Bradisismo Campi Flegrei: la prevenzione funziona se fatta in tempo (di pace)

Il continuo sollevamento del suolo nei Campi Flegrei e gli effetti sismici mettono a rischio edifici vulnerabili. Il governo ha avviato una ricognizione speditiva per identificare le strutture vulnerabili. La prevenzione resta in tali casi un’efficace strumento per garantire la sicurezza

Le cronache di questi giorni attorno agli eventi sismici dei Campi Flegrei non arrivano inaspettate perché da mesi l’area è “in attività” secondo il suo ciclico fenomeno di bradisismo, ovvero il movimento lento del terreno causato dalla dinamica vulcanica della caldera sottostante. Questa area di natura vulcanica è attiva da almeno 80.000 anni e malgrado ciò è sempre stata abitata fin dall’età preistorica, meta di insediamenti abitativi e porti commerciali con grande rilevanza storica e culturale.

La caldera ha un diametro di circa 15-18 km, composta da molti crateri e piccoli edifici vulcanici, in parte sommersa dal golfo di Pozzuoli. La sua origine è legata a violente eruzioni del passato, l’ultima delle quali è avvenuta nel 1538. Da allora la caldera è quiescente ma continuano i segnali di ciclica attività di vulcanismo secondario a cui è associato il bradisismo. Non sempre tale movimento è correlabile ad una ipotetica eruzione, che al contrario potrebbe accadere anche all’improvviso senza precedente attività bradisismica.

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Indice

L’attività bradisismica e le conseguenze sul territorio

Negli anni ’70-’80 il bradisismo ha generato un veloce sollevamento del suolo di oltre 3,5 m accompagnato da importanti sciami sismici e danni agli edifici tali da alternare gravi momenti di sconforto nella popolazione con temporanee evacuazioni (forzate e spontanee). Successivamente la caldera ha registrato una fase di subsidenza (abbassamento del terreno) per circa vent’anni fino alla fine del 2005, quando è iniziato un nuovo periodo di sollevamento attualmente in atto con valori massimi concentrati nell’area portuale di Pozzuoli.
 
«Il sollevamento continuo del suolo testimonia il progressivo aumento di pressione interna del sistema: questo, oltre a produrre il sollevamento, spacca le rocce producendo i terremoti», come spiega Giuseppe De Natale, Dirigente di Ricerca INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), il quale specifica su La Stampa come «finché dura il sollevamento del suolo durerà la sismicità e perdurando l’alta velocità di sollevamento, potremo registrare altri eventi del genere, ed anche più forti».

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Il monitoraggio e gestione del rischio

L’area è scientificamente monitorata da anni dall’INGV con misure geodetiche e sismiche, ad un livello di attenzione salito da verde a giallo. Dal 2013 esiste anche un (complesso) piano di evacuazione, da attuarsi in 72 ore coinvolgendo circa mezzo milione di abitanti, qualora sussistano rischi di nuove eruzioni. Se quest’ultime potrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere segnalate (si spera) con un congruo anticipo tramite gli strumenti di monitoraggio sul campo, al contrario una grossa scossa di terremoto, come sappiamo, non può essere prevista in anticipo.

Come ha scritto Mario Tozzi su La Stampa, «è la situazione edilizia il vero problema dei Campi Flegrei e del napoletano. Non è infatti normale che si verifichino crolli, seppure di calcinacci, tegole, comignoli, con un terremoto di quella magnitudo, non è normale che ci siano feriti e rischi ancora più gravi, che una persona venga estratta dalle macerie, che si aprano crepe negli edifici e che si registri un caos micidiale che rende ogni operazione complicata. Nei decenni si è favorita la crescita degli insediamenti, si sono addirittura costruite nuove abitazioni, quando il primo comandamento doveva essere mattoni nuovi zero: nessuna nuova costruzione in un’area a così elevato rischio. Un rischio noto da secoli, o comunque da decenni e che non poteva in nessun modo essere trascurato, almeno dopo la crisi bradisismica degli anni ’80 del XX secolo».

La necessità di una prevenzione efficace

La qualità edificatoria dell’area richiederebbe al contrario un’attenta politica di riqualificazione e verifiche strutturali per adeguare gli edifici a sostenere i cicli di innalzamento e abbassamento del terreno, che possono compromettere la funzionalità di reti di sottoservizi (gas, acqua), dei serramenti interni (mancata ortogonalità dei telai delle porte) e causare quadri fessurativi a elementi strutturali e non strutturali (tamponamenti). Oltre a subire gli ulteriori danni della conseguente attività sismica. Sicuramente un doppio stress per qualsiasi struttura, maggiormente critico per edifici vetusti.

Oggi il suolo continua a sollevarsi, le scosse sismiche avvengono anche con magnitudo superiore a 4 e di conseguenza cresce l’allerta. In questo momento il rischio più evidente sembra essere quello sismico, sul quale si sarebbe potuto intervenire già nel passato più recente, a memoria di quanto già accaduto.

Laconica la riflessione di Giuseppe De Natale (INGV): «l’unica misura da prendere ora, ormai in emergenza, è accertarsi con la massima rapidità, mobilitando centinaia di ingegneri e architetti di provata esperienza, che gli edifici abitati possano resistere a terremoti come questi e anche molto più forti di questi». Già l’anno scorso ci sono stati danni diffusi e 1.500 sfollati. Questa volta (scossa del 13 marzo 2025) ci sono stati 11 feriti. Il Ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, ha dichiarato che «circa 2.000 edifici nei Campi Flegrei sono a rischio sismico; il governo ha avviato una ricognizione speditiva per identificare tali strutture vulnerabili e ha pianificato un intervento statale per ridurre il rischio sismico» anche con fondi da stanziare nei prossimi anni per ripristinare l’agibilità di case danneggiate dagli eventi sismici dello scorso anno.

Sicuramente uno sforzo apprezzabile, forse però un po’ in ritardo rispetto all’evento in corso? La prevenzione si esegue in tempo di pace, mentre in emergenza spesso rappresenta solo un palliativo. Il Capo della Protezione Civile, Fabio Ciciliano, ricorda come «il nostro Paese è tra i più sismici al mondo, ma è anche uno di quelli in cui si studiano di più i terremoti». Verissimo e qui sta il surreale controsenso di avere un’ingegneria antisismica all’avanguardia, ma intervenire ancora poco sulla fragilità di un vasto patrimonio edilizio, totalmente inadeguato soprattutto in aree ad elevato rischio.

Lo stesso Ciliano sottolinea come «sia essenziale che i cittadini siano consapevoli del rischio per poter affrontare le emergenze con le giuste misure di sicurezza». Quante persone hanno partecipato alle prove di evacuazione messe in campo dalla Protezione Civile in questi ultimi mesi ai Campi Flegrei? A giugno dello scorso anno si sono presentati in 16 a Napoli, in 30 a Pozzuoli; attorno, spiagge affollate. Soltanto la condivisione e partecipazione collettiva ad una forte cultura della sicurezza potrà favorire in futuro una adeguata attività di prevenzione.

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Alessandro Grazzini

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