Inquinamento ambientale a Biancavilla: il problema della fluoro-edenite

Il caso Biancavilla rappresenta un caso di inquinamento ambientale da fibre anfiboliche, non derivante da esposizione professionale ma da esposizione ambientale da sorgente naturale

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In particolare, nel periodo 1980-92, erano stati accertati nove casi di decesso contro i poco più di due casi attesi, evidenziando un incremento che riguardava maggiormente le donne e i soggetti con meno di 65 anni. Tale casistica era stata correlata a un’esposizione ambientale a fibre asbestiformi con struttura di anfibolo e composizione fluoro-edenite, provenienti da rocce basaltiche estratte dal Monte Calvario e in altri siti a Biancavilla (Catania), ampiamente impiegate in edilizia stradale e civile.

Il minerale fu individuato nei prodotti lavici alterati di Monte Calvario, in una cava di pietrisco lavico ubicata alle porte del paese, e preliminarmente classificato come una fase intermedia tra tremolite e actinolite, in quanto, pur presentando caratteri morfologici e composizionali molto simili ad esse, non corrispondeva a nessuna delle due in particolare.

La fluoro-edenite: le caratteristiche

I successivi studi cristallochimici hanno permesso di definire il minerale come fluoro-edenite, e chiederne così l’approvazione alla CNMMN (Commission on New Minerals and Mineral Names).

Il ritrovamento di questo nuovo anfibolo ad alto contenuto di F ha suscitato, quindi, grande interesse, sia per l’aspetto puramente mineralogico nell’aver trovato un nuovo minerale, sia per l’aspetto ambientale e sanitario, attirando l’attenzione da parte di svariati settori del mondo scientifico, proprio per i numerosi risvolti applicativi che tale ritrovamento ha comportato e comporterà nel prossimo futuro.

La fluoro-edenite di Biancavilla presenta alcuni caratteri che la fanno assomigliare ai minerali del gruppo dell’amianto, in particolare alle due fasi fibrose tremolite e actinolite, con le quali ha in comune, oltre all’aspetto morfologico, anche quello composizionale. La caratteristica saliente, che comunque distingue la fluoro-edenite di Biancavilla non solo dagli altri minerali fibrosi, ma anche da tutti gli altri anfiboli noti, è proprio l’alto contenuto in F finora mai riscontrato in natura.

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Nei campioni su membrana (filtri) è stato eseguito il conteggio degli elementi fibrosi con discriminazione morfologica (SEM), determinando la concentrazione di fibre asbestiformi e di altre fibre; le analisi mineralogiche sono state effettuate con Spettrometro a dispersione di energia (EDS) ed, ancora, il Laboratorio INAIL disponeva di spettro caratteristico della fluoro-edenite. In alcuni campioni, sono state rinvenute fibre sottili contenenti Si, Ca, Mg e Fe aventi morfologia simile a quella della fluoro-edenite, ma non attribuibili con certezza a tale specie mineralogica.

Il nome fluoro-edenite deriva dal fatto che tutto l’OH, ipoteticamente presente nella struttura dell’edenite, viene completamente sostituito dal Fluoro. La fluoro-edenite è di colore giallo intenso, trasparente, brillante, ma a volte anche di aspetto resinoso.

Fluoro-edenite, il caso di Biancavilla

Biancavilla a differenza di altri siti d’interesse nazionale si presenta nel duplice aspetto di sito contaminato sia dal punto di vista ambientale che indotto. Biancavilla presenta anche un secondo aspetto del problema: la dispersione naturale o latente di fibre asbestiformi e quindi il rischio da esposizione naturale.

fluoro-edenite biancavilla
Un giardino privato confinante con la parete del Monte Calvario. Fonte: Internazionale.it

Una prima corretta conoscenza della geologia del territorio permette di identificare e localizzare alcune formazioni vulcaniche sospette di contenere minerali fibrosi.

La fluoroedenite massiva probabilmente era già nota in antico, ma con altro nome (Xifonite); le allora possibilità analitiche l’avevano inquadrato tra gli anfiboli già noti all’epoca e sarebbe utile riuscire a conoscere quali erano gli affioramenti noti in passato. La fluoroedenite, come è noto, era stata inizialmente identificata come tremolite, ma ha dimostrato più elevata patogenicità rispetto a quest’ultima.

