Se negli anni trenta Le Corbusier aveva colto i benefici, sul piano della termoregolazione, dell’impiego dei toit-jardin, inserendoli tra le fondamentali proposizioni del Movimento Moderno contenute nella formulazione dei celeberrimi “cinque punti dell’architettura”, oggi i tetti giardino andrebbero sempre più considerati come parte di un sistema di mitigazione ambientale, e sotto differenti aspetti.
Ai vantaggi ormai assodati di isolamento termico, acustico ed elettromagnetico, nonché di produzione di ossigeno, abbattimento delle polveri sottili e relativi alla biodiversità si aggiungono negli ultimi anni studi incentrati sull’influenza dei tetti giardino nella riduzione della cosiddetta “isola di calore urbana”.
Molti studi dimostrano la correlazione tra l’incremento delle aree verdi e l’abbassamento della temperatura a livello urbano, suggerendo l’uso della vegetazione come possibile strategia di mitigazione del fenomeno isola di calore, nonché come importante fattore per il miglioramento della qualità dell’aria, la gestione delle acque meteoriche e l’incremento della biodiversità.
I tetti costituiscono una consistente percentuale (20-30%) dell’area urbana e la conversione estesa di tali superfici in green-roof può fornire i benefici sopra elencati e, alla scala dell’edificio, incrementare la durata dei manti di copertura, oltre che aumentare l’isolamento acustico e ridurre il consumo di energia (in particolar modo per ciò che concerne la climatizzazione estiva).
Il problema dell’impermeabilizzazione del suolo negli agglomerati urbani ha introdotto il concetto di run-off, che esprime la possibilità di riduzione e controllo delle acque meteoriche che si riversano nelle condutture fognarie e nei bacini di drenaggio.
Studi sulla regimazione del deflusso delle acque meteoriche risultano importanti sia in contesti come quello delle aree metropolitane densamente edificate (non è un caso che il regolamento edilizio attualmente più avanzato sia quello di Toronto, in Canada) sia in territori come quello italiano, caratterizzato da un morfologia che favorisce i fenomeni alluvionali, anche in relazione ad una certa incuria e miopia programmatica nel controllo dell’assetto idrogeologico dei corsi d’acqua.
In questo senso i giardini pensili assumono un nuovo valore in termini di sostenibilità, agendo, oltre che sulle già note qualità ambientali, anche sulla tutela di risorse come l’acqua.
Uno dei più rilevanti benefici ambientali fornito dai giardini pensili è la capacità di ridurre il run-off delle acque derivanti da precipitazioni atmosferiche, in netto contrasto con le caratteristiche relative alle tradizionali soluzioni di copertura, impermeabili; questa è dovuta in primo luogo alla presenza di un volume di terreno caratterizzato da porosità atte a trattenere cospicue quantità d’acqua che viceversa si riverserebbe direttamente nella rete fognaria.
Analogamente a quanto accade in natura, senza il terreno a svolgere il compito di “buffer”, la pioggia che cade sui continenti produrrebbe un ruscellamento istantaneo dell’acqua con conseguenti allagamenti, di gran lunga superiori a quelli generati da intensi piovaschi.
L’antropizzazione ha effettivamente eliso dallo sviluppo dell’ambiente urbano quei vantaggi generati dal suolo originario e dalla relativa vegetazione: le città con le loro ampie superfici impermeabili (dalle strade, ai marciapiedi, ai tetti,…) riversano completamente l’acqua captata nelle tubature del sistema fognario, cui si aggiunge il flusso d’acqua proveniente dagli scarichi domestici con conseguente sovraccarico delle infrastrutture e dei sistemi di depurazione collocati a valle dell’intero sistema.
A protezione di questi ultimi, e per evitare il riflusso dell’acqua nelle strade in caso di piogge intense, il volume in eccesso viene riversato in canalizzazioni che sversano direttamente in corsi d’acqua o in mare, con conseguenze immaginabili in termini di inquinamento.
