Quel che resta del Codice Appalti

Marco Agliata 06/04/16
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È stato pubblicato il primo aprile (e la data sembra avere un valore simbolico) il parere del Consiglio di Stato (228 pagine) su nuovo Codice Appalti, emesso nell’Adunanza della Commissione speciale del 21 marzo 2016 con numero 855, sullo schema di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n.11.

Una delle prime notazioni riguarda proprio il titolo per il quale in Consiglio di Stato indica come più adeguato: “Codice dei contratti pubblici”. Le osservazioni successive, che entrano opportunamente nel merito dei contenuti, sono di drammatica entità.

Si tratta di 228 pagine in cui vengono affrontati tutti gli aspetti che rendono il testo presentato oggetto di una doverosa riformulazione in un numero molto esteso di parti.

L’ampiezza e la rilevanza delle problematiche è tale che, dovendo procedere alla pubblicazione entro il 18 aprile, sono da prevedere una successiva serie di decreti correttivi che insieme alle Linee guida dell’ANAC e ai decreti attuativi (il numero originario era di 50) potrebbero ricondurre il tutto a qualcosa di maggiormente adeguato alla funzione regolatoria di un codice che disciplina un ambito di importanza primaria.

Questa condizione dà, quindi, luogo a un percorso che ha inizio il 18 aprile 2016 ma non è possibile comprendere quando avrà termine non solo per la definitiva formulazione di aspetti secondari ma anche per procedure e modalità che rivestono primaria importanza.

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Il testo attuale e, soprattutto, la formulazione dei vari articoli non sembrano andare nella direzione di quel quadro complessivo nel quale dovrebbero risiedere la semplificazione, la certezza delle regole e la prevenzione-riduzione del contenzioso.

Non entrando nel merito delle osservazioni del Consiglio di Stato che riguardano il rapporto tra direttive, legge delega e codice, i contenuti della norma e le ricadute sul sistema oggetto della regolazione, tra le prime raccomandazione di carattere generale c’è quella che sollecita maggior rigore e puntualità nell’ambito degli appalti sotto soglia, subappalto e contratti esclusi.

Sarà necessario intervenire (oltre che sui principi relativi ai conti correnti delegati, concessioni di servizio idrico, alla esternalizzazione delle gare per le concessioni) sulla gara informale negli appalti sotto soglia con un numero minimo di tre concorrenti, in luogo del minimo di cinque fissato dalla legge delega, da rivedere la disciplina degli appalti della protezione civile e quella del dibattito pubblico. Oltre alla inadeguata normazione di materia costituzionale (relativamente ai contratti pubblici) attraverso norme codicistiche, si rende necessaria, nello spirito della chiarezza, in primo luogo l’abrogazione delle norme previgenti (secondo il primato dell’abrogazione espressa su quella tacita), immaginando anche un contemporaneo riordino della legislazione sulla contabilità di Stato. Il Consiglio di Stato fa rilevare l’importanza che il nuovo codice rappresenti:

– un punto di chiarezza per le norme sugli appalti pubblici in termini di linguaggio – univoco e coerente con l’ordinamento giuridico nazionale;

– chiarezza dei singoli articoli e sintesi dei contenuti (art. 3 con 83 definizioni – comma 7 dell’art. 93);

– chiarezza dei riferimenti, dei rinvii, definizioni all’interno dei vari articoli (coerenza interna);

– chiarezza dei riferimenti ad altre norme settoriali (codice amministrazione digitale, della trasparenza, disciplina delle società pubbliche, beni culturali, codice penale e altri (coerenza esterna).

 

Gli atti attuativi

Viene, correttamente, espressa “preoccupazione” per un’attuazione affidata a 50 atti attuativi che rischiano di diventare un elemento di dispersione (viene tolto 1 regolamento e vengono introdotti 50 documenti sostitutivi). In questo senso si rende necessario che la cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri definisca un programma di coordinamento con tempistiche precise per la tempestiva attuazione delle attività di monitoraggio e degli interventi correttivi per evitare duplicazioni e sovrapposizioni e svolga anche un ruolo di verifica dell’impatto che tali norme avranno sul sistema (il termine stabilito di un anno sembra troppo breve).

 

Linee guida dell’ANAC

È richiesta maggiore chiarezza sulla specificità delle linee guida dell’ANAC:

– le linee guida “vincolanti” che non sono regolamenti ma atti di regolazione di un’Autorità indipendente che devono, pertanto, perseguire alcune garanzie procedimentali minime (consultazione pubblica, metodi di analisi e di verifica di impatto della regolazione …);
– le linee guida “non vincolanti” che avranno un valore di indirizzo a fini di orientamento dei comportamenti di stazioni appaltanti e operatori economici.

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Resta da valutare il fatto che le linee guida disciplinano alcuni aspetti (qualificazione) che costituiscono completamento di norme di rango primario che dovrebbero essere, quindi, affidate a norme regolamentari e non a linee di indirizzo non omologabili a decreti ministeriali.

In questa situazione, oltretutto, emerge anche un’altra problematica legata alla fase transitoria in quanto con un tale numero (oltre 50) di atti attuativi che dovranno sostituire l’attuale regolamento si dovrà, per forza di cose, prevedere una fase di passaggio durante la quale l’attuale codice resti in vigore fino alla redazione dei nuovi atti sostitutivi.

 

Codice Appalti, sintesi delle problematiche

Alcune delle problematiche del Codice Appalti rilevate dal Consiglio di Stato interessano:

– la richiesta di cancellazione della previsione che fa salve speciali disposizioni vigenti per amministrazioni, organismi e organi dello Stato dotati di autonomia finanziaria e contabile, apparendo generica, eccentrica, non conforme alle direttive e alla legge delega (art. 1);
– le definizioni siano chiare, leggibili, coerenti con gli articoli specifici (art. 3);
– sia compiuta una valutazione adeguata sul tasso di semplificazione degli affidamenti sotto soglia e dei contratti esclusi (per il conseguente rischio di una eccessiva limitazione della concorrenza e trasparenza); per quanto riguarda la gara informale viene ritenuto più idoneo prevedere l’invito di almeno cinque concorrenti (artt. 4 e 36);
– la qualificazione degli operatori economici sia affidata a principi codicistici e regole attuative chiare; sia rivisto il sistema SOA in relazione revisione straordinaria affidata all’ANAC (artt. 83 e 84);
– il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non sia vanificato da fughe elusive nel criterio del prezzo più basso, e sia garantito per tutti i servizi a contenuto intellettuale (art. 95);
– nella disciplina delle offerte anomale si ripristinino garanzie procedimentali minime della fase di verifica in contraddittorio, e si valuti il ripristino dell’esclusione automatica per le offerte anomale sotto soglia (art. 97);
– il principio di separazione tra progettazione e esecuzione non sia eluso mediante contratti atipici di partenariato pubblico-privato (art. 180);
– l’immediata impugnazione degli atti di ammissione e esclusione dalle gare sia accompagnata da tempi certi di conoscenza e accesso agli atti (artt. 204, 29, 76).

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Tutto questo fa presagire un faticoso periodo di integrazioni e correzioni che non gioverà affatto al settore degli appalti pubblici, già duramente provato da questi anni e sempre ipotizzando che il percorso vada nella direzione necessaria.

 

Marco Agliata

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