Oggi è noto che l’area della cava sia l’emergenza più evidente, ma non l’unica.

Una serie di campioni consistenti in frammenti di intonaci e stucchi, prelevati da edifici presenti nell’area urbana del comune di Biancavilla e di cui era stato possibile determinare la data di costruzione, furono esaminati per la ricerca delle fibre. Nel 71% dei campioni, provenienti da edifici costruiti fra i primi anni ’50 e il 1998, furono individuate fibre minerali di fluoro-edenite.

In campioni di particolato aerodisperso campionati in aree in cui erano presenti strade non asfaltate e livellate con inerti provenienti dalle cave di Monte Calvario furono ancora ritrovate le fibre di fluoro-edenite. Con l’aiuto del servizio di veterinaria della locale ASL fu possibile anche esaminare il carico polmonare di circa trenta pecore la cui area di pascolo era localizzata in una area limitrofa alle cave; in circa un terzo degli ovini fu possibile ritrovare fibre di fluoro-edenite. Infine in vari siti individuati nell’area rurale del comune di Biancavilla furono ritrovate fibre di anfibolo di fluoro-edenite in affioramenti presenti nei suoli.

Al fine di classificare tutte le tipologie di fibre ritrovate, le composizioni di queste furono analizzate mediante la microanalisi a raggi X per mezzo della spettroscopia a dispersione di energia. Il rilevamento geologico ha messo in luce che i siti ove si rinviene fluoro-edenite sono distribuiti su un’area di almeno 2 km2 intorno alla località del Monte Calvario.

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Caratterizzazione cristallochimica

Ciò suggerisce come la presenza delle fibre anfiboliche di fluoro sia intimamente legata che si sviluppa in quest’area e pone pertanto il problema di estendere le ricerche ad analoghi contesti geologici dell’area etnea, come per esempio la vicina Ragalna, al fine di valutare l’effettiva diffusione della mineralizzazione per una corretta valutazione del rischio ambientale ad essa associato. La caratterizzazione cristallochimica di fibre minerali, in particolar modo di anfiboli fibrosi, risulta di grande interesse, non solo per l’aspetto mineralogico, ma anche e soprattutto per quello ambientale e sanitario.

I minerali fibrosi si presentano nelle rocce ospiti solitamente associati in fasci più o meno compatti, anche se in alcuni casi possono presentarsi sciolti nei materiali geologici, come per esempio, nel recente rinvenimento dell’anfibolo fluoro-edenite nei prodotti vulcanici di Biancavilla, nei quali il minerale fibroso si presenta disperso nel materiale fine che lo ospita, e dal quale risulta alquanto difficoltosa la sua estrazione  separazione, necessaria per le successive analisi mineralogiche.

Recenti studi a carattere ambientale, epidemiologico e tossicologico nell’area di Biancavilla hanno evidenziato che l’interazione tra la fibra minerale e l’ambiente organico è risultata strettamente correlata sia alla forma che alla cristallochimica delle fibre anfiboliche che entrano in contatto con il mezzo biologico.    Anche se in questi ultimi anni particolare attenzione è stata rivolta alla cristallochimica degli anfiboli, sia prismatici che fibrosi, le difficoltà oggettive esistenti per lo studio mineralogico e strutturale delle varietà fibrose non hanno permesso di ottenere ad oggi una loro completa e dettagliata definizione in termini cristallochimici.

Fluoro-edenite biancavilla
Fluoro-edenite del Monte Calvario, Biancavilla

I nuovi dati chimici e strutturali di anfiboli fibrosi calcici, mai ancora studiati da questo punto di vista, grazie a un approccio multianalitico e, dove necessario, ad una preliminare procedura di preparazione e arricchimento del materiale fibroso in esame, è stato possibile ottenere dati cristallochimici utili sia a fini mineralogici che ambientali e sanitari.