L’evidenza dei limiti di tale impostazione infrastrutturale è particolarmente marcata in aree caratterizzate da un’orografia scoscesa (molte zone dell’Italia ne sono un esempio) che rende ancora più veloci tali “travasi” e, spesso, devastanti.
La soluzione più semplice è operare sul sistema di captazione per ri-esporre il suolo alle piogge, estendendo possibilmente al principio anche alle sedi stradali e alle aree pedonali.
In tal senso nuovi materiali ad elevato grado di porosità, permeabili, e i sistemi di stoccaggio dell’acqua nonché i bacini di bio-ritenzione e di infiltrazione costituiscono un sistema che può, in sinergia con i tetti pensili, rispondere efficacemente alle necessità di regimazione delle acque meteoriche.
Entrando nello specifico delle dinamiche idrologiche vanno distinti i contributi che determinano i volumi in ingresso ed in uscita dal sistema dei tetti giardini: la precipitazione atmosferica si traduce in detenzione idrica (l’acqua trattenuta entro le porosità del terreno), ritenzione idrica (l’acqua assorbita dalle piante e restituita all’atmosfera mediante evapotraspirazione), e ruscellamento (acqua non assorbita dal terreno e che defluisce scorrendo superficialmente).
La ritenzione idrica è certamente l’effetto più interessante e benefico per l’ambiente: se da un lato costituisce un volume d’acqua che viene sottratto alla gestione dei reflui, dall’altro il vapore acqueo raffresca lo strato d’aria che lambisce superficialmente il terreno del tetto verde, riducendone la temperatura e, conseguentemente, l’energia necessaria alla climatizzazione dell’edificio e contribuendo così alla mitigazione dell’effetto isola di calore.
Le piante in particolar modo hanno un elevato fabbisogno d’acqua che viene trasformata mediante traspirazione nella misura del 90% in vapore cosicché alla temperatura superficiale delle foglie viene impedito il raggiungimento di livelli critici.
I risultati relativi alla ritenzione idrica delle stratigrafie più diffuse indicano una percentuale media annua di circa il 30% con punte massime (in estate) del 37%, attibuibili al maggiore sviluppo della vegetazione.
Piantumazioni diverse da quella a sedum comunemente impiegata possono dar luogo a risultati differenti in virtù della forma dell’apparato fogliare della vegetazione: ad una morfologia maggiormente frastagliata (e dunque ad una più ampia superficie di scambio) corrisponderà in genere una più elevata capacità di traspirazione.
I volumi d’acqua di deflusso provenienti dai sistemi di copertura con il relativo sfasamento della cessione al sistema fognario indotto dei meccanismi di detenzione idrica, hanno destato l’interesse di numerosi centri di ricerca americani: è in corso di analisi il beneficio ottenibile con l’applicazione a scala urbana di coperture a verde pensile in relazione al deflusso delle acque nel sistema fognario, ai fini di valuatare la convenienza economica nella gestione dei sistemi infrastrutturali e di depurazione.
Una riflessione su tali sperimentazioni apre nuove prospettive all’attività di ricerca che riguarda i giardini pensili, soprattutto se si tiene conto delle specificità del territorio italiano: il modello americano, in corso di sviluppo, pur di notevole interesse, è incentrato sui benefici resi ad un ambiente urbano densamente edificato, contesto episodicamente riscontrabile nel nostro paese laddove situazioni critiche sul piano idrogeologico possono trovare nuove risposte attraverso soluzioni tecniche (già note) poste in relazione con dinamiche morfologiche territoriali ed infrastrutturali.
Una modellazione della distribuzione dei volumi d’acqua che caratterizzano le porzioni di territorio edificato e segnato da fenomeni alluvionali potrebbe porre a sistema le difese infrastrutturali (bacini di espansione, canali di drenaggio,…) con un sistema combinato di sistemi drenanti e sistemi con capacità di detenzione e ritenzione idrica, nell’ottica di salvaguardare un’importante risorsa, l’acqua, e mitigare gli effetti di scellerate antropizzazioni che hanno funestato la costa (e non solo) del territorio italiano durante precipitazioni particolarmente intense
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