenzo Laudani) l’interpretazione corretta va ricercata nella funzione della norma, che è quella di evitare che opere complesse possano essere eseguite da subappaltatori o imprese ausiliarie con la conseguenza di una perdita della professionalità richiesta con l’imposizione dei requisiti di partecipazione.

Pertanto, un’esclusione di alcuni appalti di servizi sembrerebbe non conforme alla funzione della norma, dato che consentirebbe, ad esempio, l’impossibilità di introdurre limitazioni con riferimento ad appalti di progettazione di servizi informatici a distanza, caratterizzati da una notevole complessità e consequenziali rischi. Tale interpretazione sembra essere quella assunta dall’ANAC, che nel bando tipo n. 1 (relativo a servizi e forniture) prevede la possibilità di inserire limiti all’avvalimento “per i servizi o le forniture con operazioni di posa in opera o installazione”, quindi consentendo un ricorso allo strumento per tutti gli appalti di servizi e non solo per alcune tipologie.

La seconda: l’espressione “taluni compiti essenziali” è caratterizzata da genericità. L’aggettivo “taluni” sembra specificare che il divieto possa riguardare lo svolgimento solo di alcune attività, e non di tutte le attività oggetto dell’appalto, con conseguente ulteriore superamento del profilo critico denunciato dalla Commissione. Tale interpretazione ha trovato l’avallo del MIT, che con parere n. 2158 del 2023 ha sostenuto (interpretando l’art. 119, comma 2, del Codice del 2023 che ha una formulazione analoga alla norma qui in commento) che “la stazione appaltante non può limitarsi a vietare il subappalto in termini generali, bensì deve specificare, nella documentazione di gara, le prestazioni/lavorazioni oggetto dell’appalto, la cui esecuzione debba avvenire a cura dell’affidatario”.

La formula “compiti essenziali” appare invece vaga e probabilmente richiederà l’intervento giurisprudenziale per la definizione di regole specifiche volte alla sua individuazione. A parere di chi scrive, dovrà comunque trattarsi di compiti caratterizzati da profili di specialità, ossia da prestazioni contrattuali che per la loro delicatezza non possano essere svolte da qualsiasi operatore economico abilitato per legge e che richiedano una professionalità specifica.

La terza riguarda l’ambito di estensione del divieto. Atteso infatti che questo viene previsto con riferimento a prestazioni, e non a requisiti o elementi premianti, si dovrà ritenere che lo stesso intervenga soltanto nei casi in cui l’avvalimento comporti l’esecuzione diretta delle obbligazioni da parte dell’impresa ausiliata e non anche nei casi in cui questa si limiti ad una mera prestazione di ausilio. In ogni caso non potrà ritenersi (nel caso di introduzione del divieto) ammesso l’avvalimento per il “possesso di autorizzazione o altro titolo abilitativo” necessario per l’esecuzione dei compiti essenziali, dato che a norma dell’art. 104, comma 3, ne conseguirebbe un obbligo di esecuzione diretta in capo all’impresa ausiliaria.

Si tratta comunque di dubbi interpretativi che dovranno essere sciolti dalla giurisprudenza nazionale e, in prima battuta, dalle stazioni appaltanti nel formulare i disciplinari. Non pare di aiuto il bando tipo n. 1 dell’ANAC, che si limita lapidariamente a richiedere di descrivere i “compiti essenziali” che andranno svolti direttamente dall’offerente nel paragrafo dedicato all’avvalimento senza specificare quali limitazioni ne derivino per l’istituto.

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Ricapitolando, in sintesi

  • L’art. 89 del Codice del 2016 prevedeva un divieto di avvalimento per appalti che avessero ad oggetto opere di notevole contenuto tecnologico o rilevante complessità tecnica.
  • Tale divieto generalizzato (e non facoltativo) era stato oggetto di contestazione da parte della Commissione europea.
  • L’art. 104 del Codice prevede una facoltà (e non un obbligo) per la stazione appaltante di imporre l’esecuzione in proprio di alcune prestazioni (“taluni compiti essenziali”) in capo al concorrente.
  • La norma, per come interpretata nel bando tipo n. 1 ANAC, opera per tutti gli appalti di lavori, servizi o forniture.
  • L’espressione “taluni” sembra sottintendere che il divieto possa essere previsto solo per alcune prestazioni oggetto dell’appalto e non per la loro totalità.
  • Non è chiara la definizione di “compiti essenziali”.
  • Il divieto dovrebbe comportare solo l’impossibilità di stipulare contratti di avvalimento che affidino i compiti essenziali all’impresa ausiliaria e non come generale divieto di fare ricorso all’avvalimento per requisiti o elementi premianti.

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