Le fibre anfiboliche provenienti da Biancavilla hanno mostrato una composizione riconducibile prevalentemente a quella della fluoro-edenite. Le fibre di tremolite presentano in generale un più basso contenuto di ferro (2 < FeO% < 4) rispetto alle fibre di fluoro-edenite (3 < FeO% < 8). Tali differenze correlano positivamente con l’attività biologica di questi materiali.

Dai sopralluoghi effettuati in cava, queste formazioni risultano intercalate a materiale poco coerente, costituito prevalentemente da piroclastiti, e sono caratterizzate da particolari mineralizzazioni ad ematite, circoscritte nelle fratture e spaccature della roccia lavica.

Proprio da queste fratture, dove il materiale lavico appare più chiaro e friabile, visibilmente frantumato, emergono blocchi di lava alterata, contenenti l’anfibolo giallo fibroso fluoro-edenite, il quale va a ricoprire, insieme all’ematite, i vuoti e le fratture delle rocce stesse.

Se non fosse stata trovata la fluoro-edenite, oggi Monte Calvario sarebbe ancora considerato come una tipica formazione vulcanica etnea, derivante da un processo di ultimo stadio idrotermale, in cui l’alta temperatura e la partecipazione di H2O avrebbero causato l’alterazione della lava e l’abbondante cristallizzazione di ematite.

La presenza di fluoro-edenite suggerisce, invece, un processo alquanto insolito ed anomalo per il complesso vulcanico Etneo, in particolare per l’alto contenuto in fluoro dell’anfibolo, il quale escluderebbe la partecipazione di acqua durante la sua cristallizzazione.

L’Etna è il più grande vulcano attivo in Europa, fonte di turismo e di risorsa economica per le non poche attività umane che in esso si svolgono, come agricoltura e coltivazione estrattiva di materiali per l’edilizia. Ed è proprio quest’ultima attività che purtroppo, all’insaputa di tutti, ha causato a Biancavilla un grosso problema ambientale e sanitario, dovuto all’estrazione in cava di materiale vulcanico, apparentemente innocuo, ma che nascondeva una insidia per la presenza di fibre anfiboliche.

Lo studio epidemologico, condotto di recente nell’area di Biancavilla, ha dimostrato che l’alta incidenza di mortalità per mesotelioma pleurico è da attribuirsi proprio alla presenza di fibre di fluoro-edenite nell’ambiente; in particolare, una elevata dispersione di fibre si è avuta nel periodo di maggiore attività della cava di Monte Calvario e precisamente negli anni 60-70, quando il paese ha avuto il massimo sviluppo edilizio.

Conclusioni

Il caso Biancavilla rappresenta, quindi, un particolare caso di inquinamento ambientale da fibre anfiboliche, non derivante da esposizione professionale, ma da semplice esposizione ambientale da sorgente naturale.

Saranno necessari ulteriori studi epidemiologici, ambientali, sanitari, ma soprattutto studi biologici e tossicologici sulle fibre, sia in vitro che in vivo, al fine di ottenere un quadro completo sull’effettiva pericolosità della nuova fibra anfibolica di Biancavilla.

L’incremento di incidenza di mortalità per mesotelioma della pleura e l’aumento di altre patologie respiratorie, sia in Italia che in altri paesi industrializzati del mondo, porta a fare alcune considerazioni sulla situazione ambientale del nostro habitat.

L’ormai assodato nesso tra fibre disperse nell’ambiente e patologie respiratorie suggerisce un attento esame delle condizioni di vita nella società odierna, in particolare dell’aria che respiriamo.

Se da una parte la legge 257/92 ci rassicura sul divieto di utilizzo dell’amianto, dall’altra ci preoccupano i nuovi e sempre più frequenti casi di inquinamento ambientale che non hanno nulla a che vedere con i siti industrializzati. Questo allarme, che ci giunge dagli epidemiologi e studiosi ambientalisti, può essere fronteggiato da subito, cercando di limitare quanto più possibile la dispersione in aria di pulviscolo e sostanze inquinanti. Un continuo monitoraggio ambientale sulla presenza di fibre nell’aria, da parte di strutture ed enti locali, sarebbe inoltre vivamente auspicabile.

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Fonte foto: leggimionline.it

Patrizia Cinquina

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