Architettura antisismica, come il Giappone ha sconfitto il terremoto

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Nei giorni scorsi abbiamo visto le immagini del Parlamento giapponese durante il terremoto. Si muovevano solo i lampadari. E si tratta di una costruzione del 1936. Oltre a questo, abbiamo visto anche che la maggior parte degli edifici hanno resistito alla scossa (del nono grado della scala Richter). Come fanno i giapponesi a costruire edifici così efficacemente antisismici, sin dagli anni ’30?

Quello su cui occorre riflettere è naturalmente la professionalità di costruttori, architetti e ingegneri che lavorano in Giappone. In questi giorni, abbiamo visto immagini e sequenze tragiche, ma riguardano gli effetti dello tsunami e del crollo delle dighe, non le conseguenze delle scosse di terremoto.

Dal XVIII secolo, dopo alcuni terremoti distruttivi, in Giappone si prese seriamente in considerazione l’idea di una tecnica edilizia indirizzata a moderare i danni provocati dalle scosse sismiche. A Tokyo, nel 1923, vi fu un terremoto che distrusse molti palazzi e l’Imperial Hotel, realizzato da Frank Lloyd Wright, rimase in piedi grazie a una struttura rinforzata da getti di cemento armato, con un profilo a sbalzo e una particolare stratificazione delle fondamenta. Ecco in concreto cosa significava costruire con “approccio antisismico” in Giappone. Uno dei protagonisti di questa tipologia di architettura è stato Kenzo Tange.

Uno dei segreti sta nell’utilizzo dei cuscini antisismici, una sorta di ammortizzatori di un’automobile, disposti tra un piano e l’altro degli edifici più a rischio: la struttura diventa elastica alle sollecitazioni a pressione, flessione e torsione di una scossa sismica, limitando i crolli e dando alle persone la possibilità di fuggire.

In un’intervista rilasciata al manifesto.it lo scorso 12 marzo, l’architetto Junko Kirimoto, (che si è laureata in Giappone ma vive a Roma e lavora nello studio Alvisi Kirimoto) si legge: “Alla base di ogni edificio, sia quelli di nuova costruzione che quelli già esistenti e perfino negli edifici antichi o nei templi, si inseriscono piattaforme semoventi di cemento armato che poggiano su un sistema di molle che attenua l’onda sismica.

Dal 1923 tutte le strutture portanti devono essere in cemento armato o in acciaio, in modo da garantire la maggiore flessibilità possibile e anche le dimensioni della costruzione devono rispettare dei precisi rapporti in modo da abbassare il baricentro. Si tende poi a usare materiali poco pesanti soprattutto nelle parti alte dell’edificio. E naturalmente viene attentamente analizzata la morfologia e la tenuta del terreno sottostante. Non possono essere toccati solo gli edifici che fanno parte del patrimonio sotto tutela nazionale o dell’Unesco; tutti gli altri sono stati messi in sicurezza” in pochi anni.

Lasciatemelo dire… il segreto di Pulcinella. Junko Kirimoto ha infatti affermato che sarebbe possibile applicare le stesse norme anche in Italia, al patrimonio architettonico storico e artistico: come ci ha detto nell’intervista al manifesto.it ogni edificio, nuovo o antico che sia, può diventare antisismico. È un lavoro costoso, c’è bisogno di rapidità ed è una questione di volontà e priorità politiche… In Italia è quindi impossibile.

Articolo di Giacomo Sacchetti originariamente pubblicato su Architetti.com

Redazione Tecnica

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