Le opere per abbattere le barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi: bisogna rispettare la distanza non inferiore a tre metri stabilita dagli articoli 873 e 907 del codice civile.
Con questa motivazione il TAR di Milano, con la sentenza n. 809 del 27 marzo 2018, ha respinto il ricorso proposto contro la delibera consiliare con la quale il Comune di Vedano al Lambro (Monza) aveva autorizzato un progetto di ristrutturazione edilizia consistente nella realizzazione di un ascensore e di un vano scala all’esterno della sagoma di un edificio di tre piani, per consentire ai proprietari di mettersi in regola con la disciplina sull’eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’ articolo 79 del testo unico dell’edilizia (TUE) e all’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989 n. 236.
Il ricorrente aveva impugnato l’autorizzazione perchè le opere in questione avevano soltanto lo scopo di “migliorare i servizi e il valore immobiliare dell’edificio” e il provvedimento era stato rilasciato in violazione del piano regolatore e del decreto ministeriale, perchè la distanza legale tra l’edificio oggetto di ristrutturazione e un immobile del ricorrente era stata ristretta da 10 a 9 metri).
“Non può ragionevolmente negarsi che l’installazione di ascensori costituisca rimozione di barriere architettoniche”: la sentenza parte dalla definizione di barriere architettoniche dell’ articolo 2 del decreto ministeriale n.236 del 1989, che le definisce come “ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita, in forma permanente o temporanea”.
Ostacoli che, contrariamente a quanto sostenuto da chi ha fatto ricorso, possono esser anche scale di palazzi a più piani, “non affrontabili da soggetti deambulanti con sussidi ortopedici, o comunque fonte di affaticamento per chiunque, a causa dell’età o di patologie di varia natura, abbia ridotte capacità di compiere sforzi fisici” (come si diceva nel Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 5 marzo2014, n. 1032).
Ci sono quindi tutte le condizioni per applicare l’ articolo 79 del TUE: gli interventi finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche si possono realizzare in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, tranne il limite stabilito dagli articoli che dicevamo sopra, cioè 873 e 907 del codice civile. Questo a prescindere dal fatto che le opere in questione non possano qualificarsi come «costruzioni (si vedano anche Consiglio di Stato, Sezione IV, 5 dicembre 2012, n. 6253; Cassazione Civile, Sezione II, 3 febbraio 2011, nr. 2566; sentenza 8 novembre 2011, n. 526 del T.A.R. L’Aquila).
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