Ecco la selezione delle sentenze pubblicate la scorsa settimana. Gli argomenti sono i seguenti. Quando richiedi il permesso di costruire, lo devi dire ai proprietari confinanti? Come funziona l’annullamento del permesso di costruire a distanza di molti anni? Per un cambio destinazione d’uso, quanto contano delle ispezioni catastali? E che rilevanza urbanistica ha il passaggio da garage a laboratorio artigianale? Un piazzale di deposito può essere zona agricola?
Permesso di costruire: serve la comunicazione ai confinanti?
TAR Liguria, sez. I, sent. 24 aprile 2019 n. 366
Non sussiste l’obbligo di comunicare l’attivazione del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio ai proprietari confinanti
Per consolidato orientamento giurisprudenziale, non sussiste l’obbligo di comunicare l’attivazione del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio ai proprietari confinanti i quali, pur essendo legittimati all’impugnazione, non rivestono la qualifica di controinteressati in senso sostanziale (cfr., fra le ultime, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 26 marzo 2018, n. 341).
È fermo in giurisprudenza anche l’avviso secondo cui la conclusione suddetta non muta nel caso di soggetti precedentemente oppostisi, come nel caso in esame, all’attività edilizia del proprietario confinante, poiché il loro coinvolgimento procedimentale comporterebbe un aggravio incompatibile con i principi di economicità e di efficienza dell’azione amministrativa (cfr., ex multis, T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 4 aprile 2017, n. 127).
Permesso di costruire, si può annullare dopo più di 20 anni?
TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 26 aprile 2019 n. 677
È illegittimo l’annullamento del permesso di costruire a distanza di 21 anni dal rilascio
A prescindere dalla querelle esistente in giurisprudenza circa l’operatività, avuto riguardo all’epoca di adozione del provvedimento illegittimo, del limite temporale dei diciotto mesi introdotto dall’art. 6, comma 1, lettera d), numero 1) della Legge 7 agosto 2015, n. 124-, nel caso di annullamento del permesso di costruire a distanza di 21 anni dal rilascio, il potere di autotutela è stato indubbiamente esercitato in un termine tutt’altro che “ragionevole”, così come, in ogni caso, imposto dal novellato art. 21 nonies l. n. 241/90, a tutela della stabilità e della certezza dei rapporti giuridici oltre che dell’affidamento medio tempore maturato in capo ai destinatari del provvedimento annullato (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 28/08/2018, n.5276).
Cambio destinazione d’uso: che valore hanno le ispezioni catastali?
Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 aprile 2019 n. 2628
Una mera ispezione catastale e una verifica presso il sistema di anagrafe tributaria non sono sufficienti ai fini della determinazione della modificazione della destinazione d’uso di un immobile
L’accatastamento rappresenta una classificazione di ordine tributario, che fa stato a quegli specifici fini, senza assurgere a strumento idoneo – al di là di un mero valore indiziario – per evidenziare la reale destinazione d’uso di singole porzioni immobiliari e della relativa regolarità urbanistico-edilizia (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 21 gennaio 2015, n. 177).
Una mera ispezione catastale e la successiva verifica presso il sistema di anagrafe tributaria non rilevano ai fini urbanistici né dimostrano l’effettivo mutamento di destinazione d’uso di un immobile.
Cambio destinazione d’uso: da garage a laboratorio ha rilevanza urbanistica?
Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 aprile 2019 n. 2627
La modifica nella destinazione da garage a laboratorio artigianale è urbanisticamente rilevante e necessita di un titolo edilizio abilitativo
La modifica nella destinazione, da garage a laboratorio artigianale e quindi fra categorie non omogenee (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. V , 24/04/2009, n. 2609 e 24/10/2001, n. 5601), deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all’ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con la conseguenza che il mutamento non autorizzato che alteri il carico urbanistico, integra una situazione di illiceità a vario titolo (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI , 20 novembre 2018, n. 6562).
Piazzale adibito a deposito: può essere area agricola?
TAR Umbria, sez. I, sent. 24 aprile 2019 n. 207
Un piazzale ricaricato con stabilizzato di cava e frantumato di asfalto, su un lotto di terreno recintato di circa mq. 7.000, adibito a deposito stagionale dei camper della clientela a supporto di un’attività economica é inconciliabile con la destinazione agricola dell’area
Un piazzale ricaricato con stabilizzato di cava e frantumato di asfalto, su un lotto di terreno recintato di circa mq. 7.000, adibito a deposito stagionale dei camper della clientela a supporto di un’attività economica sé inconciliabile con la destinazione agricola dell’area.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, è del tutto inconciliabile con la finalità agricola, e non può essere ammissibile, la realizzazione in area agricola di opere di battitura del terreno, riporto di sabbia e di materiali inerti con asfaltatura per la realizzazione di una pavimentazione per uno spessore di circa 50 cm.
La realizzazione di un piazzale/deposito altera lo stato dei luoghi e costituisce un intervento di permanente trasformazione edilizia e urbanistica del territorio disciplinato dall’art. 3, d.P.R. n. 380 del 2001 che, essendo subordinato al permesso di costruire, deve necessariamente rispettare le tipologie e le destinazioni d’uso funzionali consentite per la zona agricola (cfr. TAR Campania, sez. VIII, 10 marzo 2016, n. 1397; 7 novembre 2016, n. 5116; TAR Lombardia, Milano, sez. I del 1 giugno 2017 n. 1231).
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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